Libri. L'Italia nascosta. Alla scoperta degli angoli segreti del nostro Paese con Osvaldo Bevilacqua.

20 Giu 2016, 13:30 | a cura di

La più longeva trasmissione al mondo con la stessa conduzione. E quella che ha contribuito a far conoscere l'Italia agli italiani. Con Sereno Variabile Osvaldo Bevilacqua visita da quasi 40 anni il nostro paese. E ora racconta gli angoli più segreti in un libro.

17 milioni di chilometri (di cui 3 e mezzo in Italia): come andare sulla luna 42 volte e fare 421 volte il giro del mondo. Questa la strada percorsa in quasi 40 anni da Osvaldo Bevilacqua con Sereno Variabile. “La trasmissione più longeva al mondo con la stessa conduzione” dice con orgoglio. A novembre, con la nuova stagione, nel suo 39esimo anno di vita, una longevità da Guinness dei Primati. Anni che hanno visto passare generazioni, cambiare abitudini e stili di vita, avvicendarsi 7 presidenti, 5 Papi e un paio di Repubbliche. Anni trasformati radicalmente dall'avvento di “Infernet”e dei viaggi alla portata di tutti. Per Bevilacqua anni di aneddoti, scoperte, racconti e assaggi, che hanno contribuito alla formazione della consapevolezza degli italiani sul ruolo del cibo nella vita delle persone: “perché fa parte dell'apparato sociale e storico del nostro Paese”. Oltre che essere uno dei grandi punti di forza del nostro Paese.

 

La cultura del cibo

La gastronomia è diventata una delle motivazioni più forti per i viaggi e il turismo” dice “più dell'arte e della cultura”. Anche se forse non occorre fare una divisione, quanto considerare l'una come parte delle altre. “Perché l'enogastronomia in Italia nasce da una grande storia e da una grande cultura”. Non solo una questione meramente alimentare, ma qualcosa che “per come viene percepito, diventa una motivazione di viaggio”. Una carta vincente per il nostro Paese soprattutto se coniugata al resto, arte e tesori naturali, ancora più duratura della moda o delle terme che, pur godendo di grande fortuna, subiscono i capricci dei momenti. Fare leva sull'appuntamento quotidiano sul cibo, sul suo valore emotivo, culturale, sulla fascinazione dei grandi chef o dell'agroalimentare con il suo legame con i territori è la carta vincente perché tocca tutti, anche se in modi diversi, almeno una volta al giorno. E questo Osvaldo Bevilacqua lo ha potuto verificare in anni di viaggi dentro e fuori l'Italia. Ma, lamenta, “c'è una cultura con la C maiuscola che in Italia non è agevolata né seguita: perché nelle scuole non si parla di vino? Perché non si forma una coscienza sulla nutrizione sin da piccoli? Perché gastronomia, vino e alimentazione non fanno parte di programmi scolastici?”.

 

Il libro

Punta al cibo come grimaldello per arrivare alla salute delle persone e della società, il cibo per tutti e di tutti, non una nicchia della nicchia, non quello del business e dell'originalità a tutti i costi, ma quello sano, ben fatto, vero. Quello che in anni di trasmissione ha fatto conoscere agli spettatori. Ha portato l'Italia nelle case degli italiani, e continua a farlo, ora anche del suo ultimo volume: L'Italia nascostache, come dichiara sin dalla copertina, accende un faro su alcune perle segrete. Angoli invisibili ai più o città arcinote viste con uno sguardo nuovo, seguendo un diario di viaggio che suggerisce un percorso personale. 20 capitoli, uno per regione, definiscono una mappa umana, storica, golosa e sociale di un'Italia ancora sospesa tra passato e presente. Fatta di tradizioni vive e vigili sguardi al futuro. Ci sono i monti Dauni, sconosciuti persino ai pugliesi: uno spettacolo incredibile che custodisce una storia bellissima: quella del forno di Orsara in cui si fa il pane come si faceva nel '500, solo con la paglia, “con questi incredibili pani grandi come e ruote di autocarro”. Ci sono i masi dell'Alto Adige con lo speck e la vita dura di montagna e le piante medicinali. O Volterra con il suo centro medievale e le Cene Galeotte nel carcere.

 

Cuochi, chef e superstar

Un viaggio nell'Italia delle grandi città, ma soprattutto dei piccoli centri con un occhio sempre ben aperto sul cibo e sulle persone del cibo. Quelle che si impegnano nei ristoranti e quelli che lavorano per dare un prodotto bio (ma poi “quante riserve ho sul biologico: bisogna fare attenzione e capire se lo è davvero” dice) quelli che fanno uno sforzo creativo “ma se non hanno cultura non vanno da nessuna parte”, quelli che parlano di salute “ma attenzione: gli chef ora sono superstar e si atteggiano a nutrizionisti, parlano come dietologi ma non lo sono quasi mai” a ognuno il suo lavoro: “non accetto consigli medici da chi medico non è”. Perché in questi quasi 40 anni di cuochi Bevilacqua ne ha incontrati tanti e si è divertito ad appuntare loro sulla giacca “medaglie virtuali di Sereno Variabile”, a premiare chi lavora con umiltà, perché ogni lavoro creativo deve avere un percorso di conoscenza. Va bene la ricerca, ma come frutto di studio e all'interno di un discorso che considera territorio, prodotti e produttori. Non come quella volta che “arrivati a Palermo entriamo nell'unico posto aperto e ci rendiamo conto che non c'era tonno o pesce spada, ma solo salmone, per rispondere alle richieste dei turisti”. Dalla parte dei cuochi, ma sempre attento che nessuno approfitti dell'improvvisa visibilità per vantaggi personali, per ego o manie di grandezza. “senza chiacchiere inutili e senza imbrogli”.

 

La formazione

Come è cambiato il panorama della ristorazione e dell'agroalimentare in 40 anni? “C'è più formazione, prima non si sapeva proprio cosa fosse” dice senza esitazioni: ”gli insegnanti sono più bravi e meno improvvisati oggi. Sono contento quando vedo in un piccolo centro un istituto alberghiero. Perché lì si parla di tutti i settori merceologici”. Le cose sono cambiate “anche perché consumatori e turisti sono più esigenti, è richiesta una maggiore professionalità”. E c'è in ogni aspetto: “i giovani del settore agricolo sono più preparati, gli osti più intelligenti, ci sono più idee imprenditoriali”. E porta a esempio la famiglia di agricoltori di Margherita di Savoia, che ha creato un sistema che include bottega di frutta e verdura, vendita di prodotti tipici e ristorante, tutto a partire dall'attività agricola. E tutta la famiglia è coinvolta, “ognuno ha il suo ruolo senza stonature”. È ottimista Bevilacqua: “vedo sempre più gente che si inventa un lavoro dove non c'era, a partire da una propria professionalità, con paura e determinazione: sono loro che tengono alta l'enogastronomia in Italia”, come i superavvocato che dopo 7 anni a New York ha deciso di rientrare nella sua terra per produrre formaggi straordinari, portando con sé l'esperienza e la cultura, ma valorizzando il prodotto tradizionale e le capre da cui deriva. O la famiglia che a Montefiascone alleva bufale e in pochi anni è passata a 30 a 300 animali. O ancora Rino Chiari che con sua moglie, sulle colline bolognesi, ha fatto nascere Sua Maestà il Nero, un parmigiano reggiano come si faceva 2 secoli fa. Poi c'è la filiera, che quando è giusta fa girare l'economia: “produco un tot e il ristorante della zona lo lavora: così c'è una carta d'identità in regola”. Dà vita a un sistema sano in cui anche i consumatori acquisiscono consapevolezza, che è sempre più diffusa sul prodotto. “La gente ha voglia di autenticità, e nel turismo questo si sente molto: meno mondanità e più scoperta del territorio e delle cose vere e semplici”.

 

Gli angoli nascosti e il ruolo del giornalismo

Quando mi chiedono se conosco l'Italia rispondo di no, bisognerebbe nascere tante volte”. Ogni settimana visita una decina di posti e ogni volta scopre cose nuove. Da quasi 40 anni. “Abbiamo un patrimonio straordinario” dice. E il compito del giornalista è farlo scoprire. Mettere in evidenza le cose valide, informarsi per conoscere le chi lavora seriamente, non fregare il pubblico. È mai successo di vedere qualcosa che non la convinceva? “Sì, e sono passato oltre vedendo attività che non mi sembravano buone, marmellate fatte in casa in cui le etichette non rispettano i termini di legge, prodotti artigianali che di artigianale non avevano nulla, altri che non avevano le materie prime giuste: si alzano i tacchi e si cambia strada velocemente”. Non solo: “abbiamo chiamato medici o chimici per spiegare come leggere le etichette. È anche capitato di chiamare la Camera di Commercio o i Carabinieri per essere sicuro, quando un posto non mi convinceva. Poi” aggiunge “il pubblico lo capisce da solo”. Ha funzionato? “39 anni senza problemi: evidentemente siamo stati corretti”.

 

La tv e i mezzi di comunicazione

Quando sono partiti loro non esistevano tutti questi programmi sulla cucina, ora invece si inseguono uno dopo l'altro “si affannano a ricorrere le mode e a fare gli stessi programmi perché dicono che è quel che vuole la gente, ma la gente vuole quel che la tv e gli altri media gli hanno dato” spiega. “Abbiamo sempre avuto un'altra linea: non volevamo dare ricette, ma fare cultura del prodotto, dire quel che c'è dietro a un piatto o a un alimento e magari dare anche indicazioni sulle ricette, come quando Vissani iniziava a diventare importate. Ma erano decenni fa”. Adesso però è diverso: ci sono programmi specializzati. “Tutti insieme fanno del bene. Ognuno si specializza su qualcosa ma” dice “l'importante che alla base ci sia della cultura che faccia capire davvero al pubblico, anche fosse come fare bella figura quando hanno ospiti a cena o come scegliere un vino o un prodotto. Bisogna fare informazione e fare cultura. Le notizie vere escono, pensate alle inchieste di Report”.

 

L'Italianascosta |Osvaldo Bevilacqua | Eri Rai | pagg.326 |18 euro

 

a cura di Antonella De Santis

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