Sicuramente l’avvicinarsi dell’Expo 2015 – che partirà a maggio del prossimo anno - è la chiave di lettura più semplice per spiegare il proliferare di nuovi locali sotto Madonnina. Ma è indubbio che il meccanismo si alimenta da solo: più arrivano in città cuochi e imprenditori, più gli assenti ci fanno un pensierino e decidono di fare qualcosa sulla piazza di Milano.
Prova ne sia la scelta di due grandi pizzaioli quali Gino Sorbillo e Franco Pepe. Il primo non si è risparmiato di sicuro: posizione centralissima – Largo Corsia dei Servi, cinque minuti dal Duomo – per il suo Lievito Madre che propone il format caratteristico con sette pizze, sette vini, sette antipasti, sette birre e sette dolci. Due le peculiarità: l’impasto fatto a mano, curato dall’esperto Gennaro Salvo e basato sulla farina del Molino Caputo, e il “numero chiuso” di pizze: 400 al giorno, duecento a pranzo e altrettante a cena. Finita la scorta quotidiana di farina, si passa al turno o al giorno successivo. Un’astuta scelta di marketing che fa pensare, sin dall’apertura tra una settimana al massimo, alle stesse file che si vedono in via Tribunali, a Napoli, per entrare nel locale storico di Gino Sorbillo. Anche se lì si arriva fino a 1.500 pizze al giorno.
Da parte sua, Franco Pepe ha trovato un partner fortissimo sulla piazza milanese, Rocco Princi: nel gastro-bistrot che aprirà in piazza XXV Aprile (dove sino a pochi mesi fa c’era il bar panetteria) ci sarà il forno a legna curato dal patron di Pepe in Grani direttamente da Caiazzo. Una bellissima sfida tra due veri artisti della pizza napoletana di qualità che a Milano ha perso posizioni rispetto a quella sottile, di ispirazione egiziana. Il locale di Princi – per la cronaca – si trova sul lato opposto di Eataly che dovrebbe aprire ai primi di marzo, per la gioia dei gourmet in generale e dei tanti fan di Alice, il ristorante di Viviana Varese, punta di diamante della ristorazione del capoluogo.
Il congresso di Identità Golose – da domenica 9 a martedì 11 – dovrebbe segnare il debutto de La Segheria di Carlo e Camilla, nome originale che merita una spiegazione. Segheria perché lo era sino a pochi mesi fa - in via Meda, zona Navigli – mentre Carlo è il nome di Carlo Cracco e Camilla è solo il modo divertente per completare l’insegna visto che la moglie dello chef-patron si chiama diversamente: Rosa. A parte il calembour, La Segheria di Carlo e Camilla segna un passaggio importante nella carriera cracchiana e incuriosisce non poco, considerando che è un locale per centinaia di coperti. Basti pensare che il “bancone” dovrebbe permettere di sedersi sino a un’ottantina di persone. Design, zona bar e una cucina “accessibile, di qualità e a prezzi interessanti” dice lo chef che aggiunge “Non pensate al classico bistrot a fianco della ‘casa madre’ o al secondo locale come hanno fatto altri colleghi. Sarà qualcosa di assolutamente diverso dal mio ristorante-gourmet per filosofia di cucina e stile: ne sentivo da tempo l’esigenza, ma solo nella scorsa estate ho trovato la location giusta per farlo”.
Interessante anche l’iniziativa di Testina che dal 31 gennaio punta a essere il riferimento per chi ama o vuole scoprire la cucina milanese doc: l’insegna gioca sul doppio significato del piatto tipico a base di carne e della scherzosa esclamazione in dialetto meneghino. Nel grande spazio di Via Abbadesse (500 mq), Massimo Mottola che ha lasciato la trattoria La Pesa in zona San Siro (tranquilli, riaprirà ristrutturata e con lo storico gruppo di proprietari al timone) gestisce la trattoria e ospita una super-bottega a filiera corta, ovviamente di produttori lombardi doc.
Non basta? Bene, sappiate che sono in arrivo due locali di Eugenio Boer (ex di Enocratia): uno piccolo e informale che punta su una proposta a tutto pesce, per l'apertura si parla di metà febbraio quindi è questione di ore, e uno con un'offerta più strutturata, di ristorazione pura.
Fin qui il certo (o quasi), i gossip riguardano invece la nuova e grande struttura ricettiva di Palazzo Parigi: a prendere il posto di Cracco come responsabile del wine & food – dopo la clamorosa rottura della collaborazione - potrebbe essere Niko Romito, sempre nel ruolo di consulente, ma inviando una sua brigata.
Quanto a Davide Oldani, questo dovrebbe essere l’anno del ritorno a Milano con una nuova iniziativa, magari anche limitata nel tempo - l’Expo 2015 in questo senso si presta a meraviglia – e che alcuni hanno addirittura individuato in partnership con Giorgio Armani. Lo chef di Cornaredo sta curando la parte culinaria di eventi importanti per la griffe (vedi la One Night Only alle sfilate di Parigi: cena per 500 persone) e pensando che lo stilista ha un hotel con ristorante nel centro, mai entrato realmente nelle grazie dei gourmet, ecco che l’idea non è campata in aria. In fondo, non solo sembrava impossibile tanti anni un locale firmato Nobu dentro il palazzo di Via Manzoni ma un “Oldani a Milano” – già nel nome – ha un fascino fuori dal comune. E il total black si addice a Davide.
a cura di Maurizio Bertera