ersario dei 150 anni dell'unità d'Italia, ma è solo una delle tante attività portate avanti dal poliedrico imprenditore…
Ma quante vite ha Francesco Micheli? «Una, ma è un turbine di interessi», risponde lui e aggiunge: «vorrei averne sette per seguire tutto, anche i filoni che non riesco ad approfondire. Faccio una quantità di cose: finanza, impresa, mare, volo, musica, pittura, biotecnologie». Sette vite, come un gatto, come hanno raccontato tutti i giornalisti finanziari che a decine lo hanno intervistato negli ultimi anni (ma mai a proposito di cibo e vino).
Cerchi su Google e vengono fuori 50.800 link digitando «Micheli and finanza», poco più di 46 mila per «Micheli e musica», mentre per «Micheli e biotecnologie» andiamo a quasi 100mila. Sono decisamente meno i rimandi all’abbinamento con il mare e il volo. Ma ci sono le foto bellissime di Shenandoah, il veliero del 1902, sul quale il finanziere è periodicamente in giro per il mondo. Insomma una personalità che ti stupisce – e cattura – anche per la semplicità, quasi banalità, con cui ti dice di fare certe cose. Come il volo: «tranne quello a vela, ho tutti i brevetti possibili, anche quello per atterrare sui ghiacciai. Il primo l’ho preso nel ’59,
avevo 22 anni».
Oggi, che di anni ne ha parecchi di più, ha comunque la stessa curiosità di allora, la stessa voglia si scoprire (e vivere) novità. Forse il motto della sua vita potrebbe ben essere il «cercai ma non ancora trovai» che campeggia in alto sul simbolo di una confraternita di cui fa parte. Ma fermi tutti, cari lettori alla ricerca dello scoop e del segreto, la confraternita citata è l’Eccellente arcisodalizio per la ricerca del culatello supremo. Sul simbolo, sopra il disegno di un piccolo porcellino, si legge: «Ordo Magni Culatelli, Quaesivi et Nondum Inveni». Una volta l’anno, Micheli e un’altra trentina di esperti, nessuno del settore, sotto la presidenza del Gran maestro Principe Diofebo Meli Lupi, si riuniscono vicino Parma per scegliere il migliore tra dieci pezzi unici che gli artigiani emiliani producono e «sacrificano» per questa tenzone assolutamente unica e riservata.
Insomma la qualità della vita per uno come Micheli è una religione. «Credo sia un dovere cercare di vivere bene, non angosciato e stressato. Cerco di difendermi, pur lavorando come una bestia». E trovando anche il tempo per garantire la sua presenza alle riunioni della Corporazione dell’acquavite italiana, della quale è cavaliere. «Un modo – racconta – per coltivare le tradizioni delle eccellenze italiane». Che non necessariamente devono essere costose. Così, ad esempio, quando gli si chiede dei suoi abbinamenti vino/cibo il primo riferimento (e vorrà pur dir qualcosa) è allo gnocco fritto che faceva la nonna e «naturalmente al Lambrusco con musica di Verdi in sottofondo».
Ecco la musica, la passione che forse gli ruba attualmente più tempo. Figlio di un musicista, presidente per alcuni anni del Conservatorio di Milano, membro del cda della Scala, Francesco Micheli ha inventato (e presiede) MiTo, il festival internazionale che dal 3 al 22 settembre unisce per il quinto anno consecutivo Milano a Torino trasformando piazze, chiese, musei, teatri e perfino gli stadi in palcoscenici straordinari di ogni tipo di concerti: classica, rock, jazz, etnica, pop, d’avanguardia. Parla di MiTo, ma potremmo utilizzare gli stessi concetti per parlare della cultura materiale complessiva d’Italia, enogastrononia compresa. «È l’Italia dei desideri di tanti stranieri» - spiega Micheli - «il Bel Paese, quello dell’italian way of life alla quale dobbiamo dedicare più cure, le cure che sono indispensabili se vogliamo di questo patrimonio diventare finalmente eredi intelligenti, capaci di provvedere al bene della vecchiaia nostra e delle generazioni a venire».
In cinque anni MiTo è diventato un appuntamento importante nel panorama delle attività culturali europee. «Speriamo – spera Micheli – che l’esempio incoraggi anche altri a uscire dalle trincee della paura per fare più vive e più belle le nostre città, le strade e le piazze». «Ne avrà beneficio anche l’economia», è convinto, e con lui anche l’83% dei cittadini ascoltati per una ricerca di Renato Mannheimer. Ma Micheli la musica l’ascolta e la suona. Perfino in barca. Sul suo Shenandoah (54 metri di lunghezza, varato nel 1902), ha un pianoforte a coda Steinway, «che mi consente di suonare musica classica, accompagnato dal sibilo del vento nelle vele e dal sapore delle onde». Un pianoforte verticale è già un’eccezione in una barca a vela, a coda è davvero un caso forse unico. «Per quattro anni la barca fa il giro del mondo e poi un anno naviga nel Mediterraneo. Essendo un veliero non c’è stabilizzatore. Siamo sottoposti a stress incredibili: dal caldo estremo al freddo estremo», racconta il finanziere. «Ma il meglio non teme le tempeste e le tormente». Ecco così a bordo l’eccellente pianoforte, gli oli alle pareti e il vino. La cantina è l’ennesima conferma dell’eclettismo di Micheli. Molto personale, frutto del proprio piacere e dei propri gusti, ma molto della curiosità, della voglia di ricerca. Uno accanto all’altro si trovano vini che costano poco, per esempio il Ceretto Blange bevutissimo vino-aperitivo a Milano, e millesimati di Krug (il Brut ’95). Tanti francesi (guarda più a Bordeaux che alla Borgogna, solo una bottiglia); tra i toscani nessun Brunello e invece chicche come il Cabernet Franc 2003 Paleo o Le Cupole Trinoro 2005; moltissimi grandi nomi dell’enologia del nuovo mondo, Australia e Nuova Zelanda in particolare.
Senza conoscerlo, volendo «leggergli le carte» (dei vini) piuttosto che le rughe della mano, si potrebbe dire che più che un intenditore di vino è un profondo conoscitore di alcune zone e di certe realtà, che ha delle certezze e dei punti fermi, ma che naviga alla ricerca di terre nuove, che esplora nuove etichette, che ha una spiccatissima dose di curiosità. E lui stesso ammette: «Apprezzo il vino buono, ma non sono un collezionista». Non potendo scoprire terre nuove, va alla ricerca di vini: «attualmente – dice – registro una crescita straordinaria dei rossi del Sud Africa». Novità che non gli fanno dimenticare le tradizioni: «mi spiace la perdita di certe consuetudini. Quella per esempio dell’uso dei vini giovani» e ricorda l’autunno, le castagne e il Teroldego novello: «gioia della freschezza, pensi al puledro, ai cuccioli».
Presto Micheli potrebbe assaggiare il suo, di vino novello. Zitto zitto, infatti, ha impiantato un vigneto in Toscana a Casanovole e un altro lo ha nella zona del Ticino. «Ma è prematuro parlarne – afferma – mi piace fare le cose bene e ancora non ci siamo ...». Per ora, l’interesse imprenditoriale più forte, è quello su Genextra fondata assieme all’oncologo Veronesi impegnata nelle ricerche biotech sui farmaci antiinvecchiamento.
Intanto, visto – dice un detto popolare - che a tavola non si invecchia, Micheli si tiene giovane con la buona cucina e si affida sempre a mani giuste. «Per le grandi occasioni chiedo a grandi chef come Fulvio Pierangelini di cucinare per i miei ospiti». Sarà già questa la ricetta della giovinezza?
Sette vite come i gatti: dalla finanza a Mito
Finanziere, imprenditore, mecenate. Francesco Micheli, 74 anni, nato a Parma ma milanese di fatto, è un pioniere: sua la prima famosa scalata in Borsa negli anni ‘70 a Bi-Invest, fondatore della casa d’aste Finarte, ha avviato molte start-up. La più recente è Genextra nel campo delle bioteconologie e nella farmacogenomica. Fa parte del consiglio di amministrazione di diverse società. Attraverso la Fondazione Musicale Umberto Micheli, in ricordo del padre musicista e docente al Conservatorio di Milano per oltre 30 anni, ha lanciato un Concorso Pianistico Internazionale, oggi tra i più noti al mondo. Francesco Micheli è anche presidente di Mito, il festival internazionale musicale che si tiene dal 2 al 23 settembre a Milano e Torino (il programma su www.mitosettembremusica.it). Oltre 200 gli appuntamenti di tutti i generi musicali.
settembre 2011