A pochi passi dalla più vasta piazza di Roma e sul più alto dei Sette Colli, si trova il mercato dell’Esquilino. Un mercato centrale e tutto fuorché tradizionale. Dopo una prima sistemazione a Piazza Vittorio, nel 2001 si è trasferito poco più in là fra via Principe Amedeo e via Filippo Turati.
Colori, odori e sapori da tutto il mondo riuniti sotto il tetto che fa da copertura a questo bazar internazionale. Facendosi largo fra gli scaricatori merce ed entrando nel mercato, si viene accolti da uno sferragliare di lame e coltelli che vengono affilati dai macellai del posto. È il ritmo del mercato che fa da sottofondo alle grida e ai richiami dei commercianti che invitano i clienti ad avvicinarsi al banco. È infatti impossibile passeggiare fra le varie merci senza essere chiamati da ogni venditore che si sbraccia al di là del bancone. I più determinati lasciano la postazione per mostrare da vicino le loro noci di macadamia o papaye fresche. Pesce, carne ma soprattutto verdura e spezie da ogni dove. India, Colombia, Guatemala, Ecuador, Cina, ogni paese risponde all’appello presentando i suoi prodotti tipici.
I richiami dei mercanti, lo sgomitare delle signore che già di prima mattina si aggirano in cerca degli ingredienti più freschi potrebbero ricordare una Roma antica, la città verace e popolare di una volta. Ma il mercato dell’Esquilino è invece ben diverso da quello Trionfale, ancora immerso in un’atmosfera legata al passato, ed è lontano anni luce anche da quello di Testaccio, che si sta evolvendo verso la formula contemporanea del gastromarket. È un mercato fatto di voci dagli accenti stranieri, esotici, il mercato “di Piazza Vittorio”, come ancora lo chiamano gli abitanti della zona, dimenticandosi del trasferimento. Quella Piazza Vittorio simbolo di un’integrazione ancora ben lontana da una vera e propria internazionalizzazione.
Il confronto con l’estero
È vero, qui si possono trovare prodotti provenienti da tutto il mondo, dal ghee(burro chiarificato asiatico) al muscovado(zucchero scuro delle isole caraibiche), ma purtroppo il modello esquilino non si avvicina minimamente ai mercati europei. Pensiamo alla Boqueriadi Barcellona o al Borough Market di Londra dove l’atmosfera è davvero internazionale in un susseguirsi di piatti espressi e street food. Al mercato dell’Esquilino, purtroppo, manca la comunicazione: quasi nessuno è disposto a spiegare l’origine e la lavorazione dei prodotti. A partire dalla coppia di amici dietro a uno dei tanti banchi di spezie e riso, che si limita a commentare, “viene tutto, o quasi, dall’India. Ma perché lo chiede?”. Ancora più taciturna è la loro collega del banco di prodotti cinesi che alla richiesta di un’intervista scuote la testa. Eppure, fra noodles, frutta e spezie varie, ce ne sarebbero di storie da raccontare.
Forse è giusto limitarsi a osservare, catturando suoni e profumi nella memoria, senza porsi tante domande? Forse. Ma passeggiando tra i banchi dell’ortofrutta è difficile non essere incuriositi dalle verdure esotiche. Niente cartello, insegna o etichetta, che dia qualche informazione rispetto alla provenienza o quanto meno al nome. Perlomeno non accanto a quegli ortaggi verdi dalla forma appuntita. Verdure sudamericane che vengono presentate dal mercante come “zucchine latine”. Latine di dove?“America Latina, ovviamente”.Sì, ma da quali paesi? La risposta non può essere altro che “da tutta l’America Latina. Le provi che sono buone”. Altro banco, stessa storia. Riflettendoci la cosa non dovrebbe stupire dato che, qui, la clientela, anch’essa proveniente da tutte le parti del mondo, non necessita di nessuna spiegazione perché questi prodotti li conosce bene.
A fare la differenza con gli altri mercati non è solo la mancanza di comunicazione ma anche, purtroppo, le condizioni igieniche. Condizioni precarie spesso al centro dei fatti di cronaca romana dell’ultimo anno. Pensiamo ai risultati dei controlli di Polizia di Roma Capitale, Aequa Roma, Asl e Inps sui banchi del pesce del mercato, che hanno riscontrato prodotti avariati, mancanza di tracciabilità e talvolta di permessi di vendita. Al di là dei controlli, ogni cliente attento può constatare con i propri occhi la carne sistemata nei carrelli della spesa senza alcuna protezione, a contatto diretto con il ferro vecchio. Così come è possibile osservare l’occhio non troppo lucido di alcuni (non tutti) pesci o la totale mancanza di igiene mentre vengono maneggiate alcune materie prime. I mercati europei, insomma, rimagono ancora un miraggio.
Le eccezioni
Come sempre, vietato generalizzare. Per fortuna, due banchi del mercato hanno intrapreso la giusta direzione. Due ragazze giovani, una accanto all’altra, fanno da contraltare a questo mercato caotico. La prima, dalla Romania, vende pane, formaggi e salumi che si fa arrivare direttamente dal suo paese con il corriere. “Sono venuta qui perché me ne avevano parlato bene”. Spiega la commerciante presente al mercato da dieci anni.“Ho iniziato come dipendente, perché avevo bisogno di lavorare, e ora sono la titolare”. I clienti sono di diverse nazionalità, ovviamente non mancano i suoi connazionali. Altro esempio virtuoso è quello della vicina Andrea Lopez, che gestisce un banco sudamericano. È qui da solo un anno e mezzo e ancora si sta stabilizzando. “Ci sono stati troppi problemi, e ci sono ancora, legati a fattori igienici. Questo è grave e ancora faccio fatica ad ambientarmi”. Ma Andrea non demorde. Il suo banco è interamente dedicato a prodotti latino americani, che vengono spiegati in maniera impeccabile. Peperoncini freschi, mais, succhi di frutta e surgelati, tutti provenienti dall’estero: Perù, Ecuador, Brasile e Colombia e alcuni anche dalla Spagna, è da qui che provengono i surgelati venduti da Andrea. Per un attimo sembra veramente di essere a Londra, capitale di popoli, linguaggi e accenti diversi, in cui ogni nazionalità è di pari importanza.
Integrazione
È un mercato multietnico come è giusto che sia nel mondo cosmopolita in cui viviamo. Anche Roma si sta per fortuna adeguando alla società contemporanea, o per lo meno ci sta provando. Piazza Vittorio è il centro della contaminazione etnica della città ma il mercato, se pur in mano a persone di ogni paese, deve ancora lavorare tanto per arrivare a creare un fac simile del modello europeo. Perché i prodotti possono anche provenire da altri continenti ma i venditori e i clienti devono imparare a comunicare e a condividere la loro cultura, partendo da quella culinaria. Invece qui ogni banco lavora individualmente, senza curarsi dei colleghi vicini, facendo a gara a chi riesce ad accaparrarsi più clienti. Quanto sarebbe profondamente istruttivo, invece, se il signore delle spezie indicasse ai clienti del banco ortofrutticolo come condire quelle verdure? Il cambiamento deve essere (come sempre) innanzitutto culturale. Perché se è vero che l’Esquilino è fra i primi quartieri ad essersi popolato di stranieri a Roma, è vero anche che la linea fra integrazione ed emarginazione è sempre stata sottile. Un confine labile che si rispecchia anche nel modo in cui viene vissuto il mercato stesso, ovvero luogo dove comprare prodotti esotici senza però andare oltre al prodotto in sé. L’augurio dunque è che questo mercato riesca ad esprimere totalmente le sue enormi potenzialità.
Mercato dell’Esquilino| Roma | via Principe Amedeo, 184 | lunedì, mercoledì, giovedì ore 05,00 – 15,00 martedì venerdì sabato ore 05,00 – 17,00 | www.mercatidiroma.com/nuovo-mercato-esquilino-ex-piazza-vittorio/esquilino
a cura di Michela Becchi
Per leggere 6 banchi che stanno trasformando il Mercato Testaccio a Roma clicca qui
Per leggere 5 banchi da non perdere al Mercato Trionfale di Roma clicca qui