Sono tantissime le preparazioni che rientrano sotto il genere di focacce in Sardegna: spesse o sottili, ripiene con carne o pesci locali, talvolta derivate da influenze extra regionali, soprattutto toscane e liguri. Anche i nomi cambiano da paese a paese e, a pochi chilometri di distanza, troviamo farce e condimenti alternativi e tecniche diverse. Noi vi raccontiamo 7 specialità di questa regione, con la ricetta della fainè ai funghi antunna di Fainè Sassu, locale selezionato dall’edizione 2017 della guida Street Food.
Cocone cun foza
Iniziamo da un prodotto a metà fra focaccia e pane, diffuso in alcuni paesi della Barbagia fra cui Gavoi. La sua preparazione è un rito che inizia alle prime luci dell’alba, con la cottura delle patate, lessate e poi ridotte a pezzettini e aggiunte all'impasto realizzato con semola, lievito, acqua, sale. Il tutto viene lasciato lievitare, coperto da un panno, finché non raddoppia di volume. Solo dopo si procede alla cottura, che è la fase più delicata. L’impasto viene suddiviso in più parti poi adagiate su foglie di cavolo, solitamente cappuccio o verza. Le focaccine si mettono in forno insieme alle foglie, cosa che conferisce loro una leggera aromatizzazione e la tipica texture data dalle venature del cavolo. A metà cottura circa, o quando la superficie risulta dorata, si tolgono le foglie rimettendo in forno le focaccine. Di questa operazione è incaricata una donna: sa ifurradora, l’addetta alla cottura.
Una volta pronte, si ripongono in cesti realizzati con le foglie dell’asfodelo (Asphodelus L.), conosciuto anche come porraccio, contenitori che i sardi chiamanosas canisteddas. Si mangiano una volta raffreddate completamente, accompagnate da formaggi non molto stagionati e salumi locali. In alcune zone della Sardegna centrale, il cocone cun foza viene chiamato cozzula e pomo: la ricetta è identica, ma manca il passaggio della cottura sulle foglie di cavolo.
Covazzedda e gerda
Così come in Emilia Romagna, anche la Sardegna ha la sua focaccia con i ciccioli (chiamati gerde, gherda, jeldao anche gigiole). Fa parte dell'ampia famiglia delle ricette povere, preparate con gli scarti del maiale: i ciccioli derivano dalle parti grasse dell’animale, ridotte in pezzi e messe a cuocere a fuoco lento. In questo modo il grasso si scioglie e restano solo le parti più magre, da cuocere finché non assumono una colorazione più scura. Una volta pronti, i ciccioli possono essere aromatizzati da spezie come pepe, chiodi di garofano, noce moscata.
Covazzedda e gerda
In Sardegna con le gerda si realizzano due prodotti: il pane (pani e gerda), che si trova anche in pezzature piccole simili alle rosette romane, e lacovazzedda, una focaccia non troppo alta preparata con semola di grano duro, lievito, strutto, sale, acqua tiepida e gli immancabili ciccioli (in questo caso non troppo cotti, più morbidi). Ma sono diverse le varianti di questa specialità: c’è chi nell’impasto aggiunge anche patate lesse, chi mette spezie come chiodi di garofano, pepe e noce moscata, chi arricchisce con formaggio pecorino grattugiato o cipolle tagliate a fettine sottili precedentemente soffritte nello strutto.
Fainè
Le relazioni fra sardi, liguri e toscani sono antiche: risalgono al periodo giudicale e si intensificano intorno all’anno mille, con le repubbliche marinare di Pisa e Genova. Durante questo periodo, le famiglie toscane si concentrarono nella parte sud, in particolare dopo la caduta del giudicato di Cagliari, 1258 circa, mentre i genovesi si inserirono nei commerci e negli affari delle zone più a nord: da qui le influenze sulla lingua, la cucina e la cultura in generale.
La fainè deriva proprio da questi rapporti: una specialità realizzata sia in Toscana, dove viene chiamata cecina o torta di ceci, che in Liguria, dov’è conosciuta con il nome di farinata. Oltre a Sassari e dintorni, la fainè si prepara anche a Carloforte, il comune dell’isola di San Pietro, a sud est della regione: un borgo dalla storia particolare, che ha forti legami con la comunità genovese. Nel 1738, infatti, fu colonizzata dagli abitanti di Peglie, quartiere del ponente genovese, provenienti dall’antica Tabarka (o Thabraka), isola a largo delle coste tunisine.
È la ricetta che ci siamo fatti dare da Fainè Sassu, locale di Sassari selezionato dall’edizione 2017 della guida Street Food. Questa, in particolare, è la versione con i funghi pleurotus, che i sardi chiamano funghi antunnao cardolinu de petza.
L'insegna di Fainè Sassu
Focaccia portoscusese
Un prodotto diffuso nel Sulcis-Iglesiente, zona sud occidentale della regione e, in particolare, a Portoscuso, un comune di poco più di 5 mila abitanti. La base è composta da farina, patate lesse, (poco) lievito, latte e sale, mentre la superficie viene condita con pomodori a pezzi o pelati, pecorino fresco, cipolle tagliate a fettine sottili e soffritte, olio extravergine d’oliva. Malgrado il condimento abbia un sapore deciso, la focaccia portoscusese si mangia a qualsiasi ora del giorno: a colazione a metà mattina, nel pomeriggio come merenda e anche per l’aperitivo, solitamente accompagnata da formaggi freschi. Sono pochi però i locali e i forni che propongono ancora questa specialità, ormai preparata soprattutto in casa.
Fogazza cun tammatica
Ancora una specialità originaria del Sulcis, sa fogazza cun tammatica, la focaccia con i pomodori, chiamata anche mustazzeddu. Per raccontare questo prodotto è necessario parlare anche del civraxiu, un tipico pane sardo originario di Sanluri, nel Medio Campidano, ma diffuso anche nel Sulcis. Si tratta di una preparazione alta e soffice, dalla crosta di colore bruno, che era la base - leggermente modificata con il passare degli anni - della fogazza: il pane veniva aperto al centro e riempito con i pomodorini e l’olio extravergine d’oliva, a mo’ di tasca. Oggi la focaccia si prepara con semola e semola rimacinata di grano duro (mentre per il pane si usa solo la semola), lievito, sale, acqua e, in alcuni casi, anche latte. Anche la farcitura nel tempo è cambiata: oltre ai pomodori ben maturi, oggi si mette spesso aglio, pepe e origano o basilico.
Fogazza cun tammatica
Una variante della focaccia con il pomodoro è la pratzida, diffusa in particolare nella zona di Muravera e San Vito - Costa Rei, a est di Cagliari: in questo caso, oltre al condimento classico, in cima alla focaccia vengono messe melanzane, patate e/o funghi.
Panadas
Un’altra cultura che ha inciso profondamente sulle tradizioni, la lingua e la cucina sarda è quella spagnola: la storia della Sardegna spagnola si fa risalire al 1479 quando Ferdinando II, figlio di Giovanni II di Aragona, sposò Isabella di Castiglia facendo nascere il Regno di Spagna, che includeva anche il Regno di Sardegna. Ma le relazioni tra i due paesi sono precedenti dato che già nel '300 i catalani conquistarono l'isola.
Oltre alla lingua (il dialetto di Alghero è un miscuglio fra catalano orientale e lingua locale) gli spagnoli hanno lasciato il segno nella cucina: le panadasne sono un esempio lampante. Sono tortine salate derivate dalle empanadas spagnole e composte da pasta violata(chiamata anchecroxunel campidanese), ripiena di patate, carne d’agnello, pomodori secchi e a volte aglio.
Panadas di Oschiri
Ci sono tantissime varianti, la più particolare è quella di Assemini, vicino Cagliari, dove si usa una farcitura di anguille, prezzemolo e pomodori secchi, da cuocere direttamente dentro la pasta. Nel Campidano, in genere, sono grandi torte da dividere con i commensali e da consumare durante il pasto, come seconda portata; nel Logudoro (una zona che va dal centro della Sardegna fino ai confini nord orientali) sono invece più piccole e rappresentano un pasto unico per scampagnate e gite fuori porta. Le panadas dalle dimensioni più contenute sono diffuse anche nel comune di Oschiri e dintorni (provincia di Sassari), e sono farcite con carne di maiale, lardo, prezzemolo, sale e pepe.
Pane 'e cariga
Si chiama pane ma è molto più simile a una focaccia: è ilpane ‘e carriga, conosciuto anche come pane ‘e mendula, diffuso soprattutto in Anglona, una regione storica nel nord della Sardegna che si affaccia sul golfo dell'Asinara. Ha forma rotonda e colore giallo dorato, e una farcitura di fichi secchi, mandorle, noci e uva sultanina. La ricetta base è abbastanza semplice (farina di grano duro, lievito madre, sale e acqua), ma la preparazione dei prodotti che servono per arricchirlo è piuttosto lunga: i fichi devono essere seccati e tagliati in pezzetti molto piccoli, la frutta secca tritata grossolanamente, l’uva sultanina rinvenuta in acqua e a sua volta sminuzzata. Anche in questo caso ci sono diverse varianti, da quella farcita esclusivamente con frutta secca tipica della festa di Ongissanti, a quella preparata solo con i fichi, che prevede anche una piccola parte di mosto nell’impasto. È un prodotto molto difficile da trovare, oggi preparato quasi esclusivamente in casa o in alcuni forni storici dell’Anglona.
Ricetta della fainè ai funghi antunna di Fainè Sassu (Sassari)
ingredienti
500 g di farina di ceci
2 l di acqua
200 g di funghi pleurotus
prezzemolo
aglio
peperoncino
sale
olio extravergine d’oliva
procedimento
Mettere l’acqua dentro un recipiente capiente e versare la farina a pioggia, mescolando con una frusta, facendo attenzione a non formare grumi. Aggiungere un pizzico di sale e mescolare per un paio di minuti ancora. Coprire la ciotola con un canovaccio e lasciar riposare per almeno 1 ora: il composto deve risultare piuttosto liquido.
Nel frattempo preparare la farcitura: tagliare i funghi a pezzetti e condirli con olio extravergine d’oliva, aglio tritato finemente, prezzemolo e un po’ di peperoncino. Trascorso il periodo di riposo dell’impasto, ungere una teglia con olio evo e versarvi il composto. In cima riversare anche la farcitura, che dovrà leggermente “affondare”. Cuocere in forno a 250 per 20-25 minuti o finché la superficie non risulta dorata.
Fainè Sassu | Sassari | via Usai, 10a | tel. 079 236402 | www.facebook.com/Fainè-SASSU-Via-Usai-952857908062696
a cura di Francesca Fiore
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