to gastronomico. In tempi nei quali la crisi fiacca gli entusiasmi di tanti imprenditori, alcuni di loro hanno deciso di scommettere su qualcosa di molto interessante: vecchi mercati in disuso vengono portati ad una nuova vita per creare centri commerciali dedicati alla cultura alimentare. In spagnolo, precisamente, centro de ocio gastronómico.
Non si tratta di un mercato moderno, ma di veri e proprio centri commerciali, nella maggior parte dei casi di lusso, nei quali il cibo rappresenta il minimo comun denominatore di tutte le sue declinazioni: ristoranti, cocktail bar, banchetti con street food di qualità, negozi al dettaglio di prodotti rari e pregiati, librerie specializzate, corsi di cucina e showcooking di chef di altissimo livello.
Il più grande e importante centro de ocio gastronómico sarà a Madrid e vedrà la luce tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013. Si chiama Platea Madrid e promette di diventare il nuovo polo gastronomico nazionale, differente per target e proposta dalla Boqueria di Barcellona, lo storico mercato catalano. Sorgerà in una zona particolarmente lussuosa, Serrano nel calle Goya, noto soprattutto per lo shopping di un certo livello. Qui l’ex cinema Carlos III è stato riconvertito in mercato di lusso, punto d’incontro per tutti i golosi mondiali, con un investimento di decine di milioni di euro. E’ il perfetto esempio di come ridare nuova linfa vitale a edifici abbandonati, in questo caso da ben dieci anni, e cercare di ingegnarsi con creatività e buon senso per evolvere e crescere. E la prova sono i capitali, tutt’altro che indifferenti, che ruotano attorno a progetti del genere. Il segno che la crisi stia passando in Spagna? Più probabile che il cibo sia stato individuato come punto di forza per ripartire, rilanciare un’economia fiaccata e valorizzare uno degli aspetti peculiari della penisola iberica.
A spianare la strada a questo grande progetto ci sono già molte realtà che stanno prendendo piede da qualche anno nella capitale spagnola. Dopo ben cinque anni di lavori, ha riaperto lo scorso maggio lo storico mercato di San Antón - nel quartiere Chueca - con un nuovo look, ma soprattutto con l’obiettivo di diffondere la cultura del cibo genuino di qualità – e per questo non propriamente economico – nell’epoca dei grandi supermercati dove non c’è rispetto per la filiera, la stagionalità e i produttori. Nei suoi tre piani si articolano banchi per la vendita diretta di prodotti, un ristorante e un supermercato al dettaglio. Sacchetti di plastica riciclabile, parcheggio con ricarica per macchine elettriche, wifi in tutta l’area e consegna gratuita dei prodotti, sono alcuni dei tasselli di un mosaico che non può non affascinare appassionati e amanti del cibo.
Altro quartiere, altro mercato storico di Madrid a rinascere grazie agli investimenti effettuati: è il mercato di San Miguel – praticamente attiguo a Placa Mayor – con i suoi banchi di vendita specializzati in prodotti pregiatissimi che vanno dalla frutta e verdura, sino alla carne e al pesce. In questo caso si tratta dei big del mercato alimentare che hanno acquistato degli spazi vendita all’interno del mercato, dando vita ad uno fulcro qualitativo per la gastronomia nazionale. C’è però chi vede del marcio – è proprio il caso di dirlo – in questa operazione. La società “Gastronomo de San Miguel” – che ha ridisegnato e ricostruito il mercato – ha acquisito e poi rivenduto tutti i banchi vendita del vecchio mercado de San Miguel, sostituendoli appunto con negozi di élite gastronomica, che regaleranno sicuramente molte gioie ai cultori del prodotto di alto livello, ma che hanno anche tolto quel gusto popolare, naif, e soprattutto l’aspetto “economico” del mercato tradizionale.
In Italia la situazione è differente, anche se qualcosa si sta muovendo. A Cesena c’è da anni il festival del Cibo di Strada. A Roma, nel quartiere Testaccio e vicino al nascente Eataly, si sta lavorando ad un progetto stile Boqueria. Siamo però ancora lontani da realtà internazionali che vedono crescere il mercato gastronomico sotto tutti gli aspetti, dalla vendita, sino all’intrattenimento, sempre con grande attenzione alla qualità. E nella penisola italiana, dove il cibo dovrebbe rappresentare la prima o la seconda fonte di reddito nazionale, i pur apprezzabili sforzi di alcuni imprenditori sono evidentemente insufficienti, soprattutto se raffrontati con le potenzialità inespresse. In alcuni casi si tratta di questioni legali e burocratiche legate alle problematiche di distribuzione dello street food direttamente al mercato dove viene prodotto. In altri casi si tratta di vera e propria mancanza di volontà e di una progettualità adeguata. Sicuramente non c’è abbastanza consapevolezza e determinazione nel dare respiro ad un settore che molto potrebbe dare all’economia.
Al di là delle polemiche, che portano con sé motivazioni degne di ulteriore approfondimento, va dato atto alla Spagna, in particolare alla sua capitale, di voler investire e creare un giro di affari molto importante attorno alla gastronomia. E, sempre evitando le questioni che tali operazioni implicano, è giusto riconoscere quanto ci stia riuscendo con l’attenzione alla qualità e offrendo importanti novità a chi volesse avvicinarsi a questo mondo. Come recita un vecchio adagio iberico “barriga llena, corazòn contento”. Ovvero, pancia piena, cuore felice.
Alessio Noè*
marzo 2012
*Master in comunicazione e giornalismo enogastronomico del Gambero Rosso