uovo enfant prodige vicentino hanno aperto la sezione di Identità Golose tutta dedicata alla carne: Identità di Carne.
Parisi ha lavorato circa sette anni per riuscire a riprodurre un sistema che consentisse di cuocere alla brace anche in un ambiente chiuso. Così è riuscito a progettare il suo forno: solo ed esclusivamente alimentato da brace a carbone, niente cavi, nessuna scheda elettrica. I cibi, carne o verdure che siano, si adagiano su cassetti-griglie che si possono aprire per verificare la cottura, girare la carne. E Lorenzo, che tra le sue innumerevoli esperienze all’estero vanta un trascorso da Extebarri (il re spagnolo della brace), del forno di Parisi non ne ha potuto fare a meno. Per cuocere la carne, sì, ma soprattutto per sperimentare, per realizzare i suoi piatti d’avanguardia con la tecnica di cottura più antica che c’è.
È nel forno di Parisi che Cogo lascia disidratare le foglie di lattuga, per renderle croccanti, per mantenere il loro sapore naturale, il colore vivace. Le condisce con una maionese all’abete e una gelè all’aceto: la sua versione dell’insalata, un piccolo omaggio a Paolo Lopriore, uno dei suoi maestri. In bocca lascia un fantastico sapore di bosco, un affumicato leggero.
Sulla questione dell’affumicato anche l’allevatore toscano ha le idee chiare: i cibi cotti alla brace non devono avere un eccessivo sapore affumicato, coprirebbe troppo quello della materia prima. “Il fumo deve accarezzare la materia, non coprirla”, ribadisce Parisi. Sulla materia-carne, poi, Paolo non ha problemi ad affermare che “abbiamo la carne che meritiamo”. Quella che merita chi mangia carne tutti i giorni, chi consuma in maniera inconsapevole, chi non si informa.
Ciò che fa la differenza sulla qualità della carne in Italia per Parisi è l’uomo. “Non siamo in un paese in cui la natura possa caratterizzare la carne, e il segreto della qualità”, continua, “è il tempo, ma nessuno ne parla perché il tempo costa troppo”. Perché un prodotto che viene da animale adulto è sicuramente più buono, Parisi ci tiene a sottolineare che la storia della carne vecchia e dura deve essere superata, l’unica cosa che può rendere una carne dura è l’eccessiva magrezza delle carni. A conferma di questo ci fa assaggiare una pecora di ben 12 anni, precotta in sottovuoto per 6 ore a 36° e rifinita alla brace nel suo forno. Ad accompagnarla una freschissima salsa alle erbe e yogurt di capra, preparata da Lorenzo, ovviamente.
E se si parla di carne non poteva mancare il concetto Damini, quello dei due fratelli. Giorgio e Gian Pietro non si presentano a mani vuote, ma con due fantastici anteriori di Limousine, una vacca di 20-22 mesi, macellata proprio il giorno prima. E proprio con gli anteriori i Damini vogliono lanciare un messaggio: non esiste solo il lombo e il filetto in un animale! Anzi è proprio dagli anteriori che si possono ottenere delle carni molto saporite, adatte alle preparazioni più svariate. Come la squisita battuta di fesa di spalla con raperonzoli, pane croccante e bernese all’olio extravergine e dragoncello: semplicemente squisita. Dalla spalla, poi, si ricava il pezzo più adatto per la preparazione del brasato, come la paletta o il girello di spalla, accanto alla paletta c’è anche il girello di spalla.
Anche con la punta di petto Giorgio Damini realizza un piatto che non ha nulla da invidiare a tagliate di lombo e filetti (solo Giorgio sa quante parti anteriori hanno buttato i primi tempi perché non le voleva nessuno!). La cuoce a bassa temperatura nei suoi succhi per parecchie ore, in ultimo la condisce con puntarelle e senape in grani: un piatto equilibrato nei sapori e nelle consistenze. I Damini spiegano che si può cuocere anche in forno a 110 ° per 3, 4 ore bagnando continuamente le carni con i propri succhi, il risultato è lo stesso. La salsina la potete preparare emulsionando la senape in grani con il succo della carne. Basta saper scegliere e lasciarsi guidare da persone di fiducia.
A concludere la mattinata di Identità di Carne è stato Giorgio Nava, un cuoco milanese che trasferitosi a Cape Town ha messo su un allevamento davvero niente male: pecore, selvaggina (compreso li gnu) e niente di meno che la razza di vacca romagnola, che pare in quel contesto cresca alla grande. I suoi animali crescono allo stato brado, e a giudicare dalle immagini, sembra si tratti proprio di natura selvaggia, quella che in Italia oramai ci sognamo. Solo pascoli, niente stress per l’animale, neanche al momento del trasporto, e il risultato sono carni che profumano d’erba, selvaggina compresa. Con il forno di Parisi, prepara il filetto di gnu e ne fa girare un assaggio: di quelle immagini riusciamo a sentire anche i profumi.
Perché a volte toccare con mano la qualità estrema di un prodotto aiuta a risistemare meglio l’ago della bilancia. Nella speranza che l’ago più importante, quello della domanda-offerta, sia risistemato in termini di qualità, tanto da produttori e allevatori quanto da noi, consumatori sempre più consapevoli. Questo per i nostri uomini della carne sarebbe già un bel traguardo.
Sara Bonamini
07/02/2012