'Angelo domenica scorsa, si attende la degna chiusura martedì grasso con la Vogata del Silenzio, il corteo di gondole silenziose e il sacrificio del toro, grandiosa macchina scenica allegoria del Carnevale.
E se c'è una cosa che è indissolubilmente legata a Venezia e alla sua festa più importante sono le fritole, simbolo dell'allegro "bevar e ciacolar veneziano". Si tratta di un impasto molto semplice, arricchito con pinoli e uva passa (secondo una ricetta del 1858, con uva di Smirne), aromatizzato alla grappa o anice, e poi fritto. Di queste lagunari frittelle si fa un gran parlare fin dal XVI secolo in didascalie, raccolte e stampe: compaiono anche nel Campiello di Goldoni, e nel corso del Settecento la corporazione dei fritoler divenne molto nota e organizzata, tanto che su ogni bottega era innalzata una sorta di insegna che celebrava il proprio artigiano. In una stampa ottocentesca compare anche il nome di uno dei fritoler più famosi, Zamaria: fuori dal suo "laboratorio", munito di grembiule, tiene in mano un vasetto bucherellato con cui cosparge di zucchero le sue fritole. Impossibile resistergli: ora come in passato, una tira l'altra.
di Rita Quaglia
15/02/2012
foto di Emil Cenzato