Bene, dopo averci allietati con le sue pungenti cronache mondane (cioè dal mondo) sulle prime pagine del Gambero e dopo aver scelto di fare la ristoratrice – oltre che la moglie – in quel di Donnalucata nel suo Consiglio di Sicilia, Roberta Corradin torna alla scrittura con un libro divertente, che subito ci rimanda al profetico Orwell della Fattoria degli animali.
Ma il libro di Corradin non è un pamphlet politico, o almeno lo è in maniera discreta e leggera, anche grazie a una penna intelligente che ci fa riflettere e ci illumina con argute letture da punti di vista insoliti, tenendo insieme il gusto tutto femminile (almeno quello che piace a lei!) del gossip e il ricordo vivo di una civiltà – quella nostra, ossia quella Romana – basata appunto sulla terra. E chi è il frutto più completo della terra, il più succoso, grasso e gustoso, il più agognato e il più usato? Beh, il maiale, certo. Ed ecco così La repubblica del maiale, edito da Chiarelettere (gruppo Spagnol), che ci propone la storia dell’Italietta dal referendum sulla monarchia ai nostri giorni. Come nasce la Repubblica? Sui resti del maiale, ovviamente! Come il porcello che porta in via della Chiesa Nuova a Roma Vittorino Veronese, il presidente delle Acli, a mo’ goloso dono ai Padri Nobili che stanno scrivendo la Costituzione. Lì dove la partigiana Laura Bianchini apostrofava con “Porco!” i suoi avversari dialettici. E dove Amintore Fanfani portò, sempre in dono, un tagliere a forma di suino con sopra le caricature dei suoi colleghi compresa l’ex partigiana con la vignetta “Porco!”. È così che la nostra Repubblica nasce all’interno della “Comunità del porcellino”… Altro che Repubblica delle banane!
Va avanti la Corradin… Incontra la rinascita de La Cucina Italiana ad opera della arguta Anna Gosetti della Salda che riesce a ottenerne i diritti di pubblicazione (venne fondata nel 1929 e interrotta nel ’43). Ma l’obiettivo, a quanto pare, non era tanto il rilancio della cucina italiana e della sua nobile tradizione, quanto il modo per pubblicizzare i… dadi da brodo. Certo, una lucida operazione di marketing culturale, riscattata poi dal long-seller Le ricette regionali italiane che la signorina Gosetti Della Salda pubblica con la sua casa editrice Solares che, ancora oggi, ha Le ricette regionali italiane come unico titolo.
Insomma, si snoda tra gossip e documenti, tra accadimenti e scorpacciate la Storia d’Italia della Corradin. Una storia filtrata attraverso il cibo, la cucina, gli scandali legati alla gola e le ossessioni alimentari. Fino all’ultimo capitolo, in cui chiudendo le profezie per il nuovo millennio riprende a mo’ di vaticinio la riflessione sul maiale firmata da Emilio Faccioli su La Gola, nel 1982, e titolata La purezza del porco. “Quando è vivo il porco non serve a nulla” scrive Faccioli “non compie lavori che tornino a suo profitto, non si presta a servizi di nessun genere (a eccezione del cercare tartufi), non è disponibile a nessun gioco, bada soltanto al mangiare … e quando è morto, al contrario, consente la fruizione totale di se stesso, lasciando agli uomini l’eredità primaria delle sue carni e quella secondaria dei denti, delle setole, della vescica, dei peli, della pelle, delle cotiche, del sego, della sugna, del fiele, delle unghie … A ben guardare” prosegue l’autore e con lui Roberta “non c’è che una discordanza apparente tra i due momenti e piuttosto sembra esistere, nel destino del maiale, un filo rosso che congiunge le ragioni del vivere e quelle del morire, qualcosa che sublima la loro interazione e torna a testimoniarci quella purezza per cui l’abbattimento del porco è un atto sacrificale che assicura all’uomo la sopravvivenza in terra”. Conclude Roberta: “Allora forse la Repubblica del Maiale è come il maiale stesso, forse solo da morta ci lascerà finalmente un’eredità”.
La Repubblica del Maiale | Roberta Corradin | Chiarelettere | pp. 257 | euro 12,90
a cura di Stefano Polacchi