Incredibile ma vero: gli chef italiani si alleano e si mettono fianco a fianco lasciando da parte le individualità e gli egocentrismi per ottenere un risultato che è maggiore alla somma dei singoli addendi. Non banale. Il tutto è nato qualche mese fa, si è fortificato durante Expo2015, ha dato vita al Food Act e ora segna una nuova tappa, la nascita di una vera associazione, con notaio, presidente, vicepresidente, soci onorari e tutto il resto. Il tutto sotto l’occhio attento, vigile e decisamente operativo di un sempre più lucido ministro Maurizio Martina.
Anche se ancora siamo alle fasi programmatiche, i primi frutti si vedono. A partire dal riuscire a mettere insieme in modo continuativo, intorno allo stesso tavolo, decine tra i più grandi talenti del mondo della gastronomia italiana. Ricordiamolo: è la prima volta che un tavolo di lavoro così ampio e valido trova ascolto e sostegno da parte delle istituzioni. E nessuno vuole bruciare questa occasione. Ristoratori, chef, pizzaioli, gelatai, pasticceri. Insomma, tutto quel che compone il mosaico del mangiar bene made in Italy. Maestri non solo ai fornelli, ma anche imprenditori da prendere a modello. L'Italia del cibo è il traino di questa Italia che incespica. E non è una questione di mode e dell'ossessione per la cucina, ma dipende dalla capacità di fare impresa (e creare lavoro) che il settore porta con sé.
Ed eccolo qui, questo settore, riunito oggi (12 ottobre 2016) per tenere a battesimo l'Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto. Una realtà senza scopo di lucro nata con il preciso intento di rappresentare e valorizzare il meglio del settore in ogni suo aspetto: dalla terra alla tavola, dal grande ristorante al bar, passando per pizzerie, gelaterie, riuniti sotto lo slogan “L'eccellenza fa la forza”. L'idea degli Ambasciatori, nata il 20 giugno scorso con 44 fondatori, è stata oggi presentata al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari Forestali, un luogo, come dice il Ministro Martina, che è “casa vostra”. Una prima uscita, dunque, di quelle ufficiali che ha dato voce ad alcuni degli attori di questa iniziativa, che comprende 90 tra cuochi, pizzaioli, gelatieri, uomini di sala, pasticceri di 15 regioni diverse: sono i soci fondatori (e lo sarà chiunque aderirà entro la fine dell'anno), ambasciatori del patrimonio enogastronomico italiano nel mondo. C'è il gruppo ristretto degli 11 del consiglio direttivo (Cristina Bowerman, Paolo Marchi, Cesare Battisti - rispettivamente presidente, vicepresidente e segretario genrale - Renato Bosco, Mariella Caputo, Moreno Cedroni, Carlo Cracco, Alessandro Gilmozzi, Pietro Leeman, Roberto Petza, Marco Sacco), e gli associati benemeriti: Max Bergami, Marco Bolasco, Alberto Capatti, Davide Cassi, Eleonora Cozzella, Luigi Cremona, Annie Feolde, Andrea Grignaffini, Alfonso e Livia Iaccarino, Gualtiero Marchesi, Massimo Montanari, Aimo e Nadia Moroni, Luciano Pignataro, Giorgio Pinchiorri, Edoardo Raspelli, Severino Salvemini, Ezio e Renata Santin, Toni Sarcina, Massimiliano Tonelli, Enzo Vizzari.
Coinvolti sono tutti i protagonisti di questo mondo, nei mille rivoli professionali che un settore così ampio copre, impegnati a far conoscere la nostra gastronomia all'estero, ma anche a farsi ambasciatori degli agricoltori, allevatori, casari e gli altri artigiani che sono alle loro spalle nella filiera che porta il prodotto fin sulle nostra tavole, proprio perché gastronomia e agroalimentare sono strettamente collegati, soprattutto in un Paese come l'Italia, fatta di piccole realtà e identità di tradizione contadina.
Quella che Carlo Petrini, presidente onorario, vuole tutelare di fronte alla contaminazione con l'esterno, dalle insidie di trattati che renderebbero le nostre tipicità, fatte spesso di piccole riserve produttive, preda di un sistema di industrializzazione vorace, dove le nostre denominazioni perderebbero valore. Una posizione che è un no forte e chiaro al Ttip e che lancia un allarme sullo stato dell'agroalimentare in Italia (che però, risulta essere uno dei pochi in salute) e a cui Maurizio Martina risponde cristallinamente, facendo tintinnare un campanello d'allarme: non si tratta di impedire dei cambiamenti o di arroccarsi in maniera protezionistica come chiede a gran voce Carlin, ma di gestire meglio quelli già avvenuti, proprio in una situazione di assenza di regole e accordi precisi. Insomma: mentre noi discutiamo se fare trattati che rischierebbero di rendere meno forti i nostri marchi, questi sono, di fatto, già schiacciati da un modo che corre a passi veloci, dove se non siamo partecipi dei cambiamenti in atto non potremo che subirli: “alcune categorie vanno aggiornate” dice perentorio “servono risposte nuove, e nuovi strumenti per leggere un mondo nuovo. Il rischio è di alzare barriere con il resto del mondo, che ci renderà sempre più deboli e renderà i nostri piccoli produttori sempre più deboli in un mercato che si muove a passi veloci”. Dobbiamo pensare ad abbattere i muri, e non a costruirne di nuovi, di creare tavoli di lavoro comune, accordi che possano portare a una maggiore tutela dei nostri migliori prodotti e al riconoscimento reciproco.
Gli ambasciatori
La scelta di aprire ai soli chef-patron lascia perplessi poiché esclude parecchi grandi professionisti: nomi come Enrico Crippa, “dipendente” dei Ceretto, di Antonio Guida o Heinz Beck, chef resident di grandi catene alberghiere internazionali. Proprio quelle che, per loro natura, rappresentano una vetrina importante per l'Italia (a proposito di ambasciatori), quelli che accolgono i turisti stranieri e che, attraverso le loro strutture nel mondo, sono sede dei più importanti ristoranti italiani all'estero, con tanto di trasferte di nostri grandi chef, come accaduto per Francesco Apreda o Adriano Baldassarre. Speriamo che questa barriera sia presto superata, in virtù di quella necessità di eliminare muri cui il Ministro Martina ha fatto cenno nella giornata. “Bisogna fare squadra” dice Carlo Cracco, perché solo facendo squadra si è davvero forti. È un sentimento condiviso, anche dallo stesso Ministro che registra come un grande traguardo di questo lavoro sia da cercare proprio nel passaggio “da individualità a collettivo con un potenziale di squadra”. Un esempio concreto di cittadinanza attiva che può fare qualcosa per il Paese.
Gli interventi
Gli chef ci sono tutti, visibilmente emozionati nel vedere che qualcosa si muove, coordinati da Paolo Marchi che ha colto l'occasione del parterre d'eccezione e dell'ufficialità della situazione per presentare il tema della prossima edizione del congresso Identità Golose. I saluti d'obbligo, i ringraziamenti del caso e qualche slancio programmatico contribuiscono a definire lo scenario che richiama, in prima battuta, a una maggiore consapevolezza del proprio ruolo. Che non è solo quello di cuoco, ma di “traino per lo sviluppo turistico e agroalimentare del Paese”, di snodo per l'identità culturale di un territorio e delle società che lo abitano, come ricorda Cristina Bowerman, presidente dell'Associazione e infaticabile nel dare una direzione chiara alla strada da percorrere. Non poesia, ma pratica, non parole ma numeri: la cucina è cultura e agricoltura, ha a che fare con il gusto e la bellezza, con la sensibilità, la storia, l'innovazione, la ricerca, l'educazione (anche alla sostenibilità) e la salute. Tutte cose che hanno un peso enorme in Italia. Su questi gli elementi sono tutti chiamati a riflettere e lavorare: “siamo uniti, forti e questo è solo l'inizio di un buon lavoro”.
I temi
Si parla di cibo in modo articolato, e ognuno individua tra i vari tasselli che definiscono questa realtà, quello che maggiormente sollecita la sua attenzione. Tema principale è il legame stretto con la terra, intesa non solo come tradizione, ma come luogo dell'agroalimentare, dove costruire un cortocircuito che valorizzi i produttori e gli restituisca la dignità del loro lavoro. Lo dice uno come Corrado Assenza (ma lo dice anche Petrini quando auspica un ritorno a un'economia dei territori e dei contadini), da sempre portavoce di un modello di sviluppo artigianale che ha ridato respiro alle realtà locali, al lavoro artigiano, alle produzioni che rifuggono dai grandi numeri per concentrarsi in una misura più umana e controllabile. Il suo è l'impegno verso una comunità agricola e artigianale, la responsabilità verso il consumatore: “i cuochi, o i pasticceri o i pizzaioli, hanno la fortuna di poter guardare negli occhi i clienti, essere l'elemento di congiunzione tra chi produce e chi consuma. Questo è un onore, ma sento anche l'onere”. Un impegno che è lo stesso che Franco Pepe porta avanti di anni in una zona difficile, dove fino a poco tempo fa non girava l'agricoltura e non girava il commercio, una zona, quella di Caiazzo nell'alto Casertano (più di 15mila persone arrivate a mangiare da Pepe a fronte di 4500 abitanti), che viveva una situazione di stallo. Valorizzare il prodotto locale e con esso il produttore e l'intera zona è l'esempio pratico di quel traino di cui parlava Cristina Bowerman, in grado di far emergere le eccellenze e mettere in moto l'economia con l'indotto non solo legato alla propria attività (che pure dà lavoro a decine di persone), ma anche con il riflettore che ha contribuito ad accendere. “Oggi sono attive parecchie botteghe artigiane che prima erano chiuse” dice “e i prodotti che cercavo solo io ora sono in vendita, le persone li conoscono, li apprezzano e li comprano”, un impegno, quello di Franco Pepe, volto a non spezzare quel legame che unisce contadini e territorio, ma tutelarlo così che “i miei figli e i figli di quegli agricoltori, domani, possano continuare a fare questo mestiere in piena dignità”.
Se Assenza, Pepe e Petrini danno voce agli agricoltori, Davide Oldani apre alla necessità di creare un'opportunità per i più giovani. Il suo impegno è per lo sport (lui, che è il rappresentante di un connubio che unisce sport e alta cucina) e per la scuola. Vero tasto dolente di un'Italia che, se da una parte morde il freno e supera burocrazia assassina e difficoltà di ogni genere, si trova in questo settore, ma non solo, in una condizione di deprimente incapacità di formare le giovani generazioni. Sarà banale dirlo, ma bisogna puntare a far funzionare i cari vecchi istituti alberghieri.
Il prossimo appuntamento con la tutela e la valorizzazione della nostra gastronomia sarà la Settimana della Cucina Italiana nel Mondo, dal 21 al 27 di novembre. Un'iniziativa nata in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e che coinvolge ambasciate, istituti di cultura, consolati e altre realtà presenti in tutto il mondo.
Info: ambasciatoritalianidelgusto.it
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a cura di Antonella De Santis