Massimo D'Addezio apre a Roma Chorus Caffè. Cocktail bar con cucina by Andrea Fusco

23 Dic 2014, 13:00 | a cura di
Passato in poco tempo dal lussuoso ed esclusivo Stravinskij dell'Hotel De Russie che lui,Massimo D'Addezio, aveva contribuito a portare nell'olimpo dei cocktail bar romani, all'atmosfera intima e informale di Co.So. aperto appena un anno fa, ora il famoso barman è pronto per tirare le somme e ragionare su nuovi progetti.

Certo il Pigneto, anche nella parte in cui si è insediato lui, fuori dall'isola pedonale, è un microcosmo di varia umanità, teso tra il caos di nottambuli meno civilizzati, appassionati gourmet, radical chic, hipsters e molto altro. Come è stato questo primo anno per Massimo D'Addezio, passato dall'eleganza rarefatta dell'albergo di lusso a un passo da piazza del Popolo, alla movida del quartiere ce lo dice in poche parole: “è stato una trasloco non traumatico, ci siamo divertiti e, bene o male, pur andando un po' alla ventura, è andata bene”. La differenza maggiore? “Il fatto di trovarsi fuori da una grande struttura con tutti i pro e i contro che questo comporta. Siamo stati più liberi di portare dentro a Co.So le nostre idee e realizzare tutto quanto è uscito dalla testa mia e di Valerio Albrizio. E ha funzionato”. Il motivo, secondo D'Addezio, è da cercare nella situazione divertente e molto giocosa che si è creata.

Il 2014: L'ANNO DI CO.SO.

Come ha risposto il quartiere?
Posso dire molto bene: sia i suoi frequentatori abituali che hanno iniziato a venire a trovarci, sia altri clienti che si sono spostati da tutta Roma e anche da fuori per venire da noi, curiosi di quanto stava succedendo. Mi immaginavo di avere un posto franco. Ha vinto la strategia di mettersi in una zona nuova, in quella parte di quartiere meno frequentata e che, da quando siamo arrivati noi, si è arricchita di locali. A parte Necci, che già c'era, ci sono Spirito e Premiata Panineria, poi Na cosetta a via Giovenale, con lo chef del Fanfulla e il vecchio direttore di Necci, un locale proprio di fronte a Co.So, e parliamo di poche decine di metri. Il 97% dei clienti beve cocktail, anche se all'inizio avevamo circa 20 etichette di vino. Credo che siamo arrivati al posto giusto al momento giusto. Ora aspettiamo l'apertura della metro anche se non ci sarà il collegamento con San Giovanni.

Il Pigneto è un quartiere, per certi versi, difficile. Come gestite le derive deteriori della movida?
Diciamoci la verità, per ogni bar buono ce ne sono 10 inutili. Noi cerchiamo di far passare il concetto del bere consapevole. Preferiamo dire a un cliente di non prendere il terzo cocktail e tornare il giorno successivo. I clienti ci identificano come il cocktail bar dove bere un cocktail, ma bene. E spesso evitano quel cocktail in più, perché non vogliono esagerare.

Solo questo?
Dove siamo noi è la parte più calma, di là (verso l'isola pedonale) la situazione è satura per tanti motivi, ma ci vuole un niente per cambiare volto. Quando una zona si commercializza rischia di imbastardirsi, è un meccanismo naturale. Ci confrontiamo con gli altri gestori della zona, una sorta di comitato di quartiere dei locali, anche se ognuno è diverso: Necci è storia a sé e anche Spirito, che non dà su strada. Avere sempre una porta aperta è un'avventura, può entrare chiunque, anche chi ha già esagerato col bere. Come ci tuteliamo? Per esempio escludendo il guadagno facile dato dagli shottini a due euro, o con una politica dei prezzi attenta: ovvio che con drink, prodotti di bassa qualità e birra a basso costo le persone si ubriacano. È una vendita responsabile che tutela i clienti con ingredienti buoni, che ovviamente incidono sul costo del drink.

Da quando è nato Co.So ti abbiamo visto più spesso fuori dal locale. Come mai?
Vero: abbiamo fatto più cose da dentro Co.So. Il segreto è stato gestire il tempo in materia autonoma, senza organizzazioni complicate. Abbiamo fatto diverse uscite nei ristoranti vicini: Yakiniku, Primo, poi abbiamo partecipato a feste private e a eventi come per esempio Cooking for Art. Poi insegniamo miscelazione ai ragazzi dell'alberghiero Pellegrino Artusi che vengono a fare gli stage da noi. Ma Co.So rimane lì, cambiano i menu e inseriamo cose nuove. Poi io a livello individuale, curo anche altre cose come

IL 2015: ARRIVA CHORUS CAFFÈ

Arriviamo al dunque. C'è una nuova avventura in ballo. Vuoi parlarcene?
Sto lavorando all'apertura, per gennaio inoltrato, di un locale a San Pietro, più precisamente al mezzanino (ma sarebbe meglio chiamarlo mezzanone) dell'Auditorium Conciliazione. È lo spazio dove una volta faceva le prove il coro, anche usato un tempo dal Papa per ricevere le delegazioni straniere in tempo antico. Si chiamerà Chorus Caffè e vivrà di vita autonoma rispetto al teatro, aperto 6 giorni su 7, dall'aperitivo al dopo cena, con musica selezionata da una dj il giovedì e il venerdì. Vi si accede dalla porta a fianco della biglietteria, dove ci sono le scale per andare al piano nobile. L'obiettivo è trasformare l'Auditorium in un luogo di livello anche per il cibo e le bevande, un posto bello e arioso, con le vetrate alte 9 metri che affacciano su via della conciliazione, la luce ocra, gli spazi ampi in cui si gioca, come filo conduttore, con l'ottone, inteso sia come materiale, sia come richiamo alla musica.

Il tuo ruolo esattamente quale è?
Direttore sia della parte organizzativa che operativa: seguo il progetto del bancone e il disegno dei bar, scelgo i macchinari, seguo il back office, e poi curo la creazione di menu e standard operativi, con un periodo di gestione.

Che locale sarà?
L'idea è dare a Roma il suo salotto buono, torniamo dunque al livello Stravinskij: 250 metri quadrati, 100 sedute, una parte ristorante e una parte lounge, con un ambiente riservato ed elegante, firmato dalla interior designer Laura Rubino. L'ingresso riservato, e la collocazione al primo piano, riporta al concetto di una member's club di stampo anglosassone, un genere che a Roma non c'è e che invece oltremanica ha molto successo. Così, mentre da Co.So siamo su strada, e rispondiamo anche alla curiosità di chi ci vede da fuori, qui si crea una selezione, di cui io, in qualche modo, sono il garante.

Quale sarà la proposta?
Ci saranno miei cocktail miei e la cucina firmata da Andrea Fusco di Giuda Ballerino che è, diciamo così, il consulente per la parte della ristorazione. Un bar di respiro internazionale, non un ristorante con cocktail, ma un cocktail bar con cucina. Parlando di fascia di prezzo siamo sui 15 euro a drink e i 14 a piatto.

Ci saranno degli abbinamenti con il cibo?
No, sono drink che non possono essere abbinati con niente visto che si servono a zero gradi. Ma ci sarà anche una piccola carta dei vini: circa 30 referenze con 12 Tripla A. Vogliamo essere il più possibile accoglienti e a servizio del cliente, pur mantenendo un'impronta chiara. Il menu dei cocktail è di circa 14 proposte, con indicazioni sulle sensazioni e il momento più adatto per gustarlo. Perché i cocktail devono essere capiti, nella modalità di fruizione e di servizio, a partire dal bicchiere giusto.

Vi occuperete anche del foyer?
Al piano terra c'è il bar all'italiana, ce ne occuperemo nei prossimi mesi. Ci sarà un corner Ferrari per le bollicine italiane e stiamo pensando anche a coinvolgere dei nomi noti della scena gastronomica romana. Ma è ancora tutto da vedere.

Chorus Caffè | Roma | via della Conciliazione, 4 | da fine gennaio

a cura di Antonella De Santis

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