Se in America la ristorazione muove un business da 630 miliardi di dollari, è anche vero che il 60% dei luoghi dove si mangia chiudono nei primi 3 anni di vita. Così come non basta la bontà del cibo a far grande un ristorante. Negli ultimi 30 anni - afferma Lander - abbiamo vissuto una sorta di età dell'oro della ristorazione: i celebrity chef, servendo cibi straordinari hanno ricevuto enormi apprezzamenti. Ma questi, per Lander, sono abbastanza esagerati. Il cuoco - afferma il critico - è attento solo al cibo che manda in sala; il ristoratore invece punta a far felici gli ospiti. Così, in 20 storie di ristoratori, il giornalista espone il decalogo per avere successo, fortune e sfortune degli uomini più in vista nel mondo del food business. Da Alan Yau che è riuscito a farsi sfuggire il controllo di Wagamama, a Danny Meyer che aprendo il bbq restaurant a New York ha fallito perché ogni newyorkese pensa di essere lui stesso il mago del barbecue! Ma anche le storie di Joe Bastianich e di Juli Soler, da Des McDonald a Marie-Pierre Troisgros...
Per Lander, la quintessenza della sfida di un ristoratore è controllare e gestire le tensioni la sala e la cucina, tra cuochi e camerieri. Ma non solo: il nome di un ristorante deve essere secco e indimenticabile; i caratteri del menu devono essere scelti con cura; la lavastoviglie deve essere perfetta. E occorre un buon rapporto con i vicini, la cui ostilità può creare disastri.
Chiudendo l'introduzione al libro, Lander cita Jean Claude Vrinat, proprietario del parigino Taillevent e scomparso 4 anni fa: "Lo sento ancora dire a voce alta che la professione di ristoratore è fatta di tre qualità: amore per il cibo, amore per il vino e amore per ogni essere umano".
Un libro da studiare bene.
The Art of the Restaurateur | Nicholas Lander | Phaidon | pp. 352 | 24,95 sterline
Stefano Polacchi
3 settembre 2012