Dai giardini pubblici di Borgorose - grazioso paesino in provincia di Rieti , a Roma, il passo era lungo e rischioso. Il mastro birraio Leonardo Di Vincenzo ha superato l’esame in pieno: la tre giorni per celebrare i nove anni di attività del birrificio è stata un successone, con una grande e festosa presenza di pubblico. Ciò a rimarcare la popolarità ormai acquisita da tutto il movimento della birra artigianale, capace di attrarre non più solo esperti ed appassionati birrofili, ma anche neofiti e curiosi dell’ultima ora.
La formula si basava sul concetto di street: street food, street art, street music e, ovviamente, tanta ottima birra. Partiamo con il cibo: sotto la supervisione di Gabriele Bonci, fritti, hamburger, porchetta, fave&pecorino, pizza a taglio e tanto altro ancora; poi spiedini alla brace firmati dalla Taberna di Palestrina; per chiudere il rinfrescante gelato di Otaleg firmato Marco Radicioni. Sotto la conduzione artistica di Roy Paci la proposta musicale, con diversi gruppi e divertenti bande itineranti. Poi mercatini, degustazioni guidate, piccoli seminari e laboratori artistici.
Sul fronte dell’offerta meramente brassicola c’era davvero l’imbarazzo della scelta: 120 spine tra grandi classici e nuove proposte. Difficile provarle tutte, ma tra i molti assaggi che abbiamo fatto in questi tre giorni, alcuni ci hanno particolarmente colpito. Partiamo con una menzione doverosa per la ReAle 9˚ Anniversario, realizzata per l’occasione da Birra del Borgo, ennesima variazione sul tema ReAle (pezzo forte della casa). Restando dalle parti di Borgorose vale certamente la pena nominare l’ultima versione dell’Etrusca, l’archeobirra, affinata in anfore di terracotta, acidula e con note mielate e minerali, unica nel suo genere.
Interessanti le due produzioni dell’inglese Wild Beer: la Solera, un blend di una saison giovane e una più vecchia di botte (che trae ispirazione, come dice chiaramente il nome, dal sistema di invecchiamento tipico dei vini fortificati), e la Somerset Wild, che ha come stile di riferimento una berliner weisse, entrambe giocate su toni acidi (la seconda di più), beverine e allo stesso tempo di una discreta complessità. Colpisce per l’intensità dei suoi aromi la Garden of Eden, India Pale Ale dei danesi di To Øl, un’esplosione di frutta tropicale (frutto della passione, mango, papaya…) ben bilanciata dall’amaro finale. Tornando sul territorio nazionale, molta buona la nuova saison del birrificio La Casa di Cura, la TAC, brassata in collaborazione con lo staff di Birra+ (noto locale romano), fresca e luppolata al punto giusto. Per finire la Saint Lamvinus di sua maestà Cantillon, lambic maturato per due anni in botti di rovere francese assieme a uve merlot e cabernet-franc provenienti da Bordeaux (da Pomerol e Saint Emilion per l’esattezza), ricca ed elegante come solo i maestri belgi sanno fare, una certezza per gli amanti del genere.
a cura di Luigi Abate
Foto:Â Marco Cenci