L'edizione 2014 di Gastronomika apre i battenti. ร quella dedicata alla cucina italiana, paese ospite di quest'anno. In realtร sarebbe meglio dire le cucine: alta e bassa, popolare, esclusiva, democratica, vecchia e nuova. Con i poli Nord e Sud invocati dallo stesso congresso. Un organismo mutevole che trova (quasi sempre) il punto di equilibrio tra le sue anime, ma che forse ancora non riesce a fare quadrato. La prima giornata ha soprattutto evidenziato l'anomalia di un paese, vecchissima storia, che non fa sistema. Ci sono gli chef, tanti, bravi, con maggiori o minori attitudini al public speech. Ci sono alcune aziende, non tantissime considerando la portata di una vetrina internazionale come questa. Non sembra che gli uni parlino con le altre, e neanche tra di loro. Ma sarebbe forse il caso, nell'Italia che si avvicina all'Expo, di diventare una squadra coesa, che lavora inseme e ragiona su come arrivare preparata all'appuntamento, in cui consorzi, ristoratori, produttori e istituzioni (a proposito, dove erano le istituzioni?) dovrebbero muoversi in blocco. Potrebbe essere, in sintesi, la parabola di un'Italia di talenti, imprenditori, uomini e donne di grande intuito, ma dove tutto viene lasciato all'iniziativa personale. Anche quando sono i migliori profili a essere chiamati in causa. E infatti a Gastronomika ognuno porta se stesso, raccontando una pluralitร di voci singole, forse penalizzate dall'evasivitร di una chiamata che non poneva quesiti precisi. Tanto che i titoli degli interventi, le modalitร di approccio, le tematiche da mettere sul tavolo sono affidate ai singoli relatori. E allora appare ancora piรน debole un gruppo che non si confronta e in cui l'uno non sa cosa porta l'altro.รรรย
Partenza in grande stile, con Andoni Luis Adurizรรรย (a lui affidata l'apertura e la chiusura della prima giornata) che presenta Massimo Bottura e il suo nuovo libro. Lo chef di Modena รจ ormai agile nelle vesti di front man che arringa e lancia concetti con sicurezza. ร l'uomo immagine di questa Italia, che mescola arte, cultura, tradizione e cristallina capacitร di guardare avanti. Bottura convince, piace e fa il suo show. E lo fa con parole sue ma per bocca di Andoni. Punta sul confine tra privato e collettivo, sull'emotivitร di una nazione che ha i suoi miti, la Ferrari, e i suoi eroi caduti come quel Villeneuve che emozionava ma non vinceva. E qui gioca la sua carta: quella di chi ha combattuto per far capire la sua cucina e ha faticato per far riconoscere la sua posizione all'interno della tradizione.รรรย La parte croccante della lasagna, il testo letto da Andoni tratto da Never trust a skinny italian chef รรรย (che da noi uscirร con il titolo Vieni in Italia con me) in fondo รจ questo. Il racconto della magia della cucina. Cosรฌ Bottura illustra il suo modo di rapportarsi con la tradizione: immaginandone le prospettive future e rivedendone alcune istanze, riconoscendole il suo ruolo per superarlo. โHo corso dei rischi, ma la tradizione รจ in evoluzioneโรรรย dice. Si puรฒ reinventarla. E continua: โsiamo sicuri che la nostra tradizione rispetti la bellezza dei nostri ingredienti? Perchรฉ insistiamo ripetendo gli errori delle nostre nonne?โ.รรรย Cosรฌ รจ il racconto del suo percorso. Nato a Modena, cittร โdi macchine veloci e cucina lentaโ in cui ha faticato per โconvincere che cercavamo di salvare le tradizioni e non di scacciarleโ. In fondo l'Italia vive costantemente questa dialettica a tratti soffocante con la tradizione. ร tutto qui, come dice Carlo Cracco: โper un giovane cuoco italiano รจ complicato fare qualcosa perchรฉ c'รจ la tradizione, e lui deve inserirsi all'interno di questa. Questo รจ difficilissimoโ. Cracco, veneto trapiantato a Milano, richiama la suggestione del congresso e mescola il nord del risotto con il sud dei limoni e delle mandorle per inseguire pulizia dei sapori, memore della lezione di Gualtiero Marchesi. Riportare in primo piano il gusto perchรฉ ognuno possa โriconoscere tutti i sapori della ricetta, ricomporli nella sensazione che restituisce in boccaโ. Cosรฌ emerge l'unicitร della cucina e dei prodotti.
Ancora memoria, per Pino Cuttaia: la cucina deve essere โun colpo che tocca il cuore, il gusto e la memoriaโ. E si torna ancora una volta qui: alla memoria e alla tradizione, quella familiare. Fatta di ricordi, consuetudini domestiche scomposte e ricomposte dallo chef di Licata, con nuovi strumenti, ma uguali suggestioni. Il segreto per restituire quella sensazione atavica รจ nella perfezione stilistica, nell'impeccabile realizzazione dei contenuti, perchรฉ la tecnica รจ a servizio della memoria. Come il ricordo dell'acciuga arrostita ricostruito con l'espediente dell'olio leggermente affumicato, e del carbone di nero di seppia. โCi sono due cose importanti che non dimenticheremo mai: i profumi e il gestoโ. Elementi cardine da tenere sempre a mente, anche nel gioco della cucina dell'illusione. Che racconta โquello che puรฒ essere e non รจโ. Ma ogni escamotage deve avere un senso pieno โNon mi interessa il bello se non ha gustoโ dice. Racconta il suo territorio con il Paesaggio marino. Semplice, atavico, eppure modernissimo. Il polpo con il suo contorno: l'acqua di mare, la lenticchia di Ustica disidratata e fritta che richiama la sabbia che rimane a volte nei tentacoli. E ancora una volta si parla di radici e territorio. Territorio amato, come la Senigallia di Mauro Uliassi. Genesi, ispirazione, perimetro delle sue riflessioni. C'รจ tutto quel che serve in quell'angolo di Adriatico. โsolo in questo luogo la mia vita si poteva concretizzareโ dice. E gli crediamo. Parte con il suo Bagnasciuga, e lรฌ racconta tutto: il salmastro della battigia, l'aroma forte di una mareggiata, i detriti, la malinconica persistenza di una natura che inizia il suo decadimento. Odori forti, che avvincono chi sa consegnarsi a cuore aperto. ร un piatto olfattivo, che chiama in causa โuno dei sensi che gioca piรน di tutti nell'esperienza del mangiare. Noi siamo quel che percepiamo con i sensiโ dice โniente รจ piรน necessario dei sensi per la memoriaโ, altrimenti non avremmo nulla da ricordare.รรรย Impossibile non rimanere coinvolti da questo sentimentalismo delle macerie. Cosรฌ come ci affidiamo all'energia, alla voglia di nuovo, che lo porta a sperimentare ogni anno, a porte chiuse, per andare oltre in un viaggio che si nutre delle sue radici e che lo porta oltre i confini. Anche oltre i confini del suo ristorante. Il progetto Uliassi Street Good รจ giร rodato, e diventa la chiave per un altro modo di fare cucina. Semplice, solido, comprensibile, immediato riconoscibile. ร lo street food che scardina le regole del servizio e avvicina quelle piรน spontanee del gusto, perchรฉ vรฌola molte regole del cibo, porta l'atto del mangiare nella sfera collettiva, in un clima di complicitร . ร il connotato piรน alto al cibo popolare. Ma รจ anche un progetto che riflette con luciditร su nuovi modi di fare impresa, in un'Italia sempre piรน in difficoltร , che pare non lasciare moto spazio ai nuovi e ai lor progetti. Vale allora la pena di sperimentare nuove formule. In strada? E cosรฌ sia, purchรฉ con il massimo della qualitร e una ricerca continua di nuovi strumenti. All'assaggio un panino con la porchetta sublime, preparato sei mesi fa, dice lo chef marchigiano. E poco importa se รจ vero oppure o solo una provocazione. Ci sono altri mezzi da utilizzare, ci sono altre strade da percorrere, altre suggestioni e altre tecniche da inglobare. โPuรฒ avere un impatto pazzesco sull'industria alimentareโ dice. Facciamolo, perchรฉ potrebbe essere la nostra salvezza.
Di nuovo territorio con Gennaro Esposito, e lo fa con un guizzo filologico, โa volte le parole hanno piรน significati, o ne nascondono alcuni piรน interessanti delle parole stesseโ dice e va a cercare proprio nel significato della parola โpaesaggioโ. Natura, uomo, tradizione, materia, creativitร : questo รจ il paesaggio, lo dice il vocabolario. E proprio in questa ricerca linguistica emerge con chiarezza quanto il paesaggio sia cucina e la cucina paesaggio, quanto la loro evoluzione segua gli stessi bisogni e le stesse mutazioni. E quanto la cucina sia per lui territorio, una rete di prodotti e produttori che ha stretto con decisione intorno alla Torre del Saracino. โHo scoperto che in tutti questi anni la mia ossessione era portare nei piatti il mio paesaggioโ dice. "E i paesaggi sono anche energie sensoriali intense, che non voglio addomesticare". Il paesaggio รจ racchiuso nel prodotto da conoscere a fondo per valorizzarne la complessitร , i sapori secondari. Come nel lavoro sul limone, di cui usa buccia succo e parte bianca. โUn ingrediente non รจ un'unica possibilitร , ma tante possibilitร . Bisogna lavorarci con immaginazioneโ. Alcuni prodotti rappresentano piaceri ed esperienze sensoriali uniche. Hanno una storia. Il richiamo รจ all'autenticitร e il monito a noi italiani che, per primi, abbiamo falsificato i nostri prodotti.รรรย "Non li abbiamo tutelati, non ne abbiamo salvato l'identitร ", dice. Ultimo intervento italiano nella prima giornata รจ quello di Massimiliano Alajmo: semplicitร , leggerezza, profonditร , liquiditร . In una parola fluiditร . ร l'acqua che รจ origine e meccanismo di ogni vita. Che cambia consistenze e sapori. Chiude la giornata Aduriz. Anche lui parla di memoria e di tradizioni. โla memoria si trova nella bocca. Le esperienze gustative si riutilizzanoโ ovvero si elaborano, diventano materiale per fare altro. Racconta di come gli spunti siano diventati piatti. Di come le suggestioni raccolte per il mondo siano state rielaborate, trasformate e siano arrivate nel ristorante. Lo racconta attraverso un video in cui mostra il prima e il dopo di ogni cosa. ร di nuovo la memoria a essere chiamata in causa perchรฉ un piatto sia compiuto. Il ristorante รจ il luogo dove devono succedere delle cose, dove si fanno delle esperienze, perchรฉ il buono da solo รจ un concetto ambiguo. Cambia secondo le tradizioni e le esperienze di ognuno. Bisogna mantenere sempre uno sguardo vigile, essere critici, mettere in discussione quel che ci viene detto. Di nuovo un monito. โCerca di non diventare misticoโ, questo gli ha detto Arzak. Ma esiste una mistica delle cose che forse รจ bene non perdere mai.
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a cura di Antonella De Santis