La storia di Tè e Teiere. Intervista ad Alessandra Celi

8 Apr 2014, 16:15 | a cura di
Passa dall'altra parte di Corso Vittorio, a Roma, il concept store di Alessandra Celi tutto dedicato alla cultura del tè che ospita anche una bottega, uno spazio per i corsi e uno per le degustazioni. E la tradizione cinesedel Gong Fu Cha. Ve lo raccontiamo a poche ore dall'apertura.

A poche ore dall'inaugurazione della nuova sede di Tè e Teiere incontriamo Alessandra Celi, che di questo spazio è l'artefice. Una creatura nuova di zecca che nasce sulle ceneri del locale omonimo a dall'altra parte di Corso Vittorio, nel cuore della Capitale. Qualche centinaia di metri di distanza e una nuova prospettiva. Sono passati 9 anni da quando Alessandra entra a lavorare da Tè e Teiere: era il 2005 e lei, alle spalle studi di tecniche erboristiche alla facoltà di Farmacia, esperienze nel settore dell'erboristeria e dell'informazione farmaceutica, continua ad approfondire lo studio di alcune piante, tra cui il tè. Decide che quella è la sua strada e approda a via del Pellegrino. Prima come dipendente poi, qualche anno dopo, come proprietaria del negozio. “Ma quello spazio non lo sentivo mio, anche se lo era a tutti gli effetti” dice. Insomma fatta la gavetta, maturata l'esperienza con il pubblico, mette a fuoco esigenze e desideri. Così, dopo aver introdotto il tè nella cultura dei romani, vuole andare oltre, far vedere “come si beve, far fare l'esperienza completa. Prima c'era tanta teoria ma poca pratica”. Vuole che non sia solo un negozio ma un luogo di ritrovo per appassionati e neofiti, una cosa che a Roma non c'è.
Così insieme alla sorella Tiziana, che l'affianca dal 2009, progetta il nuovo negozio, questa volta tagliato sulle sue esigenze. Per esempio il tè viene prima di tutto, anche in senso letterale. Mentre prima all'inizio del negozio c'era l'oggettistica e solo alla fine si trovavano gli infusi, nel nuovo spazio è l'opposto. La prima cosa che si incontra entrando sono i barattoli con 150 tipi di tè provenienti da Cina, Taiwan, Giappone, India, Ceylon, Sudafrica. E poi il bancone lungo 7 metri con, alla fine, un angolo degustazione fisso, dove è possibile assaggiare grandi tè pregiati, gratuitamente. “Voglio che ognuno venga accolto da una tazza di tè e possa fare, se vuole, l'esperienza del Gong Fu Cha, il metodo di preparazione cinese usato anche per la cerimonia”. Non solo: “Voglio che ognuno possa, almeno una volta nella vita, bere un grande tè” e scoprire la differenza, aggiungiamo noi. Che ha un suo peso in termini economici: i prezzi vanno dai 9 euro l'etto del tè verde Yunnan Lin Cang Cina ai 56€ per 30g di matcha Giappone.

Solo nella seconda parte c'è la libreria con testi in italiano, francese e inglese, la bottega congli shortbread, le marmellate francesi o quelle di frutti antichi di Casa Barone, il cioccolato o lo zenzero candito artigianale: piccoli bocconi per esaltare il tè, che fa provare nelle degustazioni. Poi c'è l'esposizione di oggetti e porcellane, anche questa frutto di una ricerca continua “vado spesso all'estero per conoscere artigiani, piccoli produttori e artisti della ceramica, sempre nuovi: se un marchio si diffonde a Roma, ne cerco degli altri nuovi, anche se” continua “ovviamente qualcuno rimane”. Un marchio di cui è particolarmente orgogliosa? “Wegwood: non è artigianale, ma è la fabbrica più antica di Europa ed è la porcellana inglese per antonomasia. Ci sono stata dietro due anni per riuscire ad averli e ora saranno loro a creare per me la vetrina per l'inaugurazione, sarà molto teatrale”. Gli appassionati, del resto, conoscono bene il valore dei contenitori e dei materiali in cui servire il tè “è importante che la porcellana sia finissima”. Nella seconda parte del negozio trova spazio anche un tavolo per presentazioni di libri (quest'anno ben quattro in italiano, un record!), corsi e approfondimenti tematici: botanica, storia, economia del tè, metodi di coltivazione, raccolta, lavorazione, fino alla preparazione a casa e agli abbinamenti con il cibo; e poi i grandi verdi cinesi e giapponesi. Saranno appuntamenti frequenti, con una parte teorica e una di degustazione di 6-7 tè, tutti di grandissima qualità.

Roma però continua a essere ancora indietro sull'argomento: sono ancora pochi i ristoranti che propongono, accanto alla carta dei vini, anche quella dei tè, che permetterebbe un percorso di abbinamento molto vicino al classico wine pairing. Qualcuno usa il tè come ingrediente, per esempio Cristina Bowerman di Glass Hostaria e Andrea De Bellis nella pasticceria omonima. Ben diverso il panorama di Parigi dove non è raro che chef e maestri del tè facciano un percorso comune: “recentemente ho partecipato a una conferenza di Alain Ducasse che parlava proprio della sua collaborazione suo maestro cinese del tè per la preparazione dei piatti”. Parigi, che a volte ci sembra inarrivabile, è un punto di riferimento per Alessandra dove, dice “cerco di andare almeno un paio di volte l'anno, per cercare gli oggetti e per approfondire alcune cose con Lyne,la mia maestra del tè, cinese di Shanghai”.
Alessandra continua a studiare, non è semplice perché in Italia ci sono pochi testi e pochi insegnanti, i maestri dell'estremo oriente spesso non parlano inglese, “mentre i corsi in Cina, che è la regione che mi interessa di più, sono solo universitari, quindi al momento impraticabili, ci sono alcune conferenze aperte a tutti, ma non posso certo volare a Taiwan per ascoltare una sola lezione”.
Perché tanta passione per la Cina? “È una regione che ha una varietà incredibile” dice. “Ci sono centinaia di tè e tantissimi tea master, l'equivalente dell'enologo, e ognuno lavora in modo diverso. È un panorama meno omologato rispetto, per esempio, al Giappone, che è più tecnologico e standardizzato, si lavora tutto con il vapore. Certo, i grandi tè hanno incredibili sfumature. Ma basta vedere le coltivazioni (che si chiamano giardini): sono regolari, molto ordinate. Invece in Cina sono più naturali, selvagge. C'è tutto il territorio nel tè, il clima, la natura e la maestria del tea master. C'è un panorama molto più vario con giardini spesso familiari, biologici anche se non certificati, dove la raccolta e la lavorazione si fa tutta a mano. I tè cinesi stupiscono sempre”.

C'è tutto un mondo, indiscutibilmente, ma poi chi cercasse di orientarsi, quali suggerimenti dare per riconoscere un buon tè? “Partiamo dalle foglie che devono essere lucide intere e profumate. Diffidate da chi non lo fa annusare o non lo conserva esposto alla luce e al calore. Poi bisogna prepararlo a regola d'arte e avere il palato pulito: consumare cibi dolci o salati, per esempio, non aiuta”. Per il resto è un po' come per il vino, bisogna fare esperienza. Se ha perso di aroma potrebbe essere vecchio o mal conservato. Il tè verde ha un anno di vita (da aprile ad aprile), per gli altri si considerano due anni, conservati al fresco, ma già dopo il primo anno perde di aroma. In Giappone si usa tenerlo in freezer. “Parlo di tè sfusi, a foglia. Quelli in bustina non li considero neanche tè”. I migliori clienti? “Gli uomini: sono più curiosi, sperimentano, hanno più palato”.

Tè e teiere | Roma | via dei Banchi Nuovi 37/38 | tel. 06.6868824 | http://www.teeteiere.com

a cura di Antonella De Santis

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