La focaccia e i suoi derivati. 5 specialità delle Marche e la ricetta della crescia sfogliata

4 Giu 2017, 08:30 | a cura di
BAC, Civitanova Marche

Per la seconda puntata sulle focacce regionali andiamo nelle Marche, il regno della crescia. Ma non solo: la cucina locale annovera diverse specialità, tutte da scoprire e rifare a casa. Ve ne raccontiamo 5, con la ricetta della crescia sfogliata di B.A.C., locale di Civitanova Marche.

Strutto, pepe, pecorino, aglio. Ma anche canditi, vaniglia e uva passa. Sono gli ingredienti delle focacce marchigiane, specialità dalle origini antiche. Ve ne raccontiamo 5, con la ricetta della crescia sfogliata di B.A.C., locale di Civitanova Marche che, insieme al “fratello” La Crescia, è stato selezionato dall’edizione 2017 della guida Street Food.

 

Cacciannanze

Partiamo da un prodotto di Ascoli Piceno, la cacciannanze. Nel dialetto locale è la contrazione di “cacciata innanzi”, ovvero sfornata prima del pane: una focaccia che serviva, appunto, per testare la temperatura del forno. La base è quella del pane, che poi viene condita con aglio, rosmarino, sale, olio extravergine e cipolla (facoltativa), e “pizzicata” sui bordi esterni. La forma può essere rotonda o rettangolare, mentre sulla superficie vengono create delle fossette in modo che, una volta insaporita la superficie con un filo d’olio, il liquido si raccolga all’interno degli incavi.

Tradizionalmente la cacciannanze veniva mangiata durante il primo giorno di produzione del pane, in modo da conservare più a lungo le scorte di quest’ultimo. Oggi è diventata parte immancabile dell’aperitivo ascolano, insieme alle famose olive ripiene: viene servita a spicchi e accompagnata con del vino cotto, altro prodotto tipico di questo territorio.

 

Calcione di Treia

Ci spostiamo a Macerata per raccontare il calcione, una focaccina dal sapore particolare, dolce nella parte esterna, salata all’interno. È tipica di Treia, paese della provincia, di quasi 10 mila abitanti, in cui è celebrata anche da una sagra annuale.

La particolarità di questo prodotto è il ripieno, fatto con il pecorino locale, gli albumi, la scorza di limone, zucchero e vaniglia. La pasta, invece, è realizzata con farina, uova intere, zucchero e strutto. Una volta tirata la sfoglia, si ricavano dei cerchi dal diametro di 10 centimetri, da farcire con il composto a base di pecorino e poi da richiudere su se stessi, a mo’ di mezzaluna, o in alternativa, a saccottino. Poi si inforna il tutto, per una ventina di minuti, a 180-200 gradi.

Ci sono diverse varianti della ricetta di base: c’è chi rimpiazza il pecorino con la ricotta, ottenendo così un prodotto dal sapore più delicato, chi li trasforma in un primo piatto, sostituendo alla pasta una sfoglia simile a quelle delle crêpes, e infine chi li frigge.

 

Calcione di Treia - foto Destinazione MarcheCalcione di Treia - foto Destinazione Marche

 

Chichiripieno

Da Treia facciamo un salto a Offida, borgo a metà strada fra Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto, dove si fa ilchichiripieno, una focaccia farcita con peperoni rossi e gialli, olive verdi, alici, tonno, carciofini e a volte capperi. La parola chichì nel dialetto offidese vuol dire pizza e, per la precisione, era il pezzettino di impasto che veniva dato ai bambini per farli giocare. Ma questa ricetta vanta origini antiche: sembra che sia stata importata dal Medioriente grazie ai viaggi di esploratori e commercianti.

La base può essere l’impasto della pizza o, più raramente, quello del pane, che viene steso in due sfoglie da sovrapporre. All’interno, viene spalmata la crema realizzata tritando finemente gli ingredienti già citati e mescolandoli a lungo: nelle versioni moderne questa operazione viene sostituita dal lavoro del mixer. Una volta richiusa, la si bucherella in superficie con una forchetta e la si condisce con un filo d’olio extravergine, per poi infornarla fino a completa doratura.

Oggi, oltre ad essere celebrata da una sagra che si svolge nell’ultima settimana di agosto, è usata come antipasto dai ristoranti locali, ma anche come piatto unico per le gite fuori porta o come aperitivo, accompagnata da un vino locale.

 

Chicchiripieno - foto Piceno PassChicchiripieno - foto Piceno Pass

 

Crescia

“Crescia e acqua al mattino, polenta o erbe alla sera”: è il tradizionale detto del contadino marchigiano, che faceva di questa specialità la “regina” della dieta quotidiana, secondo quanto scriveva il periodico cattolico “L'eco del Giano" (1906). Ma non fatevi ingannare: malgrado sia da sempre considerata una pietanza povera, veniva servita anche sulle tavole delle famiglie nobiliari, a conferma della sua “trasversalità”.

Gli ingredienti di base sono farina (di grano duro o di mais), uova, acqua, sale, pepe e spesso anche lo strutto. È diffusa in tutte le province della regione e conta numerose varianti locali, alcune della quali rivisitano completamente la ricetta: noi vi forniamo quella di B.A.C. (Bere a Colori), locale di Civitanova Marche che, insieme al “fratello” La Crescia, è stato selezionato dalla guida Street Food 2017. È dunque la versione sfogliata, di cui parleremo più avanti, in questo caso particolarmente leggera perché fatta con pochissimo strutto. La farcitura che va per la maggiore da B.A.C. è quella fatta con salsiccia arrostita e cicoria “strascinata” (cioè cotta in padella).

 

Varianti locali e diffusione

Nella zona tra Fano, Pesaro e Urbino, la crescia viene spesso chiamata piadina: è fatta con la pasta del pane e una grande quantità di strutto, cosa che dona al prodotto un sapore più intenso. Anche in questo caso, esistono due tipologie: la crescia vonta e crescia sfojeta (“unta” e “sfogliata”). La prima è molto spessa e, una volta cotta, viene unta con il lardo di maiale e rimessa per qualche secondo sulla griglia o, in alternativa, farcita con i cavoli ripassati in padella. La crescia sfogliata è invece formata da una pasta che viene stesa diverse volte, poi ripiegata su se stessa e infine stesa nuovamente con il mattarello, in modo da ottenere più strati. La sfogliata viene fatta in particolare a Urbino e dintorni, dove viene chiamata anche crostolo e mangiata calda insieme a salsiccia, verdure di campo, prosciutto o formaggio. Variante della variante è il crostolo di Urbania, che prevede la farina di mais al posto di quella di grano duro. Anche a Jesi e Ossimo si utilizza il mais, ma in questo caso la focaccia viene praparata con gli avanzi di polenta già cotta, da ripassare poi sulla piastra.

 

Crescia di Pasqua al formaggio - foto Mascia delicatezzeCrescia di Pasqua al formaggio - foto Mascia delicatezze

 

Ad Ancona viene spesso cotta sotto la cenere della brace, in particolare a Fermignano e nell’Alta Valle dell'Esino, e si mangia sa' le foje, insieme alle erbe, ma anche con salumi come lonza o salame. Nella zona di Offagna, a 10 km da Ancona, esiste addirittura un’Accademia della Crescia, che tutela il prodotto e organizza rivisitazioni storiche in stile medievale.

Anche nel maceratese questa specialità è preparata con la pasta del pane, ma l’aspetto è più simile a quello della schiacciata toscana ed è poi condita con sale, olio, cipolla e rosmarino. In alcuni casi all’impasto vengono aggiunti i ciccioli di maiale, chiamatigrasselli o sgriscioli.

Nella stessa zona, a Caldarola, è impastata invece con un mix di grano e mais, tagliata a spicchi e usata per accompagnare il sangue del maiale cotto.

Ultima tipologia da raccontare è quella della crescia brusca, cioè condita con il formaggio, solitamente pecorino, a pezzi oppure grattugiato.

 

Crescia di Pasqua

Un paragrafo lo dedichiamo alle versioni dolci, fra cui la crescia di Pasqua o pizza pasquale, citata anche da Giacomo Leopardi nelle lettere alla sorella Paolina. La tradizione regionale vuole infatti che la colazione della mattina della Resurrezione sia composta da uova sode, crescia, ciauscolo, coratella e altri salumi locali, a seconda della zona. La focaccia nominata da Leopardi si fa sia in versione dolce che salata: quella dolce è farcita con zucchero, canditi e uva passa, mentre la tipologia salata è caratterizzata dalla presenza massiccia nell’impasto di pecorino, parmigiano e pepe nero.

L’aspetto della variante dolce è molto simile a quella del panettone, grazie all’uso del lievito. Probabilmente, il nome della specialità viene proprio da questa tipologia, piuttosto che da quella salata: la parola crescia, nel medioevo, si riferiva soprattutto ai prodotti molto lievitati che risultavano ben gonfi dopo la cottura (da crescia, crescita).

Ma quella pasquale non è l’unica focaccia dolce della gastronomia regionale: nell’elenco ci sono anche lapizza sfogliata di Fiuminata, in provincia di Macerata, preparata con la farina di granturco e, sempre nel maceratese, quella condita con mele, uvetta noci, zucchero, fichi secchi, mistrà e marmellata.

 

La ricetta della crescia sfogliata di B.A.C., Civitanova Marche

 

Ingredienti

550 g di farina biologica

2 uova

50 ml di acqua

10 g di sale

3 g di pepe

 

Procedimento

Mescolare le uova con l’acqua, poi aggiungere la farina poco per volta, il sale e il pepe. Continuare a impastare per qualche minuto e poi formare delle strisce larghe circa 10 centimetri e lunghe circa 50. Ungere le strisce con un velo di strutto e arrotolarle su se stesse. Formare delle girelle di circa 150 grammi l’una. Stendere ogni girella con il mattarello e, dopo aver formato di nuovo le sfoglie, cuocerle su una piastra rovente da entrambi i lati, fino a completa doratura. Farcire a piacere.

 

B.A.C. | Civitanova Marche | corrso Umberto I | tel. 0733 770919 | www.facebook.com/baccresceria

La Crescia | Civitanova Marche | via Martiri di Belfiore, 83 | tel. 0733 773545 | www.facebook.com/pizzerialacrescia/?rf=129339410551301

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

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