Non dite a un produttore di latte che le sue sono mucche: le sue sono vacche. E il loro è latte vaccino. Non temete di essere ineleganti e chiamatele quindi con il loro nome. Ma anche con il loro cognome, perché vacche di diverse razze producono differenti tipi di latte e il pascolo ne differenzia ulteriormente qualità e sapore.
Andiamo verso i pascoli d'Abruzzo scendendo giù da Campo Felice nella verde vallata di Lucoli verso l'Aquila, per scoprire un nuovo progetto che punta alla qualità della produzione locale di latte e formaggi. Ma prima facciamo un passo indietro: fino a un paio di anni fa i produttori di latte della zona vendevano il loro prodotto prevalentemente alla Centrale del Latte de l'Aquila che forniva zone e caseifici anche lontani. Il terremoto ha creato notevoli danni ai suoi impianti e dopo diversi tentativi di ripresa - all'inizio si è occupata solo dello stoccaggio del latte, per un periodo anche dell'imbottigliamento – è stata costretta a chiudere per ristrutturare i locali danneggiati dal sisma.
In un territorio doppiamente ferito dal terremoto e dalla crisi, che si sta spopolando perché i giovani non trovano lavoro, alcuni ragazzi hanno deciso di rimanere e investire le loro energie in un progetto che vuole avviare un circuito virtuoso nel settore agroalimentare.
Dino di Lucoli, venti anni e diploma in agraria, dopo altri lavori è tornato alla sua vocazione, allevare bovini e produrre latte, e ora è conferitore, ovvero consegna il suo latte a un nuovo consorzio che fornisce due caseifici della zona. Ha iniziato con l'acquisto di un paio di capi, ora ne ha sei che producono 120-130 litri di latte al giorno e la sua ambizione è arrivare a una ventina di vacche. Non le più comuni vacche frisone che garantiscono una maggiore quantità di latte ma una minore resa proteica (preferito per il prodotto fresco da bere perché più leggero e magro), ma le pezzate rosse che, al contrario, hanno una resa bassa con un latte più ricco da un punto di vista proteico, che assicura formaggi qualitativamente migliori. Produrre latte delle pezzate rosse costa di più, e puntare su questa razza poteva essere una scelta perdente se due rinomati caseifici della zona (il Caseificio di Campo Felice dei fratelli Di Carlo e l'Artigiana Casearia del Boianese dei fratelli Perrella) non avessero anche loro deciso di investire in qualità: pagare di più per un latte migliore e produrre formaggi ancora più buoni.
Dino, insieme a Giorgio (30 anni allevatore anche lui di vacche pezzate rosse) e pochi altri si sono riuniti in un Consorzio di recente costituzione (giugno 2013), il CAMP - Consorzio Produttori Latte, che vende a caseifici del territorio piuttosto che a trasformatori lontani, che mediamente pagavano poco il latte abruzzese spingendo i produttori a puntare sulla quantità per rientrare delle spese. Oggi, nonostante i costi per avviare la produzione e quelli che si aggiungeranno per aumentare il numero di capi (per esempio stalle più attrezzate e macchinari all'avanguardia), il latte è pagato un prezzo ancora basso ma comunque più equo per la sua qualità (per le pezzate rosse 12 centesimi in più al litro rispetto a prima), e inserito nel ciclo produttivo locale per realizzare formaggi di pregio.
L'Abruzzo è rinomato per i suoi formaggi freschi: mozzarelle, ricotta, caciotte, ma Edoardo e Marco del Caseificio di Campo Felice producono anche formaggi semi-stagionati. Ora la loro produzione si allargherà anche a formaggi stagionati e semi-stagionati oltre i 60 giorni, realizzati con latte crudo e controllati alla fonte, e altri freschi con latte di pezzate rosse pastorizzato, per esempio le mozzarelle la cui lavorazione è iniziata quest'anno dando ottimi risultati in termini di qualità e gusto. Un valido esempio di eccellenza nata dalla collaborazione con il Consorzio.
Il CAMP - Consorzio Produttori Latte garantisce qualità, analisi, certificazioni e tracciabilità del latte e si inserisce in un àmbito complesso, con diversi temi da affrontare, come per esempio la questione dei sovvenzionamenti per le nuove attività messi a bando dalla Regione, da cui però sono esclusi agricoltura e allevamento, un paradosso in una regione dove la natura è prevalente e in cui l'economia non è certo basata sulle industrie. Il presidente di CAMP è Sara Ammannito, trentacinque anni, esperta biologa già alla Centrale del Latte L'Aquila e al suo laboratorio. I suoi modi gentili e le sue spiegazioni chiare rendono piacevole anche il colloquio più tecnico e la sua inflessibile determinazione a spingere verso la qualità è una risorsa fondamentale. Ogni giorno è impegnata a convincere gli allevatori più anziani a investire, affrontare costi maggiori per un prodotto migliore e tracciato, pagato circa 50 centesimi al litro, che ripagano appena le spese di allevamento, mungitrici, trasporto e analisi. Ma gli obiettivi del Consorzio sono importanti. Lo Statuto del CAMP punta a valorizzare il prodotto del territorio e a realizzare un marchio ben preciso, con caratteristiche di alta qualità, con rigidi manuali di autocontrollo: un fattore tanto più importante in un periodo in cui – per esempio – è legalmente consentito usare mais o erba fermentata, pur se in quantità limitate per ogni chilo di animale, per aumentare la produzione di latte a scapito di qualità e sapore. Il Consorzio prevede l'allevamento esclusivamente a base di mais, orzo, avena, fieno, e un controllo regolare riguardo a carica batterica e cellule somatiche (leucociti ed eritrociti). Il CAMP ritira solo latte conforme ai suoi standard, controllato regolarmente mediante analisi, anche a carico dei produttori, come quelle sulla massa, effettuate dalla Camera di Commercio, e quelle della aflatossina m1 (un fungo cancerogeno, una muffa che si crea quando lo stoccaggio dei cereali non è corretto, in presenza di ambienti umidi o cereali vecchi). Attualmente il latte della frisona, prodotto ancora da un paio di allevatori del Consorzio, è pagato quanto quello della pezzata rossa perché uno stoccaggio differenziato sarebbe troppo costoso, ma l'obiettivo del CAMP è l'allevamento esclusivo di pezzate rosse e la valorizzazione del loro latte, attraverso un prezzo adeguato alle sue proprietà organolettiche e alla bassa resa. Differenziare è la chiave di volta per esaltare le caratteristiche specifiche di ogni prodotto. Chiamare le cose con il loro nome, e a volte anche con il loro cognome.
a cura di Antonella Cecconi