Dall'Eliseo alle cucine dell'Hotel d'Europe di Avignone ci sono 700 chilometri e una gran voglia di lasciare il segno nella ristorazione che conta. A fare il grande passo è stato uno chef di 25 anni, Mathieu Desmarest, che ha lasciato la brigata presidenziale per ritornare nella natia Provenza. "All'Eliseo, il posto dove si impara la grande cucina classica francese, mi ha voluto Guillaume Gomez e ci sono rimasto due anni” dice, e aggiunge: “Ma ad un certo punto ho avuto la consapevolezza di aver raggiunto la maturità per proporre la mia idea di cucina".
Vieille Fontaine
Incontriamo Mathieu Desmarest al ristorante Vieille Fontaine nelle storiche sale dell'Hotel d'Europe che è stata dal 1580 la dimora delle famiglie Graveson e Forbin. Uno dei migliori indirizzi di Avignone, sotto le alte mura del Palazzo dei Papi. Nel 1799 Madame Pierrot trasformò la dimora aristocratica in albergo sotto insistenza del suo amico Napoleone Bonaparte che le suggerì anche il nome con cui è conosciuto ancora oggi. "Avanti avanti, non siamo mica da Madame Pierrot ad Avignone" sembra dicesse Napoleone durante la campagna di Russia per spronare le truppe. Il posto, dunque, è ricco di storia, citato dalla guida Michelin ininterrottamente dalla prima edizione nel 1900, ma con Mathieu Desmarest è arrivata una ventata di rinnovamento.
La cucina, i premi e i piatti
Se dovesse definire la sua cucina, che aggettivi userebbe?“Vérité, pureté, émotion: queste sono le mie parole d'ordine” risponde senza indugi:“il cliente che arriva da me deve soltanto decidere quanto vuole spendere e poi rispondere ad alcune domande del maître sulle sue preferenze. Al resto ci pensiamo noi, cercando di personalizzare il menù di ciascuno. E in questo ci sta anche un pizzico di azzardo. Sono soddisfatto se il cliente a cena finita mi dice che se lo avesse letto su una carta, non avrebbe mai scelto quel piatto”. La huître Gillardeau (la Rolls delle ostriche) con foglie di rapanello e shiso proposta come amuse bouche è l'emozione dell'Oceano che entra in bocca. E già questo promettente prologo svela il talento dello chef che ha cominciato a 16 anni il suo percorso professionale proprio all'Hotel d'Europe, dove si è guadagnato il titolo di Meilleur Apprenti de France. Poi per tre anni a Collonges sotto l'ala di Bocuse, due anni a Parigi al Pré Catelan e nel 2013 l'ingresso fra i 25 della brigata dell'Eliseo. Intanto nel 2014 è arrivato anche il Trophée Jean Delaveyne che in Francia considerano come l'anticamera al titolo di Meilleur Ouvrier de France. Un percorso fitto di tappe importanti, ma per i piatti? Ce ne è uno del cuore? “Non ho piatti a cui sono particolarmente affezionato, considero il mio modo di cucinare un perpetuo movimento. Sono legato ai prodotti provenzali, ma voglio che i miei piatti siano giovani, attuali, dinamici”.
Il divertimento, i vini e le radici italiane
L'esempio più calzante di questa filosofia di cucina lo si ha quando in tavola arriva la Pierrade de peulpe de roche. C'è il divertimento, la strizzatina d'occhi del giovane chef che propone il polpo che cuoce su un grosso ciottolo arroventato. La grossa pietra non ha una provenienza casuale ma arriva da uno dei vigneti più prestigiosi della Provenza. Châteauneuf-du-Pape, come suggerisce il sommelier Jérémie Leone, guida sicura per gli abbinamenti che spaziano dal Pigeonnier della Cave Pazac (Costières de Nîmes) al Miraval (Coteaux Varois), dal Domaine des Tours (Pays de Vaucluse) al Clos la Roquète (Châteauneuf-du-Pape) per terminare con una Cuvée Edmond Vieilles Vignes, un Sancerre del 1998 del Domaine La Moussière.
Sono forse i ravioli di champignon, con chip di parmigiano un piatto che potremmo definire la sua personale madeleine? “Se dovessi ricordare un piatto legato a ricordi familiari dovrei dire sicuramente citare gli gnocchi alla cannella e parmigiano preparati in famiglia". Parmigiano, Italia. Già, perché qui arriva la sorpresa: il padre di Mathieu è bretone ma la mamma è friulana e allora si spiega meglio la predilezione per certi ingredienti che rimandano anche alla nostra cucina. Tutto nel solco della tradizione francese invece il resto della degustazione proposta da Mathieu: dal Lucioperca, zucca, cipolle caramellate e crema di piccoli pesci al vino rosso fino a uno strepitoso piatto come il Ris de veau (animella di vitello) purea di sedano e succo di astice.
Table du chef
In tavola arrivano altre delizie dal carrello dei formaggi (come non ricordare la fourme des Dentelles de Montmiraille), il pré-dessert (crémeux baileys, chocolat lacté, cacauètes et coulis de fruits rouges) e il dessert (dessert agrumes, sorbet citron, pamplemousse, coulis fruit de la passion), ma l’ultima sorpresa Mathieu ce la riserva invitandoci in cucina. Davanti al banco dove escono i piatti e a fianco dello scaffale dove sono esposti i trofei fin qui conquistati, ha predisposto due posti su alti sgabelli e un piccolo tavolo. Un’esperienza per due soli clienti, estremamente personalizzata, che costa quasi il doppio che in sala. Ma anche l’occasione per dialogare e vedere direttamente all’opera uno dei più promettenti giovani chef di Francia.
Vieille Fontaine | Hotel d'Europe | Francia | Avignone | 12, Place Crillon | tel. +33 (0)4 90147676 | http://www.heurope.com/fr/index.php
a cura di Dario Bragaglia