ve sotto scorta), ma l'unica possibile per portare avanti la loro attività serenamente e a testa alta, con orgoglio.
Così come lo scorso giovedì 12 gennaio hanno inaugurato la nuova sede romana (la terza dopo quelle all'Aeroporto Leonardo da Vinci e al Centro Commerciale Euroma 2) in piazza della Torretta, in pieno centro storico. Nel cuore di una Roma che non si è dimostrata tanto più accogliente e facile di Palermo: i Conticello hanno ricevuto diverse offerte di licenze attive, dietro pagamento in contanti di una somma piuttosto alta.
Fortunatamente acqua passata, e insieme all'apertura delle centralissima sede romana e al consolidato sodalizio con Feltrinelli (la nuova società Antica Focacceria San Francesco Spa, con partecipazione di Feltrinelli per il 49% e dei Conticello per il 51%), Fabio e Vincenzo festeggiano i 178 anni dell'Antica Focacceria San Francesco. «Il nostro locale è aperto dal 1834», racconta orgoglioso Fabio Conticello, «e da allora di strada se ne è fatta. Milano, le sedi dell'aeroporto e di Euroma 2 e la nuova e virtuosa collaborazione con Feltrinelli».
«È per questo che abbiamo voluto che la nuova focacceria in piazza della Torretta ricordasse il più possibile la casa madre», continua il patron, «ci siamo fatti arrivare da Palermo il bellissimo marmo grigio di Billiemi, le panche di legno, le sedie, i quadri». Anche l'offerta gastronomica è la stessa, con i classici dello street food, come la focaccia ca' meusa, nella versione maritata o schietta, pane e panelle e arancine, e con i piatti veri e propri del ristorante, tutti sempre all'insegna della tradizione siciliana.
E il piatto simbolo dell'Antica Focacceria? «Su questo non ho dubbi», risponde Fabio, «focaccia ca' meusa, maritata e schietta. Insieme alle arancine, ai cannoli, allo sfincione e al pane e panelle, fa parte delle preparazioni che il nostro locale ha proposto sin dall'apertura. Ed è anche il più difficile da trovare fuori Palermo». Fabio Conticello ce ne ha gentilmente regalato ricetta e curiosità.
«Si inizia separando i polmoni dalla milza, poi si puliscono con cura e si fanno bollire in una pentola molto capiente per circa 2 ore. In genere si procede con 20 polmoni e 10 milze. Una volta pronte si lasciano asciugare appese con i tipici ganci da macellaio. Solo quando saranno completamente asciugate si procede con il taglio che in genere deve essere effettuato da mano abile con un buon coltello. In un tegame ampio, con due bei manici, si lascia sciogliere dello strutto e a poco a poco vi si ripassa la milza e i polmoni. Si inclina il tegame da un lato, si lasciano cadere le frattaglie nello strutto e si riprendono con una paletta forata, scolandole bene. Su un lato del panino, in dialetto focaccia, si adagia una fetta di ricotta fresca, sull'altro i polmoni e la milza, nelle proporzioni 70, 30 %. In ultimo si cosparge con caciocavallo vaccino tagliato a listarelle con la pialla del falegname, si ottengono tante striscioline filanti. Questa è la classica focaccia maritata. Poi c'è la schietta. In questo caso si ripassa la fetta di ricotta nel sughetto della milza e si condisce con il caciocavallo. È una focaccia tutta bianca, richiama la purezza della donna nubile, appunto schietta in dialetto».
Per l'assaggio Fabio vi aspetta in Piazza della Torretta.
Sara Bonamini
16/01/2011