Londra, dal 2008 a oggi è diventata capitale gastronomica

18 Apr 2018, 13:00 | a cura di

Dalla Brexit indietro fino al 2008, l'anno della crisi. Come è riuscita Londra a diventare capitale gastronomica del mondo? Lo raccontiamo nel numero di aprile del mensile del Gambero Rosso, in questi giorni in edicola. Qui un'anticipazione.

 

Con oltre 10 milioni di abitanti e 40.000 punti di ristorazione, Londra è una città che non riesce a fermarsi. Proiettata da un’economia possente e da un gruppo di cuochi, ristoratori e imprenditori, la città ha trovato una propria identità gastronomica frenetica da cui il mondo trae ispirazione. Un'identità che si è consolidata e non indebolita in anni complessi, compresi tra la grande crisi finanziaria del 2008 e le incertezze causate dalla Brexit.

L'evoluzione di Londra

Guardando la mappa una domanda aleggia: quanto è grande questa città? L’evoluzione che ha avuto la ristorazione a Londra negli ultimi anni è legata alla sua espansione urbanistica, un progetto che non si è mai fermato. Quando pensi di averla capita, ecco che è già cambiata, quartieri una volta considerati periferia, come Hackney o Peckham, sono oggi le zone più in espansione.

Tante città vengono considerate “capitali mondiali” della gastronomia, ognuna per un motivo diverso e attraverso un suo proprio modello: Hong Kong per il suo street food; Parigi per i suoi stellati e i neo bistrot; New York per i suoi ristoranti creati da gruppi d’investimento milionari e Tokyo per gli izakaya e sushi bar immutati nel tempo. Londra ha un po’ di tutto questo messo assieme e ancora di più, negli anni è diventata la destinazione per tanti cuochi e la culla di parecchi nuovi ristoranti. Una tendenza che però è cominciata comunque recentemente e che si è intensificata nell'ultimo decennio topico, stretto tra la crisi finanziaria di Lehman Brothers e la Brexit. Benché debba molto della sua fortuna economica alla finanza, la Londra della ristorazione non ha subito le conseguenze della crisi post-2008, semmai ha colto l'occasione per ripensarsi e ri-costruirsi una nuova identità che arriva fino a oggi, ai mesi complicati in cui la Brexit ridefinisce il ruolo continentale della metropoli.

Dettagli di Rochelle Canteen a LondraDettagli di Rochelle Canteen 

Nuova cucina inglese e gastropub

Non tutto naturalmente è partito dieci anni fa, beninteso. Sebbene i concetti di “ristorazione” e di “Londra” siano considerabili insieme solo in epoca assai recente, i semi erano stati gettati comunque un po' prima. A rendere consapevole Londra dei propri mezzi furono già ad esempio nell’ottobre del 1994 Fergus Henderson, Trevor Gulliver e Jon Spiteri con l’apertura del St. John, davanti al mercato della carne di Smithfield. Un magazzino adibito a ristorante in cui c’era tutta l’essenza di Londra: dalle ales alla spina, ai piatti tipici, come la pork pie o la beccaccia arrosto. La rinascita della cucina inglese tradizionale andò di pari passo con un’altra tendenza, quella dei gastropub, che dall’inizio degli anni ‘90 ridisegnarono lo spazio dei pub, rendendoli ristoranti. Una ristorazione intermedia che a Londra non esisteva. È da qui che non si torna più indietro. Londra non era più solo una città con ristoranti importanti, come Le Gavroche della famiglia Roux, o La Tante Claire di Pierre Koffmann (chiuso nel 2004) ma una città in cui era nato un modo di mangiare non replicabile.

L’idea di ristorazione perpetrata da Fergus Henderson insieme alla moglie Margot è diventata per i cuochi di Londra un motivo d’orgoglio, l’intento di ricreare l’atmosfera di un pub dentro a un ristorante non era follia, ma il sale necessario perché la gastronomia inglese utilizzasse il potenziale di raccogliere le sue diversità per trasformarle in energie.

Margot e Fergus Henderson hanno il grande merito di aver semplificato il senso gustativo ed estetico di una cucina decadente. Negli anni, i loro Rochelle Canteen e St. John Bread & Wine sono diventati il punto di riferimento per clienti e cuochi curiosi di scoprire l’essenza del “Nose to tail eating” (dal grugno alla coda), non solo nei princìpi di cucina, ma anche di servizio.

Il prodotto come alta cucina

Un po' di geopolitica della ristorazione londinese. Se a East London un primo movimento gastronomico ha glorificato la cucina povera, a ovest, un gruppo di cuochi ha invece ridefinito l’alta cucina. Un progresso lento, che ha dovuto fare i conti con la cucina francese e le consulenze di grandi chef mondiali. Brett Graham ha aperto The Ledbury nel 2005, quando aveva solo 25 anni, nell’allora popolare quartiere di Notting Hill. Da subito un ristorante importante, dove Brett ha sostituito foie gras e aragoste con brassicacee, solanacee e pescato del mare inglese, nella creazione quasi inedita di un ristorante gastronomico forse possibile solo a Londra.

In tutt’altro contesto, un anno prima, nel 2004 una cuoca di estrema sensibilità e tocco per il vegetale, Skye Gyngell, ha aperto un ristorante nella serra Vittoriana delle Petersham Nurseries, un vivaio nel quartiere di Richmond. Un ristorante lontano dal centro di Londra, non solo fisicamente ma anche per le idee, che adattava la sua cucina ai colori delle stagioni inglesi, mettendola in un contesto rurale. Dopo aver ottenuto la stella nel 2011, Skye lasciò il ristorante per portare la sua cucina in centro città; nel novembre 2014 apre all’interno della Somerset House. Spring è fornito quasi interamente dalla fattoria biodinamica di Fern Verrow, nell’Herefordshire, e da un anno a questa parte, è anche possibile cenare con uno “scratch menu” di 3 piatti a soli 20 pound, in cui sono servite le parti meno belle, ma ugualmente buone, delle materie prime.

Fra i cuochi che celebrano il Regno Unito attraverso i suoi prodotti, Mickael Jonsson è il più eclettico. Un avvocato svedese con una passione infinita per l’alta cucina e gli ingredienti, che ha deciso di lasciare la sua professione per aprire un ristorante nel quartiere di Chiswick nel 2011, Hedone. E siamo in piena crisi finanziaria. Desiderosa di imparare e scoprire lati prima sconosciuti dell’alta cucina, Londra non ha impiegato tanto a celebrare il lavoro di un cuoco di grande gusto e tecnica, ma anche con un temperamento proprio a un avvocato svedese di mezza età. Hedone è oggi il ristorante dove mangiare i migliori prodotti della città.

Skye GyngellSkye Gyngell, cuoca e proprietaria di Spring

Live fast, die east

La rinascita gastronomica londinese, nella modulazione e declinazione dei suoi vari modelli, nasce però durante il mitico biennio 2009 - 2010. Due anni strani, in cui il fermento di East London per l’arrivo dei giochi olimpici ha coinciso con l’esplosione del talento di numerosi chef che, dopo essersi messi in mostra nelle cucine in cui lavoravano, hanno saputo mettersi in luce con dei ristoranti pop up.

Ancora ventenni, James Lowe e Isaac McHale lasciarono le cucine del St. John Bread & Wine e del Ledbury per creare il collettivo degli Young Turks e rinnovare la cucina inglese tradizionale alleggerendo, rinfrescando e ingolosendo i piatti.
Isaac e James aprirono un pop up rimasto impresso nella memoria di tanti, al primo piano del pub Ten Bells di Shoreditch. È con l’Upstairs Ten Bellsche i due cuochi espressero tutto il potenziale, trovando degli imprenditori che gli dessero fiducia. Chiuso il pop up ad aprile 2012, l'Upstairs riaprì in forma stabile nel giugno dello stesso anno, e nel collettivo entrarono a far parte , tra gli altri, Johnny Smith e Giorgio Ravelli.

Jyiotin Sethi, cuoco imprenditore a capo del gruppo di ristoranti JKS, decise di puntare su James per l’apertura, nel 2014, di uno dei suoi ristoranti, Lyle’s. Un ristorante emblematico a Londra per tanti aspetti: i volumi da loft, i tanti piatti serviti per essere condivisi, una carta dei vini con ampio spazio dato a piccoli produttori biodinamici. Ecco che la nuova cucina londinese si andava conformando. Isaac invece aprì il Clove Club nel 2013, insieme ai due amici Daniel Willis e Johnny Smith. Un ristorante dall’atmosfera elegante, in cui, ancora una volta, viene servita una cucina inglese dalla fibra rinnovata: il brodo della cacciagione da piuma viene servito in un bicchiere di vino con un goccio di Madeira del 1906...

Se in quegli anni James e Isaac erano cuochi in divenire, il personaggio sulla bocca di tutti era Nuno Mendes, cuoco portoghese con un passato da cantante punk rock. Dopo aver lasciato le cucine del Bacchus, gastropub in cui lavorava (oggi chiuso), aprì nel 2010 un ristorante dentro il Town Hall Hotel di Bethnal Green, molto a East e relativamente vicino alla allora riqualificanda area olimpica di Stratford, il Viajante, mettendo insieme una brigata talentuosa, fatta da tanti cuochi che hanno aiutato a cambiare la ristorazione londinese. Ma soprattutto, per circa 2 anni, Nuno aprì le porte di casa sua a cuochi emergenti di tutto il mondo, in una serie di cene eventi chiamato Loft Project. Da lui sono passati anche Magnus Nilsson del Faviken Magasinet, in Svezia, e Matias Perdomo oggi in grande spolvero al Contraste di Milano.

Nonostante la chiusura del Viajante nel 2014 (il crowfounding per riaprirlo non è andato a buon fine), Nuno ha continuato a lavorare su diversi progetti, sia con l’apertura del Taberna do Mercado nel mercato di Spitalfield sia con il suo ruolo di al lussuoso ristorante Chiltern Firehouse. Sempre alta l'attenzione per lo street food da parte dello chef lusitano: ad esempio col recente progetto del Mare Street Market a Hackney ma anche, proprio nel mercato di Spitalfield che ospita la Taberna, col suo contribuito a rinnovare la struttura assieme all'architetto Norman Foster. Sono lui e il suo team oggi a curare la selezione di venditori e bancarelle gastronomiche, ridando vigore a una parte della città che aveva perso parte del suo fascino. Non solo, il suo nuovo ristorante, un luogo che riprende i concetti di ristorazione esplorati con il suo Loft Project, ha aperto a inizio aprile sotto il nome di Mãos.

 

a cura di Tokyo Cervigni

foto di Arianna Lago

 

QUESTO È NULLA...

Nel numero di aprile del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate il racconto completo con le ultimissime tendenze, dal nuovo etnico alla riscoperta del ristorante di quartiere. Un servizio di 13 pagine che comprende anche gli indirizzi da non perdere e la mappa per localizzarli, le 11 letture consigliate per conoscere meglio la ristorazione inglese degli ultimi dieci anni e i racconti di 5 professionisti italiani che a Londra ci vivono da tempo.

Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store

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