Da oltre 30 anni la ricerca è impegnata a fornire soluzioni al problema dello “smaltimento dei reflui dei frantoi oleari” proponendo strategie d’intervento finalizzate, essenzialmente, alla riduzione del loro potere inquinante. I reflui oleari sono stati sempre considerati, infatti, un rifiuto da smaltire piuttosto che una risorsa da valorizzare. Le soluzioni fino a ora proposte dalla ricerca sono state pressoché ignorate dalla maggioranza degli operatori del settore soprattutto per gli elevati costi; a oggi, quindi, si ricorre per lo più allo spargimento diretto in campo che, tuttavia, presenta numerosi inconvenienti di natura logistica legati essenzialmente alle numerose e stringenti prescrizioni imposte dalla normativa attualmente in vigore (Legge 574/96).
In generale la pratica dello spargimento nei suoli agrari dei reflui dei frantoi oleari è da considerarsi virtuosa; infatti contribuisce, attraverso l’apporto di sostanze organiche, a contrastare la desertificazione e a migliorare la fertilità dei suoli, riducendo, al contempo, le emissioni di CO2connesse al riscaldamento globale. Tuttavia, una serie di fattori, quali il breve periodo dell’anno in cui i reflui dei frantoi oleari vengono generati, la frequente impraticabilità nel periodo invernale o indisponibilità, nelle vicinanze dei luoghi di produzione, di terreni adatti a ricevere lo spargimento nonché la presenza in essi di composti di difficile degradazione, rendono difficile e spesso non conveniente il loro spargimento diretto in campo.
Per questo motivo da qualche anno la ricerca si è indirizzata verso lo studio di sistemi alternativi allo smaltimento diretto, volti ad una valorizzazione dei reflui oleari, considerati come veri e propri sottoprodotti del frantoio da cui cercare di trarre un extra-reddito.
Un’alternativa valida in fase di sperimentazione è stata proposta nell’ambito di un progetto finanziato dai fondi europei PIF (Progetti Integrati di Filera) della Regione Toscana, che prevede, oltre all’intervento dell’ISAFoM/CNR (L'Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo) di Perugia ideatore dell’iniziativa, la collaborazione di 15 vivai, tra cui il capofila Vivai Sandro Bruschi, il frantoio PAM di Montalbano (PT), il Dipartimento di Biologia Cellulare ed Ambientale dell’Università di Perugia e il Dipartimento Innovazione nei Sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali dell’Università della Tuscia di Viterbo. Il progetto, attualmente in corso, ha l’ambizioso obiettivo di sostituire la torba, materiale sempre più costoso la cui estrazione e successivo trasporto impattano notevolmente sull’ambiente, con un ammendante/concime organico derivato principalmente dagli scarti opportunamente trasformati provenienti dalla frangitura delle olive: il tutto per realizzare terricci di coltivazione adatti a diversi fini vivaistici, soprattutto per colture ornamentali di elevato pregio.
L’obiettivo primario è ridurre al massimo i costi di esercizio e incentivarne così l’adozione: con questa iniziativa l’ISAFoM-CNR di Perugia si è proposto di sviluppare ulteriormente, attraverso una sostanziale semplificazione, la nuova tecnologia recentemente ideata e brevettata sotto l’acronimo diMATReFO.In sintesi il processo MATReFO si realizza in prossimità dei frantoi attraverso la miscelazione dei reflui oleari grezzi, previamente denocciolati, con appropriate quantità di additivi organici igroscopici come paglia, cascame di lana, foglie e rametti recuperati dal lavaggio delle olive in frantoio, potature. La miscela così ottenuta, non percolante, confezionata in sacchi porosi, viene poi sottoposta a un breve periodo di stoccaggio statico in condizioni aerobiche (maturazione) prima dell’uso (Altieri et al., 2011), mentre il nocciolino, recuperato a monte del processo, rappresenta un sottoprodotto direttamente utilizzabile a fini energetici e per questo caratterizzato da un proprio mercato di riferimento (prezzo attuale del nocciolino: circa 150 €/ton).
L’ISAFoM-CNR di Perugia, nell’ambito del progetto già citato e in diversi progetti europei e nazionali (Progetto LIFE TIRSAV, 2001-04; Progetto LIFE TIRSAV PLUS, 2007-10, Progetto Soluzioni alternative allo spandimento in campo dei sottoprodotti dei frantoi, bando di ricerca ARSIA-Toscana - Agenzia Regionale per Lo Sviluppo e l'Innovazione Nel Settore Agro-forestale - per lo sviluppo del settore olivo-oleicolo toscano, 2005-07) ha effettuato diverse sperimentazioni sull’impiego agronomico di tali miscele, ottenendo buoni risultati come fertilizzante in pieno campo, sia su olivo sia su colture a ciclo breve (pomodoro, lattuga), come surrogato della torba in vivaio nella coltivazioni di diverse specie in contenitore, come ingrediente nella preparazione industriale del substrato di coltivazione per Agaricus bisporus.
Le prove in campo hanno evidenziato nel breve periodo un significativo effetto fertilizzante (Altieri ed Esposito, 2010), dovuto soprattutto alla buona dotazione di azoto e potassio, e nel lungo periodo un sostanziale incremento del contenuto di sostanza organica umificata del suolo (Altieri e Esposito, 2008); inoltre, la presenza di diverse specie microbiche selezionatesi durante il periodo di maturazione aerobica, ha prodotto rilevanti effetti benèfici sulla microflora tellurica, con particolare riferimento ai batteri nitrificanti (Pepi et al. 2009). La flora microbica presente nelle miscele sperimentali ha anche evidenziato capacità degradative dei composti fenolici ritenuti responsabili della bio-tossicità dei reflui oleari grezzi (Pepi et al., 2010; Federici et. al, 2011).
Le prove in vivaio hanno confermato la piena compatibilità delle miscele nella costituzione di substrati di crescita per colture in vaso. Non si sono, infatti, riscontrati effetti fitotossici e anomalie nella crescita, ottenendo risultati di sviluppo e produzione soddisfacenti in olivo, fragola (Altieri et al., 2010), cipresso, alloro e piante ornamentali quali geranio e clorofito (Altieri et al., 2008), feijoa, viburno e abelia (Altieri ed Esposito, 2012). Inoltre, la presenza di alcuni elementi fertilizzanti (principalmente azoto) in una forma a lenta cessione (organica), può consentire una significativa riduzione dell’uso di concimi minerali di sintesi. Recenti studi riguardanti il comportamento delle miscele sperimentali nella formulazione di terricci per coltivazioni in contenitore hanno dimostrato anche un’interessante attività soppressiva nei confronti di dannosi fitopatogeni tellurici (Verticillium spp.). L’attività soppressiva è dovuta alla ricca microflora antagonista contenuta nelle miscele. Prove svolte su differenti colture agrarie hanno così evidenziato come l’utilizzo delle miscele organiche a base di reflui oleari può rappresentare un valido strumento per il controllo di crittogame in programmi di agricoltura sostenibile (Lima et al., 2008).
Nella coltivazione di A. bisporus (il comune fungo champignon) il substrato sperimentale contenente refluioleari si è dimostrato capace di supportare una popolazione più numerosa di microorganismi favorevoli allo sviluppo del fungo coltivato, con particolare riferimento agli attinomiceti, capaci di agevolare la degradazione degli ingredienti del substrato di coltivazione, inducendo una conseguente maggiore efficienza biologica del fungo. I dati produttivi presi in esame (produzione, efficienza biologica e qualità merceologica) ottenuti da una prova svolta a livello commerciale presso l’azienda agricola Valfungo, Sansepolcro (AR), su una superficie complessiva pari a 2500 m2, hanno, infatti, evidenziato maggiori performance del compost sperimentale rispetto al controllo aziendale; inoltre, il maggior contenuto di azoto riscontrato nel residuo di coltivazione (spent mushroom compost) ne aumenta il suo valore agronomico (Altieri et al., 2009; Parati et al., 2011), già peraltro ben apprezzato dal mercato dei produttori di terricci da vivaio.
Allo scopo di ottenere compost di elevata qualità, l’ISAFoM-CNR è stato impegnato, in collaborazione con l’Università di Western Sydney, in Australia, allo sviluppo e promozione di sistemi di co-compostaggio aziendale dei reflui oleari mediante sistemi dinamici (con rivoltamento del cumulo) a basso costo e realizzati in prossimità dei frantoi per minimizzare i costi di trasporto. Anche in questo caso si prevede la denocciolatura della sansa e l’impiego, per la formulazione della miscela iniziale ottimale da compostare, di altri scarti organici facilmente reperibili a livello locale, tra cui, oltre a quelli indicati per il sistema MATReFO, la pollina. Per la realizzazione del sistema di co-compostaggio è necessario avere a disposizione, possibilmente in prossimità dei frantoi, una semplice platea di dimensioni adeguate alla quantità di reflui da trattare, un rivoltatore di cumulo (trainato da trattore) e acqua (in quantità limitata) necessaria a compensare l’evaporazione provocata dalla maturazione biologica della biomassa. Per evitare lisciviazioni indesiderate dovute alle precipitazioni, l’operazione di co-compostaggio sarebbe opportuno che si svolgesse sotto una semplice copertura (tunnel) o, in alternativa, bisogna dotarsi di particolari teli di copertura, impermeabili all’acqua piovana ma permeabili all’aria, da collocare sul cumulo dopo aver effettuato i periodici rivoltamenti richiesti dal sistema (due volte la settimana durante la fase iniziale termofila, successivamente una volta alla settimana, fino al termine del processo). Nel giro di 3-4 mesi si riesce ad ottenere un compost stabile e maturo per gli usi agronomici prospettati (Nair et al., in press).
L’ISAFoM-CNR di Perugia, attraverso i sistemi di gestione proposti, sta dimostrando come sia possibile concretamente, in modo semplice ed economicamente sostenibile, trasformare i reflui oleari da scarto da smaltire (quindi con un loro costo) in una preziosa risorsa con valore aggiunto, adatta per diversi e proficui impieghi in ambito agricolo, vivaistico ed agro-industriale.
Possibili applicazioni per imprese del settore
frantoi oleari, vivaisti, funghicoltori, aziende produttrici di substrati di crescita per colture in contenitore o “fuori suolo”, imprese agricole, con particolare riferimento a quelle in regime di Agricoltura Biologica che potranno utilizzare l’ammendante/compost a base di reflui oleari come concime organico in alternativa ai concimi di sintesi.
a cura di Roberto Altieri
ISAFoM-CNR Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo
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Bibliografia citata:
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