Da quando ha lasciato Torino per trasferirsi a Sacrofano, a 20 chilometri da Roma, si è guadagnato da vivere “tenendo in ordine” i terreni delle ville circostanti, fino a quando la sua proposta non ha ottenuto il consenso degli abitanti del posto. Ha iniziato quindi coltivando piccoli appezzamenti inutilizzati, dividendo i frutti degli orti con i proprietari e, pian piano, si è allargato.
Usa delle regole rigide, Giacomo: “Se devo occuparmi degli olivi, pretendo che questi non siano stati trattati con nessun veleno: è bandito anche l’ossido di rame. O è così, o le olive se le raccolgono da soli”. Mette a dimora piante e piantine nei giorni suggeriti dal calendario di Maria Thun; al posto dei diserbanti usa macerati di aglio e irriga i campi con cadenza settimanale (con questo caldo!). Le erbacce le estirpa solo per “solarizzare” il terreno, “altrimenti le lascio – spiega - fanno ombra e mantengono l’umidità”.
E per i parassiti? “Gli altri campi sono invasi dalle cimici – sorride – i miei no! Questo perché ho lasciato che la natura si difendesse da sé, ovvero con gli antagonisti naturali”. E va sempre bene? “Beh, in alcuni casi ho perso il raccolto, mi è successo con l’insalata; ma l’anno dopo le piante erano molto più forti e i parassiti mi sono quasi stati d’aiuto perché riuscivano ad attaccare solo le foglie più deboli, quelle che avrei tolto comunque”.
Ma le sorprese di Giacomo Ferrari sono numerose. “Punto alla permacoltura, cioè sto tentando di ridurre al massimo l’impiego degli idrocarburi e dei derivati dal petrolio, partendo dal carburante del trattore sino all’impiego di elettricità per l’irrigazione”. Sul tetto della casa che sta costruendo ha fatto installare un impianto fotovoltaico da 10 kw. Le verdure che produce le vende ai ristoranti, uno dei suoi clienti è il no.au.
Sarà per la crisi, sarà per l’esigenza di mangiare qualcosa di sano, o sarà semplicemente quello che Hegel chiamava “lo spirito del tempo”, sta di fatto che iniziative di questo tipo, anche se profondamente differenti tra loro, stanno sorgendo più o meno spontaneamente in diversi angoli del pianeta. Giacomo Ferrari ha offerto un interessante spunto di riflessione creando un orto “diffuso” su vari appezzamenti non di sua proprietà. Anche il fenomeno degli orti urbani sta rapidamente prendendo piede in varie città, a Parigi si chiamano orti condivisi e in alcuni casi sono anche delle vere e proprie installazioni artistiche, si veda il caso di Buffalo. Sempre più spesso assistiamo a ristoranti o punti della GDO che hanno un orto personale: Rosti al Pigneto, il Dopolavoro La Foce e lo stesso Eataly di Roma propongono ai loro clienti i frutti di un’autoproduzione garantendo così freschezza, certezza della filiera e, perché no, anche un po’ di risparmio.
Saverio De Luca
29 agosto 2012