Se c'è un ristorante che mette d'accordo tutti, questo è l'Osteria Francescana. Tre Forchette, Tre Stelle, Terzo posto al Word's 50 Best Restaurants, sono la dimostrazione concreta di un percorso di crescita costante che ha coinvolto la cucina, la sala e il locale stesso, tanto da imporre anche all'estero il paradigma di una cucina italiana sapiente. Massimo Bottura è il collante che ha reso possibile tutto questo, insieme ovviamente ai suoi collaboratori storici; primi fra tutti Davide di Fabio in cucina e l'ormai famoso sommelier Giuseppe Palmieri, in sala. La forza di Bottura risiede soprattutto nell'essere non solo un grande chef, ma nel fare squadra e condividere i successi con i ragazzi, giovanissimi e provenienti da tutto il mondo, della sua brigata. Lo conferma Gabriele Cordaro, romano classe 1985, che abbiamo intervistato. Dopo il Corso Professione Cuoco delle Scuole di Gambero Rosso a Roma, ha mosso le sue prime basi in una vera cucina da Acquolina Hostaria come capo partita gardemanger e addetto alla panificazione, ha perfezionato la tecnica da Glass Hostaria occupandosi degli antipasti e dei secondi sempre come capo partita, per poi approdare nella brigata dell'Osteria Francescana.
Quante persone lavorano con Bottura? Come sei arrivato nella sua brigata?
Solo in cucina siamo in venti, contando il personale della sala arriviamo a trentacinque. Approdare all'Osteria Francescana è stato inaspettatamente semplice, ho scritto una mail a Massimo e dopo due giorni lui mi ha risposto!
Qual è il tuo ruolo in cucina?
Per ora sono commis di cucina, in pratica sono di supporto al capo partita e mi occupo degli antipasti. Anche se da quando sono qui ho coperto un po' tutti i ruoli, approcciandomi anche ai dolci.
Massimo Bottura è una presenza costante nei congressi di tutto il mondo, manca spesso dalla sua cucina?
A meno che non abbia eventi internazionali, è presente in cucina tutti i giorni, dà consigli e aiuta lì dove è necessario. Massimo è dinamico, un comunicatore eccellente, sprona con poche parole, insomma è un forte motivatore. Nel complesso siamo una bella brigata, giovani e molto uniti. A differenza di molte cucine, dove gli addetti agli antipasti una volta finito puliscono e se ne vanno, all'Osteria Francescana tutti aspettano la fine del servizio, qui si sta tutti assieme.
Prima lavoravi da Glass Hostaria, a Roma, come ti sei trovato con Cristina Bowerman, una delle poche (ahinoi) chef donne italiane e blasonate?
Cristina è bravissima e disponibile, è molto mamma con i ragazzi della brigata e la maggior parte di quello che so lo devo a lei e a Tim Lane, l'ex Sous Chef di Glass Hostaria.
Progetti futuri?
Sicuramente andrò all'estero ma quel che non è sicuro è dove, Massimo mi ha proposto di far parte della brigata che seguirà la Francescana a Istanbul ma sto anche provando a mettermi in contatto con il D.O.M di Alex Atala, mi piacerebbe anche andare in Francia da Alain Ducasse o in Inghilterra da Heston Blumenthal per applicarmi sulla cucina fusion internazionale. Insomma non ho le idee chiarissime ma la voglia di continuare a crescere professionalmente è tanta.
È stato utile il corso Professione Cuoco delle Scuole di Gambero Rosso?
Al Gambero mi sono trovato benissimo, ho appreso le basi utili per poi gestire al meglio i ritmi frenetici delle cucine reali, tanto che gli chef Davide Mazza e Antonello Migliore li sento ancora quando ho dei dubbi o bisogno di consigli.
A chi intraprende ora una scuola di cucina quali consigli daresti?
Di essere sempre umili: una volta usciti dalla scuola bisogna entrare in cucina in punta di piedi, senza pretese. Il consiglio principale è quello di impegnarsi, di volersi confrontare e studiare; studiare sempre anche quando si sta già lavorando perché la cucina è una disciplina in continua evoluzione.
Quale è stata l'esperienza che ti ha formato di più?
Tutte quante in maniera differente. Giulio Terrinoni di Acquolina Hostaria di Roma mi ha insegnato le basi, le tecniche e le metodologie di lavorazione, grazie a lui ho imparato a esaltare i sapori con pochi passaggi. Tim Lane e Cristina Bowerman mi hanno trasmesso la voglia di sperimentare perfezionandomi sempre, e anche i segreti del lavoro in partita. Invece Massimo mi ha letteralmente aperto la mente, è stato come frequentare un master di secondo livello, è un'esperienza che consiglio a tutti perché unisce un'atmosfera internazionale – qui è come vivere all'estero perché ci sono ragazzi provenienti da tutto il mondo e in cucina si parla inglese e un po' francese – con il privilegio di essere nel tuo paese, con le sue infinite materie prime.
Quali sono le cucine in cui vorresti andare a lavorare?
A Roma adoro Roy Caceres, in Italia mi piacciono molto Antonino Cannavacciuoloe Niko Romito.
a cura di Annalisa Zordan