L'autore
A narrare la storia di questo pane storico finito nellʼoblio, Luigi Rinaldi, maestro della scuola elementare di Vicovaro e figlio di fornaia. “Innamorato del pane e dei suoi molteplici significati, ho deciso di svolgere una ricerca che dura ormai da qualche anno, incontrando persone anziane o meno che, a vario titolo, hanno contribuito con la loro attività a far conoscere questo meraviglioso alimento, fatto da mani semplici e allo stesso tempo sapienti, portavoci di una cultura secolare tramandata da generazione in generazione”. Luigi ha così deciso di mettere su carta il patrimonio orale della storia del pane di Vicovaro. Un prodotto che fino agli anni ʼ70 era uno dei grandi pani del Lazio.“Poi, però, è scomparso dallʼorizzonte alimentare ma soprattutto è mancato allʼeconomia, alla cultura e alle colture di tutto il quadrante a est di Roma”. Sul finire del ʻ900, intorno ai diciannove forni attivi che producevano oltre duemila pagnotte al giorno, ruotava qualcosa come il 30% delle popolazione di Vicovaro. A mezzo secolo di distanza restano solamente i ricordi di Luigi come base per rimettere al centro dellʼattenzione questo alimento a trecentosessanta gradi.
Farine, cereali e speranze
“Il territorio della Valle dell'Aniene, strutturalmente vocato ad una marginale agricoltura collinare e di montagna, dagli anni '50 ha visto tale marginalità ridotta pressoché all'inconsistenza”. Ci spiega il curatore Antonio Menconi profondo conoscitore della cultura agroalimentare e della panificazione.È accaduto in tutta Italia, in Europa, nel mondo: l'agricoltura locale fatta di piccoli appezzamenti, borghi e comunità locali, di artigianato e agricoltura di prossimità ha inevitabilmente ceduto il passo all'urbanizzazione. “Nella Valle dell'Aniene farro, orzo, segale e grano duro hanno sostenuto materialmente e culturalmente intere generazioni: colture abbarbicate su campetti sottratti con caparbietà a sassi e neve (e animali concorrenti), sono state la vera ricchezza di popolazioni che hanno avuto un saggio rapporto col territorio. Il pane di Vicovaro, condivide con buona parte dei pani dell'Appennino Centrale - dal "pane cafone" campano a quello "acido" abruzzese - soprattutto una storia fatta di coltivazioni su piccoli appezzamenti e moliture locali in impianti spesso mossi da canalizzazioni di ruscelli. Poi i vari pani della "dorsale appenninica" hanno diverse declinazioni produttive, anche se a volte difficilmente distinguibili: sono tutti figli di quell'agricoltura, di quell'artigianato, di lievitazioni acide, della povertà”.
La finalità del libro
Purtroppo attualmente nel bacino dell'Aniene operano pochi molini direttamente connessi all'agricoltura locale: l'obiettivo del libro ma soprattutto del progetto - sostenuto da Arsial (società per lo sviluppo e lʼinnovazione dellʼagricoltura della Regione Lazio) col contributo di Assopanificatori Roma, Pani Tradizionali e Slow Food Lazio - è riportare i giovani a investire speranze in questo settore. Un libro non fine a stesso, dunque, ma nato con l'obiettivo di recuperare l'intera filiera produttiva che un tempo animava Vicovaro e la Valle dell'Aniene a partire dal recupero di un vecchio forno. “Il libro è un primo strumento per coinvolgere la popolazione locale, in particolare i giovani, sul considerare le attività agricole e artigianali come nobili, nobilitanti, economicamente soddisfacenti e redditizie. Crediamo che il pane visto come "distretto", possa fornire grandi pani ma soprattutto energie e ricchezza a un territorio molto depresso. Partendo dal prossimo recupero di un primo forno storico a legna, vogliamo tracciare un solco come modello, anche dal punto di vista commerciale: il pane di Vicovaro, che abbiamo definito "Vicovaro Storico", deve tornare nelle vicine piazze di Roma e Tivoli (naturali bacini d'utenza) proponendosi come il "pane di casa", vale a dire un cibo prodotto con criteri etici familiari: sensato rapporto con la terra e oculata gestione di farina e lieviti (a pasta acida)”.
Il libro che verrà presentato il 3 febbraio 2018 a Vicovaro, può essere richiesto sul sito www.panevicovaro.it
a cura di Annalisa Zordan