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Un programma densissimo, spalmato su 5 giorni, in cui si è parlato molto, forse troppo, di mezzi (dai mass media ai social network, con facebook e twitter naturalmente grandi protagonisti dell’edizione) e meno di contenuti, ma in cui si è riusciti anche a ritagliare uno spazio per il giornalismo enogastronomico. Anzi, eco-gastronomico, visto che l’occasione è stata la presentazione al festival di Eat Parade, il libro di Bruno Gambacorta, edito da Vallardi alla fine del 2011 e nato dall’omonima rubrica del Tg2, che da tredici anni racconta le belle storie del gusto italiano.
Cibo e vino di qualità sono frutto, metafora e sinonimo di territorio di qualità, che vuol dire territorio in cui vengono rispettati ambiente, sostenibilità e legalità. Portatore (sano) di questa tesi è stato Antonio Paolini, giornalista abruzzese, convinto di come oggi “le inchieste sui territori e sulle ricchezze enogastronomiche siano diventate l’unica via per poter far luce su alcuni fenomeni di abuso e abbandono”, soprattutto quando la censura viene dai poteri forti, le eminenze grigie che governano il nostro paese. E a sostegno di questa tesi ha citato casi come quello dell’Aquila, il cui rinascimento, per ora, è partito proprio e solo dalle attività ricettive.
Sul coraggio dei produttori di cose buone ha puntato Bruno Gambacorta, che ha raccontato come, scrivendo il suo libro, fatto di storie di successo italiano, nel momento peggiore della crisi economica, con lo spread alle stelle, gli sia sembrato di vivere un paradosso, “quasi si trattasse di due diverse Italie”. La falla fondamentale è che, però, si tratta sempre di iniziativa individuale, perchè nel nostro paese la volontà di fare sistema e la promozione statale sono pari a zero: “Al contrario di quanto accade in Francia o in altri stati, i nostri produttori, come novelli Marco Polo, si trovano a dover esplorare da soli i mercati esteri, unico sbocco vitale in questo momento storico, soprattutto per il mondo del vino”. Anzi, il più delle volte, oltre a nessun aiuto da parte delle istituzioni, spesso la burocrazia italica è l’ostacolo principale per le esportazioni: basti pensare ci sono ben 14 enti autorizzati a indagare sui prodotti da immettere sul mercato, con relativi iter che fanno passare la voglia anche ai più valorosi.
“C’è poca consapevolezza delle potenzialità economiche del settore enogastronomico”, esordisce così Valter Musso, direttore della comunicazione di Slow Food Italia (nella foto con la collega Laura Bonino). “Ci ostiniamo a chiamare nicchia un pezzo fondamentale dell’economia reale italiana, il risultato è che lo Stato fa finanziamenti a pioggia, senza criterio, come se aiutare l’agricoltura e l’artigianato fosse questione di stampare brochure per le fiere e basta”. E’ necessario, secondo Musso, facilitare l’accesso al credito e alle nuove tecnologie per le aziende, ma è fondamentale, e qui entra in campo anche il giornalismo, avviare un lavoro di educazione alla biodiversità e al consumo: “se i cittadini sono consapevoli di quello che c’è realmente nel cibo, l’economia gira nel verso giusto, premiando i piccoli produttori”. Ed evitando, finalmente, che dalle crisi traggano vantaggio sempre i soliti noti, le multinazionali alimentari.
Tenendosi nel mood del Festival, Gambacorta ha tenuto a raccontare ai presenti l’operazione di cross-medialità di cui è stata protagonista la sua creatura Eat Parade, che oltre ad essere un programma tv e un libro, è anche una pagina Facebook, dalla quale, grazie all’attività di scambio diretto con gli utenti, è stato possibile trarre alcuni insegnamenti, utili per capire il funzionamento del social network:
- con FB si riescono a mobilitare velocemente le persone in occasione di eventi e presentazioni
- è semplice ottenere “mi piace” e feedback postando immagini di prodotti o piatti, mentre è più difficile attrarre l’attenzione degli utenti in caso di argomenti impegnativi
- nel caso di premi e concorsi, FB si è dimostrato un ottimo strumento per pubblicizzarsi e “fare campagna elettorale”
- i testi devono essere brevi: anche se non c’è il limite di 140 battute come per Twitter, su FB è inutile scrivere più di 4 righe.
- nel caso del tour di presentazione del libro, è stato utile avere in rete riferimenti locali, persone del territorio che hanno aggregato i propri conoscenti virtuali intorno alle tappe di Eat Parade
- è necessario aggiornare continuamente la pagina, i contenuti si bruciano in fretta
- su FB è meglio non parlare solo e sempre di se stessi: segnalando anche cosa avviene nel mondo enogastronomico, la pagina viene utilizzata come un completamento ideale del libro e della trasmissione.
Pina Sozio
30 aprile 2012