Proviamo per un attimo a spostare i riflettori: al di là degli chef, la ricchezza e la fama della cucina italiana risiede in quei piccoli o grandi produttori che continuano a creare chicche gastronomiche con passione e dedizione. Solo che molto spesso questi artigiani del gusto sono pressoché sconosciuti. Dunque, perché non farci aiutare da chi, ogni giorno, ha a che fare con loro? Ovvero quei ristoratori che di secondo lavoro macinano chilometri alla ricerca del caprino o della slinzega perfetta, diventando, senza volerlo, una preziosa vetrina per il casaro o il norcino di turno. Comincia il viaggio dei “consigli dell'oste” Michele Valotti, chef e patron de La Madia a Brione, in provincia di Brescia.
Michele Valotti
Michele Valotti
Chef e patron dal ‘98 di una trattoria solida e senza fronzoli in un paese di 500 anime sulle colline del Bresciano. Nasce perito agrario, cresce nella facoltà di filosofia ma poi abbandona tutto per mettersi a cucinare. Ecco così spuntare l'orto di casa per coltivare le migliori verdure di stagione, rileggere piatti della tradizione come lo spiedo bresciano (sostituendo gli uccelli con le sarde del vicino lago), riscoprire le parti meno nobili degli animali, come cuore e midollo, per dar vita a preparazioni dalla sorprendente semplicità, e distillare gli ingredienti più disparati a creare insolite essenze. Alla Madia si sciorinano nozioni, storie di cibi e di produttori, tecniche di cottura, ingredienti, in un vero e proprio turbinio enciclopedico. Ma il lavoro di Michele non si limita alle quattro mura del locale, il resto del tempo lo passa in macchina per andare a reperire i formaggi, le carni, la sarda secca dai fornitori più vicini che lavorano con coscienza. “I primi tempi arrivavo ai fornelli alle 17 dopo aver trascorso più della metà della giornata a fare la spesa. E questo per dare un senso al concetto di tradizione del domani. Il piatto che si faceva cent’anni fa ma realizzato con materie prime di dubbia provenienza, magari neanche italiane, non ci interessa. L’autenticità passa anche per il rapporto con il piccolo produttore che sa fare le cose, il più contiguo possibile a noi”. E nelle sue varie peregrinazioni ha conosciuto, quindici anni, fa Vanni Forchini: “Lavora con me da 15 anni, è sempre stato un norcino attivo in Val Camonica. Lui conosce e compra direttamente dagli allevatori e ha sempre fatto prodotti particolari, dal violino d'agnello alla berna (ndr carne secca di pecora), alla salsiccia di castrato, uno dei prodotti più tipici di Breno. Con lui stai sicuro che le carni non provengano dall'Argentina perché usa solo quelle del territorio”.
Vanni Forchini
Vanni Forchini
Comincia a 22 anni a lavorare in una macelleria di Cividate Camuno, poi ne compra un'altra più grande; ma non gli basta: vuole potersi occupare totalmente alla produzione di grandi salumi recuperando le tradizioni camune. Desiderio realizzato. Dal 2010 ci si dedica a tempo pieno e oggi è uno dei norcini più capaci della Val Camonica. Merito della sua perizia, della giusta selezione delle carni (chi più di un ex macellaio?), dell’utilizzo di aromi tradizionali come ginepro, alloro, rosmarino, del tempo dedicato senza costrizioni o compromessi. La sua, è arte antica che salva un prezioso patrimonio di conoscenze. “Faccio il norcino da più di trent'anni, nel corso dei quali ho riscoperto tecniche e usi ormai confinati ai membri di alcune famiglie contadine. Come la salsiccia di castrato fatta con pècoro maschio castrato, una ricetta antica, dove venivano usati anche animali vecchi, molto semplice: la carne viene disossata, macinata e impastata con le spezie e il brodo degli ossi stessi dell'animale”. Da mangiare cotta. “Oppure il violino, salume della tradizione valligiana, ricavato dalla coscia di pecora o di agnellone, che io metto in salamoia con sale, aglio e bacche di ginepro e dopo qualche giorno (prima la giro e la massaggio) appendo e lo stagiono per circa tre mesi. Tradizionalmente veniva fatto con l'osso ma siccome ne era difficile la commercializzazione, ho escogitato un sistema grazie al quale da ogni coscia vengon fuori due violini disossati”. In realtà, il nome “violino” deriva proprio dalla forma tradizionale di un violino, con la zampa che funge da manico e la massa muscolare da cassa.
Pancetta di maiale
Altro prodotto di cui va fiero è la testina: “Una volta non si buttava via nulla del maiale, così con la testa si preparava questo insaccato delicatissimo, cucinando tutte le parti della testa, aggiungendo aromi e insaccando il tutto”. A lui piace lavorare anche con animali meno comuni, pensiamo al suo petto d'anatra o allo speck di cinghiale, con un unico dictat: la provenienza delle carni è quanto più possibile territoriale. Stessa filosofia anche per le conce naturali, le spezie e gli aromi. “Tutto è del territorio e poco invadente, anche perché le persone si sono stancate di prodotti artefatti”. Il minimo indispensabile di sale e affumicature naturali dunque, tutto eseguito a regola d'arte nel suo laboratorio di Ranzanico. “Solo la settimana scorsa ho inaugurato il mio nuovo progetto: l'Agricola Maroni, con il mio socio, amico di sempre e pastore, Silvestro Maroni. Per avere ancora più controllo sulla filiera”. Un'azienda agricola, che è anche allevamento di pecora, asini e capre. E laboratorio di norcineria.
La Madia | Brione (BS) | via degli Aquilini, 5 | tel. 030 8940937 | www.trattorialamadia.it
a cura di Annalisa Zordan