Assaporare il mondo
Comincia con il racconto dell'incidente aereo in cui fu coinvolto nel 1984 (e di cui fu l'unico sopravvissuto), Alain Ducasse. Un incidente che lo ha segnato profondamente nella vita, nei rapporti umani e in cucina: “Dal momento che sono ancora in questo mondo”, scrive lo chef francese, “il minimo che possa fare è impiegare in qualche modo il tempo supplementare che mi è stato concesso. È l’orgoglio tipico dei sopravvissuti? Sento dire a volte che sono un megalomane divorato dall’ambizione. Preferisco pensare di essere intransigente. Ma lo sono tanto con gli altri quanto con me stesso. Detesto l’approssimazione, in cucina come nei rapporti umani. La vita è troppo breve per accontentarsi del tiepido e dell’insipido. Voglio assaporare l’esistenza con tutto il mio essere, così come voglio far assaporare il mondo agli altri, fino magari a scuotere le loro certezze e a spalancare le loro percezioni sensoriali”. Parte così il primo capitolo intitolato, non a caso, “Assaporare il mondo”, dove Ducasse prende in esame la rivoluzione del gusto e l'importanza vitale del mangiare bene e sano, a prescindere dalle disponibilità economiche (si può mangiare bene senza spendere necessariamente tanto). Una riflessione che continua ed evolve lungo i sette densi capitoli.
I capitoli successivi e la gastronomia umanista
Nei capitoli successivi – dove non mancano le note autobiografiche, come quando comunicò alla mamma di voler diventare chef, e il doveroso focus sulla cucina francese, di cui Ducasse è uno dei massimi esponenti - il fil rouge è ben chiaro: dimostrare al lettore quanto la gastronomia sia anche un’arma politica e civica importante. Attraverso la gastronomia, infatti, si possono valorizzare le identità culinarie locali in tutto il mondo - “Almeno una volta l’anno faccio un giro del mondo alla scoperta di sapori nuovi da coniugare per creare nuove condivisioni” - si possono tessere legami tra culture differenti e si possono educare le persone, anche responsabilizzandole: “Mangiare è sì un’attività quotidiana per vivere e sopravvivere”, scrive nel secondo capitolo, “ma è anche un atto sociale e un comportamento civico, di cui abbiamo sempre più smarrito il senso, le sensazioni e le implicazioni. Riprendere il controllo della propria vita e condividere la consapevolezza delle funzioni sanitarie, culturali, economiche, ambientali e sociali è una necessità e una responsabilità vitale per ogni individuo”. Parole provocatorie che fanno il paio con la polemica contro la società dei consumi che “ci trascina a un’accumulazione quantitativa” e che (di)mostrano come il nuovo obiettivo, a questo punto, sia mangiare meno e meglio. È il diktat di quella che nel libro viene chiamata gastronomia umanista, capace di contrapporre ai nuovi volti assunti dalla violenza, dall’inciviltà e dalla barbarie, la prospettiva di una civiltà dell’empatia: “La tavola è grande abbastanza per farvi partecipare al banchetto. Venite”.
Mangiare è un atto civico - Alain Ducasse e Christian Regouby – Passaggi Einaudi – pp. 152 – 16,00 €
a cura di Annalisa Zordan