È l'evoluzione dell'esperienza enogastronomica. Che supera l'idea del comfort food per addentrarsi nel campo del comfort a tutto tondo. Sono infatti molti gli esempi di ristoratori che offrono ai loro clienti la possibilità di pernottare in comode camere adiacenti al ristorante, un servizio fondamentale soprattutto nel caso di locali fuori dai centri abitati. Una comodità, certo, per i clienti che arrivano da lontano per provare la cucina di uno chef, ma anche la possibilità, per il ristoratore, di estendere l'accoglienza oltre il momento della tavola e costruire un'offerta ampia e, possibilmente, coerente con la tavola, spesso obiettivo principale del viaggio e non più corredo della struttura recettiva. Talvolta questi due aspetti sono così integrati da costituire un unicum nel viaggio: la cena, il pernotto, la colazione firmata dallo chef. Momenti diversi di una stessa esperienza. Non solo. Le strutture attrezzate anche per l'ospitalità sembrano rispondere a quella tendenza della cucina, tra le tante in essere, che rivolge lo sguardo alla semplicità, alla concretezza e alle tradizioni. Necessità, insomma, di cose rassicuranti.
Ma vediamo insieme ad alcuni ristoratori quali sono state le reali motivazioni, e quali le conseguenze, di questo revival della locanda che offre cibo e accoglienza (di qualità superiore) al forestiero, oggi viandante gourmet.
Nasce dall'esigenza dei clienti
I motivi che spingono i ristoratori a offrire ospitalità sono molteplici. Per lo chef Giuliano Baldessari del ristorante Aqua Crua è fondamentalmente uno: offrire un servizio completo al cliente. “Mi piace coccolare i miei ospiti dall'inizio alla fine, proponendo un cibo sano e delle camere dove poter riposare in santa pace. Così facendo se ne vanno arricchiti maggiormente”. Ed effettivamente la qualità e il comfort del 'ricettivo' messo su da Baldessari gli dà ragione. Ma è solo questo? “Vi assicuro che a fronte dell'enorme impegno che un'attività del genere richiede, non c'è altro scopo se non quello di trasmettere emozioni differenti (e superiori) a quelle di una semplice cena. Anche perché, parlando di tornaconto monetario, essendo concepito come mordi e fuggi - nel senso che i clienti si fermano di norma solo per una notte - tra lenzuola da cambiare ogni giorno e colazione da proporre in orari diversi e servita anche in camera, il margine di guadagno è praticamente inesistente”. Una cosa è certa però, le cinque camere sono state una condicio sine qua non nel concepimento del progetto Aqua Crua in quanto, a Barbarano Vicentino (sede del ristorante), le strutture ricettive sono davvero poche.
Nasce anche dall'esigenza del ristoratore
Per altri il percorso è stato esattamente l'inverso. Ce lo racconta Antonia Klugmann de L'Argine a Vencò: “Tutto nasce dalla nostra volontà – sua e del compagno di sempre Romano De Feo - di avere un ristorante in campagna senza però essere isolati dal circuito turistico. Siamo infatti in una località nel cuore del Collio con un turismo, soprattutto basato sul vino, già avviato. Ne consegue la consapevolezza di non essere il motivo principale bensì uno dei motivi per i quali i turisti vengono in questa zona”. Il progetto ha richiesto cinque anni di gestazione: tre e mezzo di lavori per la realizzazione di cucine, sala e del piccolo albergo di charme addossato a un mulino del '700, più uno abbondante di lotta alla burocrazia. Che però è venuta buona anche per l'aspetto ricettivo: “Essendo nati come Bed & Breakfast non abbiamo avuto alcun tipo di problema burocratico in tal senso, se non quello di aver dovuto affrontare anche l'esame per poter gestire le camere”.
Stessa storia, ma scherzi burocratici differenti, quella di Fausto Fratti e la moglie Stefania della Locanda del Povero Diavolo, che hanno deciso di trasformarsi in locanda solo dopo dieci anni di attività.“Quando è scattata la voglia di avere delle stanze, era in corso un progetto il cui obiettivo principale era quello di crescere, di alzare l'asticella. Si doveva dunque dare la possibilità, anche a chi arrivava da lontano, di poter godere della nostra cucina in tutta tranquillità, senza il pensiero del pernottamento” o del viaggio di ritorno, magari in tarda serata. Ovviamente due conti prima di investire sul progetto se li sono fatti: “La nostra tipologia di ristorazione lavora di più con una clientela che viene da fuori apposta per provare la cucina dello chef”. Non a torto, dato che Pier Giorgio Parini dà vita a una delle tavole più moderne e entusiasmanti d'Italia, che ha uno stile maturo e ricco di citazioni popolari senza rinunciare a punte di freschezza e genialità. Una cucina, la sua, che non potrebbe essere altrove se non qui, in questo borgo sopra la Val Marecchia, un contesto così peculiare e umano che fa da cornice perfetta ai suoi piatti. Tornando all'annosa questione burocratica, Fausto la liquida così: “Si tratta pur sempre di una struttura con dei costi e con tutta una serie di questioni burocratiche che però preferisco tralasciare, altrimenti rovino la giornata a chi ci legge”. Pur volendo rimanere sul vago Fausto ci fa capire che è molto meglio nascere già come locanda, piuttosto che diventarlo successivamente come è successo a loro.
I pro: per i ristoratori e i clienti
Su questo non ci piove: attraverso le camere si offre un servizio in più ai clienti. Secondo la chef de L'Argine a Vencò le sue quattro camere (che nel prossimo futuro raddoppieranno) rappresentano un appoggio per quei turisti che vogliono fare il tour di cantine: “Il cliente che ci sceglie ama questa zona, e non vede l'ora di svegliarsi per poter visitare le cantine che aveva in programma di vedere oppure quelle, inaspettate, che producono i vini assaggiati la sera prima durante la cena. È un bello scambio tra noi e il territorio”. Poi c'è il tema colazione, di cui tutti gli intervistati vanno orgogliosi. Per Antonia è un ulteriore momento di approfondimento del territorio. “Mi permette di oltrepassare i confini tra dolce e salato, proponendo agli ospiti selezioni di formaggi Zoff, salumi, conserve, sia salate che dolci, frutta sciroppata proveniente dal nostro frutteto”.
I contro
Difficile per i ristoratori essere in disaccordo: la quantità di tempo investita è smisurata. “Mia moglie ed io” spiega Fausto Fratti “viviamo in locanda e il ritmo è quello classico casa-bottega, con la differenza che la bottega non chiude mai e la casa è sempre aperta per ospiti in arrivo o in partenza”. Per altri i contro sono anche economici: StefanoChinappi, patron di uno dei locali del centro capitolino dove vale sempre la pena fare una sosta, ha rinunciato alle stanze: “Con tre camere non c'era utile”. Basta fare due conti: “Con un incasso di 20.000 €, 8.000 andavano in tasse, il 20% a Booking.com, poi aggiungi i costi di affitto e pulizie... calcolatrice alla mano, tre camere sono troppo poche. Per avere un utile c'è bisogno di averne almeno sei”. Questa la sua conclusione, ma non la pensano tutti così.
Il gioco vale la candela?
“Direi di sì. Le stanze è sempre meglio averle”. Fratti parla delle sue poche camere (che in certi periodi risultano troppe, in altri troppo poche) che “oggi appaiono essenziali per offrire ai clienti un'esperienza gastronomica a trecentosessanta gradi”. Poi c'è il vantaggio economico: “Se le stanze funzionano, non c'è ristorante che tenga”. È questione di matematica: “Venti persone sedute in sala coincidono, in termini di guadagno, a due ospiti in una stanza. Mentre dal menu degustazione (75€ per sei portate) in tasca mi rimane gran poco, da una stanza (110 € per la matrimoniale + colazione preparata da noi) ho più margine di guadagno”. Sembra insomma che, mentre nella ristorazione, più si alza il tiro e più il livello di guadagno si abbassa, nella ricezione avviene il contrario. Soprattutto se si rimane nell'ambito della gestione familiare. Lo conferma anche la Klugmann: “I margini di guadagno sono maggiori, pur sempre tendendo conto che non nasciamo come albergo, quindi da una parte non ci sono comfort come tv o frigo bar, dall'altra i nostri clienti ci scelgono principalmente per il nostro ristorante”.
Non è solo affare dei ristoranti
Nel versante pizza, Franco Pepe ha previsto un'area dedicata all'accoglienza nel progetto Pepe in Grani, ospitato in un palazzo del '700 sapientemente ristrutturato dall'architetto Beniamino Di Fusco. Qui, due piani sono dedicati alla ristorazione, alla formazione professionale e alla ricezione: “Siamo la prima e unica pizzeria italiana che ha aperto una struttura di accoglienza. Si tratta di due mini appartamenti, interamente arredati da artigiani locali”. Chissà che non faccia da apripista per altri pizzaioli italiani.
Tirando le somme
Pare dunque che avere delle camere premi. Sia sul versante dei clienti che, attirati dal servizio in più, prendono la macchina e macinano chilometri per provare una determinata cucina, “tanto poi ci si ferma a dormire”. Sia sul versante del guadagno. Sempre che ci sia il numero sufficiente di camere per avere un utile (come ci ha detto Chinappi) e che si rimanga nell'ambito del B&B con poche stanze, dotate del necessario ma prive del superfluo. Come le locande di una volta, per intenderci, perché, come chiosa Antonia Klugmann,“la cosa più importante è far capire che il vero lusso non è più l'abbondanza”.
a cura di Annalisa Zordan
foto di apertura: www.ddmag.it
Aqua Crua | Barbarano Vicentino (VI) | Piazza Calcalusso, 11 | tel. 0444 776096 | www.aquacrua.it
L'Argine a Vencò | Dolegna del Collio (GO) | Loc. Vencò, 15 | tel. 0481 1999882 | www.largineavenco.it
Il Povero Diavolo | Poggio Torriana (RN) | via Roma, 30 | tel. 0541 675060 | www.ristorantepoverodiavolo.com
Chinappi | Roma | via A. Valenziani, 19 | tel. 06 4819005 | www.chinappi.it
Pepe in Grani | Caiazzo (CE) | Vico San Giovanni Battista, 3 | tel. 0823 862718 | www.pepeingrani.it
