C'è un però... E lo evidenzia Alberto Grimelli nel saluto di Ferragosto sul suo Teatro Naturale. Il quesito è semplice, vale per l'olio come per altri prodotti, soprattutto per quelli direttamente e strettamente legati alla terra, all'agricoltura diretta. Possibile che la sanzione per un presunto truffatore come l'aretino Fusi con le sue 8.000 tonnellate di olio possa essere la stessa anche per un coltivatore diretto che imbottiglia il suo olio per una volta da sé (e non più nel frantoio di un amico collega) e si dimentica di cambiare la scritta in etichetta? Possibile che il coltivatore si trovi con una denuncia penale: due mesi di carcere o 15.000 euro di multa? Possibile che la stessa multa l'avrebbe avuta un grande commerciante truffatore come il suddetto?
In effetti, ciò non sembra molto logico e soprattutto molto giusto. Certo, in questi casi dovrebbe essere il funzionario ad avere buon senso e capire le differenze. Ma se il funzionario, forte dei gradi, vuol fare l'intransigente? Probabilmente servirebbe anche una diversa gradazione degli interventi repressivi per situazioni oggettivamente e qualitativamente immensamente diverse.
Altrimenti si rischia di ottenere un solo risultato: allontanare sempre più i piccoli e seri coltivatori dalla terra. A favore di chi specula e di chi le truffe le fa davvero. Allora, se da una parte è giusto tutelare con più severità i prodotti di eccellenza e chi li produce, sarebbe il caso di tutelare meglio anche chi li produce davvero e che non intende truffare, ma magari è colpevole solo di piccole sviste che nulla hanno né della frode né di grave. E soprattutto, occorre sburocratizzare di molto tutte le attività agricole e commerciali: meno burocrazia, meno legacci e più controlli seri e mirati. Sennò la si butta solo in caciara!
Stefano Polacchi
14 agosto 2012