La ormai famigerata pubblicità con la quale McDonald’s, utilizzando (o strumentalizzando?) l’innocenza di un bambino, mette in comparazione (sul prezzo) e in competizione (sulla qualità) un suo prodotto con la pizza ha sconvolto ogni categoria. L’indignazione, merce sempre più a buon mercato specie in una società che vive con i ritmi dei social network, è stata pervasiva ed è andata ben oltre i soliti inarcasopracciglia di professione.
La trappola mediatica
Molti, se non tutti, sono cascati nella piccola trappola di comunicazione che McDonald’s ha teso per mezzo di quei geniacci dell’agenzia TBWA Italia. Nulla di peggio, per la multinazionale statunitense, se le polemiche non ci fossero state, se non ci fossero state alzate di scudi, se la cosa non avesse fatto parlare. Attaccando, rispondendo, imbastendo video satirici e contro-campagne di comunicazione non si è fatto altro, è del tutto evidente, che fare il gioco del presunto “avversario”. La campagna, insomma, è doppiamente riuscita e la reazione indignata (vale per le associazioni di pizzaioli come per i partiti politici) era esattamente parte di un successo annunciato tanto che chi se l’è presa in maniera mediaticamente così plateale, tra interrogazioni parlamentari e pernacchi, è sembrato giocare dalla stessa parte di McDonald’s. Una tempesta perfetta se si considera anche il delicato ruolo dell’azienda come sponsor dell’imminente Expo. Tempi e modi pubblicitariamente impeccabili per una vittoria totale di Mc sul piano comunicativo.
I contenuti della campagna
Ma proviamo ad andare oltre la comunicazione e a parlare di contenuti. La protesta, come abbiamo visto, si è rivelata particolarmente errata a livello strategico, ma era suffragata da contenuti? È vero che McDonald’s è brutta e cattiva e che le pizzerie sono il buono, il bello, il pulito, il giusto, il made in Italy? Sicuramente le pizzerie di qualità presenti nella nostra guida o rappresentate dalle migliori associazioni sì. Ma tutte le altre?
McDonald’s paga (magari poco) i propri dipendenti, che sono migliaia. E li dota di un contratto (il 72% è a tempo indeterminato) con malattia, ferie, contributi e tutto il resto. Quanti dipendenti, camerieri, collaboratori delle pizzerie hanno un regolare contratto? Quanti invece lavorano in nero? La percentuale di dipendenti irregolari è maggiore da McDonald’s o nelle pizzerie italiane? E la percentuale di fornitori autenticamente italiani? In Italia ci sono diverse decine di migliaia di pizzerie. Secondo alcune stime si parla di oltre 60mila esercizi tra pizzerie al tavolo e pizzerie al taglio. Sono tutti Gino Sorbillo? Propongono tutti una ricerca sugli ingredienti come Franco Pepe? E le catene, sono tutte sugli standard di Rossopomodoro? Oppure, magari, la schiacciante maggioranza di questi esercizi utilizza degli ingredienti (farina, olio) provenienti da chissà dove e, udite udite, perfino in taluni casi peggiori di quelli utilizzati da McDonald’s? Si parla di lesa maestà dell’italianità, ma di cosa parliamo quando parliamo di pizza italiana? Di un prodotto realizzato in Italia? O di un prodotto realizzato con materie prime italiane tracciabili e realmente certificate? Una pizzeria a taglio qualsiasi ha una qualità necessariamente superiore a quella di un Happy Meal? Chi è pronto a metterci le mani sul fuoco?
Chi è senza peccato…
E per quanto riguarda la fedeltà fiscale, basilare per la vita di qualsiasi stato? Mc Donald’s paga le tasse. Lo fa prendendosi tutti i vantaggi di una multinazionale, ma - salvo eccezioni, giustamente sanzionate - lo fa stando nelle leggi. Quale è la fedeltà fiscale media delle pizzerie? Quante battono regolarmente lo scontrino fiscale e quante ancora fanno il conto buttando giù a matita la classica somma aritmetica sulla tovaglietta?
E allora, nella miglior tradizione del chi è senza peccato scagli la prima pietra, le campagne pubblicitarie come queste dovrebbero e potrebbero essere vissute in maniera meno nevrastenica. Potrebbero magari addirittura essere utilizzate come spunto per guardare all’interno del proprio settore, cercare di renderlo inattaccabile, tentare di innalzarne non solo la qualità, non solo la correttezza, ma anche l’appeal per i più giovani. Ovviamente lungi da noi (pubblichiamo ogni anno una Guida delle Pizzerie d’Italia, e questo dovrebbe bastare a comprendere da che parte stiamo) prendere le difese dei fast food modello McDonald’s. Ma le reazioni dovrebbero essere misurate e soprattutto costruttive. Affinché la scena che si svolge nello spot risulti sempre meno credibile nei fatti e nella realtà.
a cura di Massimiliano Tonelli