“Milano da qualche decennio è diventata il riferimento della nuova ristorazione italiana: partendo dal Gualtiero Marchesi di Bonvesin della Riva, fino alla Cassinetta di Lugagnano e – oggi – al Pescatore di Canneto sull’Oglio. Tanti chef, anche passati dalla scuola di Marchesi, oggi sono qui, in città”. A parlare Davide Rampello, direttore artistico del Padigione Zero di Expo 2015. E l'Expo, del resto, è il grande catalizzatore di progetti, investimenti e riflessioni. “Milano è la città ideale per ragionare sul cibo” dice Andrea Berton, friulano di base nel capoluogo milanese da ormai 10 anni. Una metropoli attenta al cibo e ai ristoranti, ai format e ai concept, capace di indicare tendenze e mode più o meno durature “che ti fa capire subito se il modello scelto funziona o meno. È uno stimolo continuo” aggiunge lo chef. “Dieci anni fa ho deciso che la mia città sarebbe stata Milano, credo in lei e nella sua gente: potevo restarmene fermo mentre diventava la capitale del food?”
Varietà dell'offerta
Come sottolinea Rampello l’offerta della città è stimolante e varia. Non solo i grandi di oggi e di ieri (tanto per fare qualche nome noto: Cracco, Aimo e Nadia oggi interpretati dalla coppia Negrini-Pisani, Oldani e via discorrendo). Milano è anche il luogo della rivoluzione degli etnici:“alla metà degli anni 80 ce ne erano pochissimi, giusto un giapponese e un cinese. Poi, pian piano l’offerta è cresciuta in numeri, ma soprattutto in qualità”. Basti pensare a Iyo: ristorante giapponese contemporaneo ormai stabilmente in cima alle classifiche, che ha conquistato i Tre Mappamondi del Gambero Rosso e la Stella Michelin.
Non solo: accanto ai grandi, e ai ristoranti di tradizione che si sono evoluti pur presidiando la grande cucina locale, sono nati luoghi che declinano un'idea, una proposta, un prodotto o una atmosfera.Si aprono locali di ogni ordine e grado: qualcuno pensa sia un fuoco di paglia che svanirà con la fine di Expo. Non è della stessa idea Berton “È un fenomeno iniziato quattro anni fa e lo trovo molto positivo. Più nasce la curiosità, più si cerca il confronto e più la gente esce frequentemente”.
Milano: pochi abitanti, molti cantieri e tante anime
Milano, conti alla mano, è una piccola città: appena un milione e duecentomila abitanti, ma fa impressione quanto sia vitale, quanti cantieri si siano aperti e chiusi negli ultimi anni:“Ogni giorno passavo davanti al cantiere di Porta Nuova e pensavo che il mio ristorante non poteva che nascere lì”così spiega Andrea Berton la scelta del quartiere per il suo ristorante omonimo. È soprattutto impressionante vederequante anime abbia. È la città della moda e del design, ha la maggiore concentrazione editoriale e un’università da 200mila studenti. “Tutto ciò porta movimento e diversificazione” dice Rampello “porta arricchimento all’immaginario del cibo, e anche del contenitore del cibo”. E a questo proposito suggerisce come il nuovo Eataly di Milano, con la sua struttura ospitata in un ex teatro, risponda in modo esemplare al compito di rappresentare il cibo.
Ma a Milano il cibo compie il miracolo del rinnovamento anche all'interno dei luoghi di vendita e non solo quelli tradizionalmente dedicati alla somministrazione e al consumo, in perfetta sintonia con quanto accade all'estero, che Nicolò Dubini- l’amministratore unico di Sogemi, scelto dal Comune di Milano per dare nuova vita e un futuro ai Mercati della città - dimostra di conoscere molto bene: “in Europa sia i mercati all’ingrosso che al dettaglio sono sempre più aperti al pubblico: a Rotterdam nel mercato cittadino ci sono appartamenti, ad Amburgo c’è un teatro”.
Il Nuovo Mercato
Il progetto di riqualificazione dell’area mercatale dell’ortofrutta, 50 ettari, accanto alle aree del mercato ittico, di quello avicunicolo e floreale “è ambizioso, ma fattibile”dice Dubini, che aggiunge“in estate cominciamo a realizzare il cantiere dei nuovi mercati dell’ortofrutta”. Inevitabile agganciarsi al grande carosello di Expo con una serie di eventi organizzati fino a ottobre. Nel progetto del nuovo mercato anche una grande apertura alla città: “Avendo a disposizione 50 ettari, puntiamo anche ad attività aperte al pubblico: circa la metà”. Il progetto promette di rivitalizzare un'area oggi poco frequentata, nonostante concentri circa 8.000 lavoratori. Come animare questo spazio? “A Milano prevediamo la nascita di attività sia di mercato che culturali, di ricerca e sviluppo, di intrattenimento (con un auditorium), oltre a un’attività enogastronomica che si fondi principalmente sullo street food. Quest’area vivrà 24 ore al giorno”.
Il richiamo alle istituzioni
Quella dei mercati è anche l'occasione per valorizzare prodotti e produttori di qualità e made in Italy. “Abbiamo le carte in regola per recuperare un ruolo di leader che avevamo” dice Dubini. I punti chiave su cui lavorare, secondo lui: migliorare l'efficienza della catena produzione-distribuzione, trasferire margini maggiori verso la produzione, favorire l’aggregazione dei piccoli. “Uno strumento, soprattutto sulla strada di una vera tracciabilità dei prodotti, è quella dello sviluppo delle OP, le Organizzazioni dei Produttori. E avremo un nostro marchio di qualità”. Aggiunge. Mentre Berton sottolinea come la grande energia di Milano debba essere esaltata e comunicata meglio:“è tempo che la politica e le istituzioni trovino il modo di rendere più attraente Milano oltre gli appuntamenti per moda e design. Per non parlare della necessità di fare sistema e completare le grandi opere”.
E aggiunge:“noi del food siamo già riusciti, investendo in prima persona, a creare un interesse impensabile sino a pochi anni fa”.Perché, ammonisce Davide Rampello:“oggi per comprendere una serie di stimoli nuovi, bisogna andare nei ristoranti, queste straordinarie agenzie culturali che tengono in vita tanta storia e cultura, dalla materia prima ai vini, dalla tradizione all’umanità”.
E di questi e altri istituti di cultura del buon bere e buon mangiare parleremo venerdì 19 giugno a Milano in Terrazza Triennale, per la presentazione della Guida Milano 2016 del Gambero Rosso.
a cura di Antonella De Santis