Prenotati a Gelato. Stili produttivi e modelli imprenditoriali. Quale futuro per il gelato di qualità? domenica 13 novembre dalle 10.00 alle 11.30
Basta avere stessi ingredienti e un uguale macchinario per fare lo stesso gelato? È quel che verificheremo durante Gourmet Expoforum con Andrea Soban della gelateria omonima (due sedi ad Alessandria, una a Valenza), Simone De Feo della Cremeria Capolinea di Reggio Emilia, Marco Radicioni di Otaleg di Roma e Il Gelato del Marchese a Parigi.
Li abbiamo riuniti per parlare con loro di gelato, ma soprattutto di gelaterie. Cosa serve per fare una buona gelateria? Quali sono gli investimenti da mettere in conto? Come è possibile sviluppare un modello imprenditoriale efficiente? Quale è il numero massimo di sedi che assicura la stessa qualità? Perché se a uno sguardo superficiale si potrebbe pensare che il gelato non sia un prodotto difficile da mettere in produzione, i fatti ci dicono il contrario: sono poche, pochissime gelaterie che hanno saputo moltiplicare i loro punti vendita senza incidere sulla qualità. Quali sono le ragioni? Cerchiamo di capirlo insieme.
Marco Radicioni, Andrea Soban, Simone De Feo
Un mondo senza sous
“Uno dei punti critici” dice Andrea Soban “è da individuare nella natura stessa delle gelaterie che rimangono fortemente legate alla stagionalità”, con molte attività che chiudono o riducono in modo sostanziale il loro orario di apertura durante l'inverno. Una caratteristica questa, che rende molto difficile creare un team fedele e altamente professionalizzato, con qualcuno che faccia le veci del gelatiere in sua assenza come avviene in cucina. “E creare una struttura che possa assorbire i costi fissi di un professionista, al pari di un sous chef, per capirci” spiega Simone De Feo. Inoltre, aggiunge Marco Radicioni: “si tratta di una professione per la quale è fondamentale la formazione in bottega”, come nella più pura tradizione artigiana. Di scuole ce ne sono, ma forse non bastano ancora. Una volta imparato il mestiere, sviluppata una propria personalità professionale, quanti sono disposti a rimanere “secondi gelatieri” come i secondi di grandi cuochi? Del resto non tutti i ristoranti hanno una brigata in cui c'è un vero e proprio secondo: non facciamoci abbagliare dall'alta cucina, la ristorazione in Italia è fatta in gran parte da insegne che mettono in campo forze molto più ridotte. Figuriamoci le gelaterie. Ma, in assoluta teoria, immaginiamo di poter contare su una base economica che non risenta dell'andamento del mercato e della variazione dei margini di guadagno, il gelato è un prodotto che si può standardizzare al suo livello più alto, oppure la moltiplicazione è comunque un rischio?
Gli ostacoli del settore
Un argomento, questo, che sembra incontrare pochi ma tenaci elementi che contrastano la crescita complessiva del settore. Per esempio la difficoltà di definire un disciplinare produttivo (e “forse più che il gelato bisognerebbe definire il gelatiere” dice De Feo), ma anche la pigrizia nel cercare le materie prime che ancora troppo spesso si incontra “le materie prime di qualità, con Internet, ormai le può avere chiunque” dice ancora De Feo, che aggiunge “il problema è saperle riconoscere”. A questo, suggerisce Radicioni, c'è da aggiungere anche l'endemica difficoltà nel fare rete in Italia. Un tasto dolente anche in altri settori, ovviamente. Però ristorazione, pizzeria, pasticceria, negli ultimi anni hanno assistito a una parziale comunione di intenti, anche se non mancano mai indomiti solitari che preferiscono andare per la propria strada senza fare troppo fronte comune.
Un'attività replicabile?
Per sviluppare un modello replicabile ad alti livelli, cose serve? Innanzitutto si tratta di scelte. Bisogna decidere se rimanere a fare l'artigiano in laboratorio o passare dalla parte dell'imprenditoria, avendo meno le mani in pasta e più la testa nei controlli, mettere a punto delle procedure che riducano al minimo le variabili, formare, delegare e verificare come lavorano le persone a cui si è affidata la produzione.
Ma, una volta assegnato a qualcun altro il compito di fare – concretamente – il gelato, il risultato sarà esattamente lo stesso oppure la mano del gelatiere avrà comunque il suo peso? Perché, c'è anche un'altra cosa da dire: “nessuno lavora in modo uguale all'altro”. Ce lo dice Simone De Feo, ma lo confermano anche Soban e Radicioni. Non si ratta solo di scelta di gusti: ogni gelatiere lavora con macchinari e ricette diverse, scelti appositamente per adeguarsi al suo stile. Per capire come, a Gourmet Expoforum abbiamo organizzato una degustazione guidata proprio da loro tre, a cui abbiamo chiesto di usare le stesse materie prime e la stessa macchina per preparare un gelato. Ovviamente lo stesso gusto per tutti. Ci sarà davvero differenza?
a cura di Antonella De Santis
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