La bottarga di Tromsø
Se sei a 350 chilometri dal Circolo Polare Artico fai presto ad avere tutta una serie di primati. La città di Tromsø, nella Norvegia settentrionale, ne ha diversi: il birrificio più a Nord del mondo, il Mack Bryggeri, la diocesi cattolica, il parco botanico, l'università, pare anche il Burger King. E la bottarga. Che non a caso qui si chiama Borealis, per richiamare il fenomeno dell'aurora, l'evento naturale che, insieme all'avvistamento delle balene, muove flussi turistici invernali interessanti da queste parti. A questa latitudine tutto immagineresti tranne di trovare un prodotto così profondamente Mediterraneo con il suo richiamo alla Sicilia, alla Sardegna, alla Grecia. E così giochiamo di paradosso: se il caviale più buono si fa in Italia e non nel Mar Caspio, così allo stesso modo una eccellente bottarga può non essere esclusivo appannaggio delle nostre latitudini.
Non parliamo di muggine né di tonno, ma di sacche ovariche estratte dal merluzzo tipologia Skrei. E se il metodo di lavorazione rimane quello tradizionale - estrazione, salatura ed essiccazione - a cambiare sono il paesaggio, la natura, il suo clima… e l'idea un po' folle di chi ha pensato questo prodotto.
I tre ideatori
Joakim Wikström è svedese, Jonas Juselius è norvegese, Lia Berti è italiana. La loro società, la Hrogn AS con sede a Tromsø, si è buttata in questa avventura dopo una lunga ricerca sulle bottarghe di tutto il mondo, da quella di Cabras al Karasumi giapponese. E oggi, grazie a loro, esiste la bottarga artica: ha odore e sapore gentili; con il tempo diventa più sapida, ma è anche facilmente re-idratabile. Inoltre rispetto al tonno e al muggine, il merluzzo Skrei è meno grasso e ha valori proteici più alti. Il che vuol dire che ha un aspetto anche meno oleoso e una buona versatilità in cucina, pure sui piatti caldi. Il suo retrogusto quasi dolce può conquistare i palati dei non amanti del genere. Per questo i tre soci parlano spesso di una “bottarga al femminile”.
Come è nata l'idea
Ma come nasce l’idea di punta a fare business proprio sfruttando gli elementi più duri della natura che, apparentemente ostile, diventa alleata? Tutto prende il via quando Jonas, appassionato di cucina, legge della bottarga e si dice: abbiamo i pesci migliori, perché non farne anche bottarga? Piano piano, insieme ai piani dell’amico e socio Joakim, allora studente di economia e oggi uno dei bracci operativi dell’impresa, provano e riprovano e dal garage dietro casa riescono a spostarsi attraverso vari passaggi nell’attuale stabilimento. A un certo punto della storia, arriva Lia, studentessa italiana e laureatasi con un tesi sulla bottarga: la sua ricerca diventa un vero e proprio business plan e da qui prende forma l’impianto attuale. Arrivano anche degli investitori finlandesi e si comincia a fare sul serio. La dimensione rimane però ultra artigianale. La Hrogn AS produce 2.500 chili di bottarga l’anno (ben oltre i 2.000 da business plan) venduta a 100 euro il chilo.
a cura di Francesca Ciancio
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