Italiani a Londra. Lo street food alla romana di Adalberto Battaglia

12 Nov 2013, 12:30 | a cura di
Dalla Liguria a Tenerife, e da lì fino a Roma, zona Pigneto, con un locale gourmet nato in tempi non sospetti. Poi la decisione di volare a Londra. Così Adalberto Battaglia (aka Adha), dopo una prima esperienza con un ristorante è partito con un nuovo progetto che unisce street food e cucina tipica romana. Il Quinto Quarto, appunto.

Partiamo dagli inizi. Partiamo dalla tua Liguria. Quando, come e dove diventi cuoco?
Il tutto comincia dai ricordi della mia infanzia, come quando per esempio vidi crescere una pianta di pomodoro sul balcone di casa nostra, di fronte al mare, e mia madre mi disse che il seme era stato portato dal vento! E le gite domenicali nei boschi tra ricordi di cioccolata calda, castagne, funghi e cacciatori. Oppure le alghe, che sul fondale marino mi spaventavano per quel loro aspetto oscuro, ma poi le ritrovavo secche sulla spiaggia e mi affascinavano... insomma il Mediterraneo Ligure, fatto di mare e monti, che è dentro il mio spirito ed è sempre la mia fonte di ispirazione. Ma entro nel mondo della ristorazione a livello professionale e divento cuoco a Tenerife, in pieno Oceano Atlantico, dove la alghe ritornarono questa volta con una geniale Paella de algas marinas molto apprezzata dal pubblico in generale, era il 1997.

Arriviamo a Roma. Parlare di gastronomia e parlare di Pigneto oggi è normale. Ma quando tu sei atterrato in questo spicchio di Roma est non era “The Bronx”, ma quasi. Come ti è venuto in mente?
Di ritorno in Italia per motivi familiari, dopo quasi 14 anni all’estero, mi sono trasferito a Roma perché è una città che amo profondamente. Avevo un budget che non mi consentiva di poter avere un ristorante in centro, a Trastevere o giù di lì, e quando si presentò l’occasione di rilevare un grosso spazio, una vecchia pizzeria al Pigneto, non esitai a coglierla. Era il 2005.

Come era il Pigneto in quegli anni? Sei praticamente arrivato per primo, o sbaglio? Ancor prima di Primo, il ristorante di successo che poi ha dato la stura alla bislacca gentrification di quell’area a Roma…
Nel 2006 una rivista pubblicò una recensione su di noi con il seguente titolo L’alta gastronomia sbarca al Pigneto, ed era veramente così! Ma c’erano stati già altri locali prima di noi che stavano segnando un cambiamento, anche se non necessariamente legati alla cucina d’autore in senso stretto, quali L’Infernotto e lo Yeti ed eravamo tutti legati da un percorso politico in comune, con un legame autentico alla territorialità del quartiere. Poi ci fu un proliferare di locali nuovi a ritmo vorticoso, includendo addirittura l’indebito sfruttamento commerciale del ricordo di Pier Paolo Pasolini. Tutto è cambiato rapidamente.

Parliamo della Locanda dell’Interprete insomma. Quale era la tua proposta?
La Locanda fu un ristorante d'avanguardia perché anticipò i tempi, per quel che riguarda molti concetti che adesso sono di moda, come per esempio la ristorazione di quartiere, la bistronomia all'italiana cioè la cucina d'autore proposta a prezzi ragionevoli, così come fu definita in rete in quegli anni; e in special modo la formula di neotrattoria, o trattoria modernache dir si voglia. L’uso dei prodotti di origine laziale, la diversificazione dell'offerta a pranzo con il nostro quick lunch a 12 euro, le bibite italiane invece della Coca Cola e la carta delle birre artigianali, abbiamo perfino dato vita al vino chiamato Km Zero.

Raccontaci qualcosa in più sulla cucina.
Alla Locanda abbiamo lavorato con proposte audaci ma convincenti, come per esempio le Fettuccine al cacao con il ragù della coda alla vaccinara e il sorbetto di sedanoche fu il piatto con il quale abbiamo debuttato. Poi abbiamo lavorato a lungo per riuscire a mettere a punto il Triplo raviolo - Via dello scoglio,piatto autobiografico e paesaggistico. E tanti altri piatti firmati come le Ostriche col ghiaccio rosso, il Vitello tonnato con uovo in camicia in gelatina all'acqua di rose, le Linguine in cottura risottata con polpo, burrata e pepe rosa, gli Spaghetti artigianali con asparagi di mare, zenzero e pachino, le Penne al salmone affumicato mantecate a freddo con lo yogurt, il Timballo con pappardelle di farina di castagne al ragù di cinghiale, la Lasagna di trippa e guanciale all'amatriciana con meringa di pecorino, la Zuppa di miso con raviolini di coniglio alla Ligure, i Cannelloni di pesce spada ripieni di stelline di pasta fredda, oppure il Cubo di spigola. Ma abbiamo anche fatto diverse incursioni sulla tradizione, in modo rigoroso, con metodo classico. Come è stato nel caso delpollo con i peperoni, il brasato di cosciotto d'agnello, i risotti di mare, ai porcini, ai tartufi; la pasta fresca con i ricci,col pesto di basilico, con le vongole veraci, all'astice, e via dicendo.

Come mai hai deciso di interrompere quell’avventura?
Nel periodo compreso tra il 2007 e il 2008 in cucina non fummo davvero secondi a nessuno in città, ovviamente a parte i grandi pluristellati. Avevamo una clientela affezionatissima e molto appassionata, ed eravamo presenti su tutte le guide cittadine e non solo! Ma da un punto di vista imprenditoriale eravamo alquanto immaturi, sapevamo cos’è un business plan solo in teoria, ma non nella pratica, e l’arrivo della grande crisi finanziaria nel 2008 ci trovò impreparati.

Subito dopo il trasferimento a Londra.
A Londra fu piuttosto un ritorno che un trasferimento.

Anche nella capitale britannica, un ristorante. Una esperienza che è durata poco. Perché?
Ho preso una fregatura con il contratto di fornitura di luce e gas legato alla gestione del locale, nel 2012. Purtroppo non disponevo dei fondi necessari per affrontare la costosissima disputa legale e per via di tutto ciò ho perso il ristorante dopo sei mesi. Peccato perché dopo un’apertura durante il freddo inverno londinese stavamo già cominciando a decollare con l’arrivo della primavera.

Ora il progetto Quinto/Quarto. Cucina romana evoluta e servita in modalità street. Dicci cosa prepari.
Vedi, negli ultimi anni ho fatto uno sforzo enorme per migliorare le mia capacità manageriali; il progetto del Quinto/Quarto London nasce nell’estate del 2011, quando è anche nata nostra figlia Cherie, e questa volta il business plan è davvero solido. Abbiamo reagito velocemente alla chiusura del ristorante con grinta e lucidità, proprio perché forti di questa evoluzione professionale. La cucina romana nel nostro caso è da intendersi come tradizione popolare vera, ma attualizzata al contesto londinese. Vorrei far capire ai londinesi che la trattoria romana è il posto dove la gioia di stare insieme, mangiare e bere, la convivialità sono l’essenza della vita quotidiana. Gli inglesi adorano tutto ciò, e sapendo ricreare in forma autentica questa sinergia, e visto che al momento la cucina povera tanto qui come negli Stati Uniti sta andando molto di moda, l’uso sapiente della frattaglia, cioè il quinto quarto, è il mio asso nella manica. Adesso è un momento nel quale la cucina d’autore in Inghilterra ha capito l’idea della filosofia k.i.s.s. (keep it simple stupid), e l’obbiettivo più che la stella, in molti casi come nel nostro, è il bib gourmand.

Spiegaci meglio…
Attualmente le strategie per lavorare, farci conoscere e crescere commercialmente sono lo street food, i mercatini o i posti al coperto dove si vende cibo caldo all’asporto, luoghi che mi ricordano i mercati annonari liguri, solo che qui sono ovviamente multietnici; quel che portiamo in piazza è ancora una volta il made in Italy. Noi vendiamo pasta fresca artigianale, come gli gnocchi fatti a mano. Il nostro piatto firmato e che vende molto sono gli gnocchi con il ragù della coda alla vaccinara e un tocco di cacao in polvere. C'è una continuità nei miei piatti nonostante lo scorrere degli anni e dei luoghi. E poi ci sono i supperclubs e i pop up che sono delle nuove tendenze molto affascinanti sulle quali stiamo puntando molto; l’affitto solo temporaneo di locali chiusi di sera, oppure il fine settimana se ubicati nella City, di spazi industriali, oppure di attici con vista mozzafiato, danno occasione di svolgere cene prepagate online con menu fisso, come nel caso dei supperclubs, dove la convivialità è l'elemento fondamentale, oltre ovviamente alla qualità del cibo. I pop up giocano con lo stesso concetto però in modo più articolato nel tempo, solitamente di durata di alcuni giorni o pochi mesi. In ogni caso, cerchiamo di stare al passo coi tempi, e siamo molto attenti all’offerta dei nostri menu, che scriviamo in inglese direttamente senza quella obsoleta traduzione tra parentesi, tipica di molti ristoranti italiani a Londra, che mi sa tremendamente di déjà vu.

Dove ti possono trovare i tuoi clienti? Quale è la modalità distributiva?
Tutte le informazioni sono date sul nostro sito quintoquarto.co.uk, oltre all’uso quotidiano di Twitter.

Questa attività ha dei margini interessanti? Si riesce a “campare” bene vendendo cibo romano di strada nei mercatini di Londra?
Non male, non male! Ma più che sul guadagno veloce siamo concentrati sulla riapertura del ristorante, con un progetto su vasta scala legato al nostro nome, cioè al nostro brand come dicono qui.

Tutti i mercatini dove somministri le tue preparazioni sarebbero totalmente illegali in Italia. La Gran Bretagna ha capito che con troppa burocrazia si muore? Come è la scena? Che confronto puoi fare con l’Italia?
Londra è una città fondata sul turbocapitalismo; con i suoi pro e i suoi contro. Uno dei pro è certamente l’opportunità che gente proveniente da tutto il mondo, pertanto anche molti italiani, si trovi qui per provare a fare qualcosa in proprio, non importa se si è giovani o meno. Qui si è proprio incoraggiati a farlo! Per contro non ti credere che sia facile, c’è una competizione che è a dire poco spietata.
Ma, vuoi un confronto con l’Italia, con Roma, la capitale? Ti posso dire che in sei anni che siamo mancati da Londra, quando siamo tornati, anche grazie agli investimenti legati alle Olimpiadi dell’anno scorso, abbiamo trovato tre o quattro linee di metropolitana in più (inclusa una sopraelevata), come se le dodici che avevano già prima gli stessero in qualche modo strette! A Roma mi sembra di capire che il progetto di allungamento della seconda delle due sole linee metropolitane sia slittato da sei a dodici anni; non so se mi spiego! Adesso ovviamente troverai quelli che ti dicono che è per via che a Roma non si può scavare, ma questo a mio parere è ridicolo, se non vergognoso.

E per il futuro? L’idea è di provare di nuovo con un ristorante fisso? O preferisci essere in mobilità? E l’Italia? Nessuna nostalgia o voglia di tornare?
Cesare Pavese diceva che in vecchiaia la nostalgia delle tue terre viene forte, credo che probabilmente sia vero, ma preferisco immaginarmi di tornare solo in vacanza. Io qua mi sento parecchio a casa mia, sai? Per l’anno prossimo abbiamo in programma di fare uno o più pop up, e successivamente riaprire il ristorante; mantenendo contemporaneamente, come parte fondamentale del progetto, i banchi al coperto dei mercati di Brick Lane che abbiamo attualmente, e di partecipare anche ad alcuni street food festival estivi.

Quinto/Quarto www.quintoquarto.co.uk

a cura di Massimiliano Tonelli

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