Proseguendo con il discorso della sala come elemento di necessario prossimo sviluppo della ristorazione, e dopo aver preconizzato il cameriere come professione del futuro in un precedente articolo, oggi affrontiamo una delle cose fondamentali nel presentare l’offerta ristorativa, spesso fin troppo trascurata e sottovalutata, ossia il menu.
La brochure del ristorante
Schematizziamo. Dando per buono il principio che il cameriere è come il commerciale, il rappresentante di una azienda che bussa alla nostra porta, in tale ottica dobbiamo perciò vedere il menu esattamente come la brochure, il dépliant che questo usa per illustrarci i prodotti della sua azienda e che poi ci lascia sul tavolo. Ebbene, comprereste mai qualcosa da un rappresentante che ci consegna una presentazione trascurata, malconcia, scritta male, che non ci permette di individuare subito cosa ci serve, insomma, brutta? No, ovviamente. Ecco, figuriamoci perciò un menu che si presenti in quel modo come può ben disporre all’acquisto un cliente qualsiasi, come può essere di supporto alla valorizzazione di ciò che viene preparato da chef qualificati, magari in un locale curato fin nei particolari dell’arredamento. Eppure, siamo in tanti a poter raccontare di episodi del genere, di posti con menu da dimenticare per sciatteria e confusione, nonostante la bellezza del locale.
Problemi di concezione e di manutenzione
Ebbene, la redazione e la cura del menu è una cosa che nessun locale deve assolutamente sottovalutare, così come la sua cura e pulizia anche nel prosieguo dell’uso. Insomma non basta fare un bel menu, bisogna anche che sia sempre ordinato, pulito, integro.
In realtà, però, uno dei problemi più comuni è che i menu sono compilati da chi prepara il cibo, che normalmente non fa che elencare ciò che prepara, prescindendo quindi da qualsiasi considerazione di marketing o anche solo di buon senso, ovvero senza pensare a come permettere al cliente di individuare rapidamente cosa gli interessa, che è cosa ben diversa dal semplice mettere in fila ciò che si offre, spesso solo in ordine di prezzo.
Tra autocelebrazione ed elenco di produttori
Va evidenziata, poi, una tendenza attuale: i menu sono diventati, troppo spesso, oggetti di autocelebrazione per chef e pizzaioli, a volte anche per pagine e pagine, oggetti in cui si pensa di esaltare i piatti elencando i nomi dei produttori delle materie prime impiegate (spesso sconosciuti ai più ma, anche per questo, ancora di più dotati di “carisma e sintomatico mistero”), facendo così perdere il focus del menu, che - come detto prima - deve essere di permettere al cliente di trovare rapidamente ciò che cerca. È un appesantimento, questo, che implica anche la necessità di usare caratteri più piccoli perché il menu non si trasformi in un libro, facendo così perdere anche la leggibilità reale del menu oltre a quella concettuale. Sarebbe magari più opportuno estrapolare le informazioni personali e quelle delle materie prime collocandole a parte, in un’altra brochure che sia di illustrazione di quanto si intende divulgare per arricchire e valorizzare la conoscenza di sé e del locale da parte del cliente, lasciando il menu a compiere esclusivamente la funzione di agevolare la scelta di ciò che l’avventore vuole gustare.
Errori macroscopici e buone pratiche
Cose che generalmente sono avvertite come assai negative sono presentare il menu in raccoglitori con le bustine di plastica o addirittura plastificare le pagine, cosa che trasmette al cliente solo la paura del ristoratore che il menù si sporchi, indispongono poi i fogli attaccati con nastro adesivo o rilegati con la spillatrice, se non proprio volanti all’interno del portamenu, così come il menu scritto sulla tovaglietta. Questo per citare solo gli errori più comuni.
I menu più graditi, invece, sono scritti a mano, su carta pregiata, oppure stampati su pergamena o carte di grammatura importante e di impatto, rilegati con cordoncini o solo la piega, con portamenu in pelle o, comunque, di “peso”. Se si parla di alta ristorazione, beninteso, perché nei ristoranti più pop la partita è tutta diversa. Caratteri grandi e ben leggibili sono comunque un must, così come il colore, che non deve essere tono su tono con quello dello sfondo, perdendo così di visibilità. Ci sono poi anche cure estreme, tipo il menu tradotto anche in Braille che fece notizia quando lo introdusse la pizzeria Da Franco alla Stazione di Napoli. Oggi, poi, si parla addirittura di Ingegnerizzazione del Menu, ovvero l'applicazione di una serie impressionante di regole del marketing per “guidare” il cliente nella sua scelta, ovviamente condizionandola più o meno a piacere del ristoratore, una strategia di vendita che nasce in America alla fine degli anni '80 de secolo scorso, importata e sviluppata in Italia da Lorenzo Ferrari. Troviamo studi grafici specializzati proprio nella progettazione delle carte delle pietanze, così come portali dedicati alla vendita di portamenu di tutti i tipi. Insomma, c’è di che spaziare ma siamo solo agli inizi, a quanto sembra.
In conclusione, per invogliare il cliente alla spesa, per innalzare soddisfazione del commensale e del ristoratore (scontrino medio) e per fidelizzarlo c’è ancora tanto da fare, e questa partita si gioca ormai quasi esclusivamente in sala, dopo decenni di rafforzamento delle cucine. È ora di vendere meglio quanto di buono, per fortuna più diffusamente di ieri, si produce nei locali italiani.
Decalogo del menu perfetto
1 Il menu serve per scegliere, non per raccontare
Lo storytelling dello chef, del locale o di altro, appesantisce il menu distraendo il cliente dalla scelta dei piatti. Sarebbe più corretto esporre eventualmente il tutto in un elemento a parte.
2 No ai menu in buste di plastica
La busta di plastica comunica più la paura del gestore che si sporchi che altro, spesso porta con sé stropicciature e lacerazioni nel tempo che ne inficiano irrimediabilmente l’appeal.
3 Preferire l’uso del portamenu
Per quanto ci siano soluzioni di menu pieghevoli molto interessanti e di pregio, nella maggior parte dei casi un portamenu di pelle o di design conferisce alla carta delle pietanze un'impressione di valore superiore.
4 La leggibilità sopra ogni cosa
Il menu deve essere leggibile anche con moderate difficoltà di vista e in ogni condizione di luce, per cui preferite caratteri sufficientemente grandi, di facile comprensibilità (no agli handscript eccessivamente arzigogolati), evitando il tono su tono tra il colore del font e quello dello sfondo.
5 No agli elenchi senza fine
Nel redigere il menu separate i piatti in blocchi logici, all’interno dei quali venga rispettata la regola del 7 + o – 2, quindi non inserire meno di 5 voci e non più di 9, preferibilmente 7. Questo è il numero di elementi che la nostra attenzione visiva riesce mediamente a gestire contemporaneamente.
6 Stato d’uso: perfetto!
Il menu deve essere sempre pulito, senza tagli, slabbrature, lacerazioni, macchie o piegature errate. La cura che gli dedicate è la stessa che trasmettete di avere nel vostro ristorante.
7 Il valore della carta è il valore del vostro locale
Non lesinate sulla carta. Presentare piatti costosi su carta uso mano o pronto copia è incoerente e controproducente. La carta è come il piatto su cui servirete le pietanze, tenetelo sempre ben presente.
8 È lo chef che valorizza la materia prima che usa, non il contrario
La descrizione della provenienza di ogni singolo ingrediente di un piatto appesantisce il menu in maniera importante e non dà alcun valore aggiunto, anzi. Se si va in un posto di un certo tipo, è scontato che le materie prime siano di livello, non c’è bisogno di scriverlo.
9 Ogni piatto deve avere un nome
La riconoscibilità di ciò che si serve è importante, per cui tutto deve avere un nome. Il mero elenco degli ingredienti di un primo piatto, ad esempio, sminuisce il prodotto. Pensate alla differenza che c’è tra scrivere Carbonara e riportare il semplice elenco dei suoi ingredienti.
10 Sì ai menu scritti a mano
Il menu scritto a mano in genere trasmette molto calore al cliente, a condizione che sia scritto in ottima calligrafia. Potendo, è una delle soluzioni migliori, anche se la più pesante di tutte in termini di gestione.
a cura di Marco Lungo