L'ultima giornata di Identità Golose si apre con la schiera dei big della cucina. Una sequenza dei talenti più acuti del panorama ristorativo, dotati di una visione che esula dalla semplice cucina. Una sfilata di grandi nomi nell'Auditorium e nelle sale collaterali dove sono state protagoniste pizza e pasticceria italiana contemporanea.
La forza dei sogni
Il via all'ultima giornata lo dà Carlo Cracco (Cracco, Milano). È il suo giorno, dopo le critiche-chiacchiere-polemiche che l'hanno accompagnato negli ultimi anni, non senza una punta di malignità. Carlo c'è, forte dello scossone che il suo nuovo locale in Galleria ha dato al panorama ristorativo non solo milanese. E ora tutto prende forma e mette a tacere i figli di quelle madri sempre incinte, quelli che “si è svenduto”, “non cucina più”, “è un bluff” . Lunedì l'Auditorium è per lui, che rende omaggio alla memoria del Maestro (Marchesi, of course) con un risotto all'acqua al topinambur (balsamico alla ciliegia e cialda al cioccolato bianco e tartufo).
Il risotto all'acqua al topinambur di Carlo Cracco
Sul palco il secondo Luca Sacchi, a raccontare le difficoltà degli ultimi mesi e il profondo rispetto per la visione e il coraggio di Cracco, fonte di stimolo e ispirazione. “Non mi sono mai sentito arrivato” dice Cracco e forse il segreto per raggiungere certi traguardi è anche lì; “ho sempre portato avanti i miei sogni e la Galleria era uno di questi”. Per realizzarli, però, servono fondi e possibilità. Di sogni parla anche Niko Romito (Reale, Castel di Sangro, L'Aquila), dal primo, visionario Casadonna, al prossimo: il laboratorio del pane. “Sono riuscito a realizzarli perché ho un gruppo che sogna con me” dice, raccontando come da idea nasca idea, da un progetto realizzato ne scaturisca uno nuovo. E non è un caso che quell'organismo articolato che compone oggi il mondo Romito, si sia sviluppato in soli 5 anni.
Corrado Assenza
Profondità
“Andare in profondità delle ricette e degli ingredienti utilizzati, senza rinunciare a quei sistemi tecnologici che possano garantirci un prodotto senza prodotti chimici”. Andare in profondità, ma anche attingere da più maestri e da più settori in maniera orizzontale, “un po' come fanno gli ulivi, le cui radici sono più espanse della chioma”. Parole di un Corrado Assenza (Caffè Sicilia, Noto – Siracusa) poeta saggio e ambasciatore della sua Sicilia, che sul palco di Identità porta due dolci al piatto evocativi: “Guarda la Sicilia!” e “Vieni via con me”. Il primo è un cuturro di grano duro Rossello - “un piatto antichissimo che nasce per povertà popolare” - e il secondo è un dessert a base di cioccolato accompagnato dai frutti della regione e alcuni della azienda agricola di famiglia, dalle percoche ai gelsi neri, ai fichi d'india. Va in profondità anche Massimo Pica (Massimo Pica Pasticcerie Milano, Milano): ha studiato, analizzato le varie opzioni, progettato degli strumenti appositi, per rendere il panettone fruibile e appetibile tutto l'anno. Davvero. Il suo “Everyday” è fatto con l'ausilio di stampi di silicone e una griglia progettata apposta per riuscire a capovolgere i panettoni monoporzione senza farli cadere dalla teglia. “Ce ne stanno 40 per teglia. È uno strumento che ho pensato e applicato per proporre il panettone tutti i giorni e a tutte le ore, come se fosse una brioche”. Ha pensato proprio a tutto il giovane pasticcere milanese, anche ai sacchettini di carta per coloro tra il pubblico che volevano portarsi a casa il suo “Everyday”.
“Quanto sono lontano dalla sua profondità” dice Riccardo Camanini (Lido 84, Gardone Riviera - Brescia) a proposito di Corrado Assenza, che ha incontrato nei mesi di chiusura del ristorante, mesi di viaggi, incontri, scoperte: “è questo il Fattore Umano” dice. E spiega come, solo grazie al confronto con le persone, sia riuscito nell'obiettivo di prendere la sbernia (o bernia) - la tradizionale carne di pecora marinata ed essiccata - e addomesticarne il sapore per poterlo portare sulla sua tavola. Per riuscirci ha usato una seconda marinatura nel miele, dopo l'essiccazione, e una stagionatura per due settimane con la carne coperta e sigillata completamente da cera d'api, così che il tempo e il miele facciano il loro lavoro. Il risultato è una carne morbida e di nuovo umida, che ha perso gli accenti più spigolosi e ha conquistato aroma, sapore, profondità. Con questa prepara un brodo, una tartare, un olio con cui condire la pasta, mentre la parte più succosa, la coscia, viene grigliata. E lo spettacolo di quel monumento arcaico alla pastorizia e all'ingegno dell'uomo troneggia imponente sul palco, come una pelle fossile distesa all'aria.
Simone Padoan
Rivedere l'ordine dei valori
“Dobbiamo essere un po' più liberi mentalmente, senza cercare a tutti i costi di incanalare per forza le cose, i concetti. La mia pizza è così, punto. Dovremmo iniziare a trattare i piatti per come sono, come un qualcosa di pancia, immediato. E al tempo stesso dovremmo porre più attenzione all'etica nel lavoro”. Una riflessione sacrosanta, quella di Simone Padoan (I Tigli, San Bonifacio – Verona), che sul palco porta con sé i suoi giovanissimi collaboratori: Sofia, Mattia, Silvia, Giada, Aki e Giovanni. “Quando si tratta di cibo, le persone sono portate a dire che quello che hanno mangiato è caro. Ma tutti noi dovremmo fermarci un attimo a pensare, perché quello che in realtà si paga non è solo il cibo, ma le persone che hanno lavorato per quel piatto, il percorso culturale che c'è dietro, lo sforzo dei ragazzi in cucina e in sala. Che iniziano a lavorare quando gli altri lavorano e continuano anche quando gli altri si vanno a divertire. In più è inutile nasconderlo: gli stipendi non sono adeguati, quindi questi ragazzi vanno spronati con il fattore umano”. Vedere i suoi collaboratori parlare emozionati di loro e di quel che fanno, emoziona a sua volta e fa riflettere. A volte basta così poco. Basta anche agevolare il servizio (durante la lezione a Identità) attraverso dei box contenenti tutti e tre i piatti: frollino di grana padano con battuta di scamone, aspic d'arancia e rapa bianca in salamoia; pizza con impasto aromatizzato all'orzo, oca marinata e cavolo nero fermentato; torta delle rose con crema di mais aromatizzata al miele, arancia e marsala.
Clare Smyth
Ancora uno scambio di ruoli, questa volta nel piatto, a ribaltare la vecchia supremazia degli ingredienti nobili su quelli poveri. È la piccola rivoluzione di Clare Smyth (Core, Londra, Gran Bretagna) che nel Lamb braised carrot, uno dei suo signature dish, trasforma un elemento funzionale come la carota – abitualmente usata per aromatizzare la carne brasata – nella protagonista del piatto lasciando all'agnello il ruolo di contorno, in un esercizio di democrazia alimentare che ripete anche con manzo e cipolle. Sono piatti golosi che invita i suoi clienti a mangiare come preferiscono, anche bagnando il pane nel sughetto succulento, se gli va. Una sfida alle regole del fine dining che ha messo in discussione - ribaltandone l'ordine dei valori - quando ha lasciato la collezione di stelle e le grandi cucine (Ramsey, Ducasse, Roux, Keller) per aprire un posto tutto suo, dove fare cucina inglese contemporanea, “una cucina nostalgica” la chiama lei, lontano da certi formalismi, in cui il punto centrale è il contatto tra le persone. Con i clienti (il grande vetro che separa sala e cucina consente di abbattere certi diaframmi) e con quell'antologia di storie, racconti e panorami che compongono il team di fornitori - che sono parte del suo viaggio. In un approccio etico e sostenibile alla materia e a chi la produce.
Lello Ravagnan
Centralità della persona
Aprirà mai all'estero Padoan? “Siamo delle persone, abbiamo delle famiglie, abbiamo dei sentimenti ed è giusto curare questi aspetti. Per ora il giusto equilibrio è rimanere in Italia”. La centralità del pizzaiolo in quanto persona con dei sentimenti, la si coglie anche nelle parole di Lello e Pina Ravagnan (Grigoris, Mestre – Venezia): “La nostra azienda ha cercato di mettere la persona al centro, sia investendo sul personale, pensate che oggi ci troviamo con ben 5 sommelier di quinto livello, sia focalizzandoci sul cliente, tanto da aver progettato l'ingresso della pizzeria affinché ben predisponesse gli avventori. E poi c'è la ricerca dei piccoli produttori, con i quali instauriamo dei rapporti lungimiranti”. Tra gli assaggi, una pizza con il prosciutto cotto di mora romagnola di un produttore di fiducia e una con la bottarga dei pescatori di Cabras.“Investire sul fattore umano oggi è una scelta vincente. L'uomo mettiamolo sempre al centro”.
Massimo Bottura
La squadra
La squadra è tutto. È lavoro, è incontro, è famiglia. È quella cosa che permette di moltiplicare le forze e gli sforzi e di trasformare le idee e i sogni in progetti. È il fil rouge che collega quasi tutti gli interventi della giornata in Auditorium: ne parla Massimo Bottura (Osteria La Francescana, Modena) che – puntuale con il suo appuntamento da grande motivatore delle 12 – parla dell'importanza del buongiorno, “dell'affrontare la quotidianità senza perdersi nella quotidianità”, dell'iniziare con il piede giusto una giornata che, con molta probabilità, sarà lunghissima, e vedrà lavorare molte persone fianco a fianco per ore. “840 minuti di quotidianità” quantifica Enrico Crippa (Piazza Duomo, Alba Cuneo), che intitola il suo intervento (dove non manca un omaggio a Marchesi) proprio così.
Enrico Crippa
Fanno 14 ore, quelle che mediamente trascorre in cucina con la sua brigata. Una convivenza possibile solo se c'è una grande armonia, come pure dice Bottura “questo si può fare solo se c'è il gruppo, la famiglia”. Quella cosa che rende responsabili l'uno con l'altro. Che fa accettare la diversità di ognuno e fa in modo che tutti riescano a esprimere il loro personale talento. È il Fattore Umano che crea una identità di gruppo, in cui completarsi, confrontarsi, condividere. Il suo obiettivo, spiega, è creare “idee commestibili”, aprire dialogo con la materia per portarne alla luce la bellezza. E per farlo serve su una squadra capace anche di autocritica, che possa imparare e imparare ancora, anche dalle giornate più deboli, che possono capitare: “siamo come in una finale di Champion's, a volte giochiamo meglio, altre peggio. È importante però giocare sempre con il cuore” e creare un gruppo inclusivo.
Lo stesso che presenta Niko Romito: “sono fortunato perché ho trovato dei ragazzi che sono un valore aggiunto, sono motivati, coinvolti, stimolati” dice Romito, che porta, virtualmente, con sé una parte della sua squadra (a oggi circa 180 persone), in un video in cui ognuno racconta un po' di sé e del pezzettino di progetto che incarna, da Cristiana Romito all'agricoltore che cura l'orto, dallo staff dei Bulgari Hotel di Dubai o in Cina a Gaia Giordano e Gianni Sinesi, dalla nutrizionista coinvolta in Intelligenza Nutrizionale alle persone chiamate a seguire il laboratorio del pane che aprirà a breve. Piccoli ritratti di storia e partecipazione a un progetto che si fa sempre più articolato e complesso. Con quell'idea di semplicità apparente che dal piatto arriva all'intera struttura, fatta di incastri, stratificazioni, di codificazione e condivisione, ma anche di passaggi e incroci di competenze, le stesse di cui parla anche Virgilio Martinez (Central, Lima, Perù) che spiega come Mater Iniciativa e il Mil siano un centro ricerche multidisciplinare che accoglie e riunisce attorno a sé anche professionisti di settori diversi, biologi, economisti, neurochirurghi, chiamati a studiare il tesoro alimentare del Perù, la sua cultura non solo gastronomica, il valore dell'agricoltura, delle tradizioni e delle persone.
a cura di Antonella De Santis e Annalisa Zordan
foto di Brambilla Serrani
Identità Golose 2018. La seconda giornata