Oggi la grappa si conferma un distillato di grande pregio e apprezzato in tutto il mondo anche grazie ai distillatori che hanno imboccato una strada che porta aromi, fragranze, morbidezze ed eleganze a questa acquavite tutta italiana. Le grappe per convenzione si dividono in Giovani (che vengono conservate in contenitori diversi dal legno), Aromatiche (da varietà di uve il cui particolare aroma viene trasmesso al distillato), Aromatizzate (ottenute per mezzo della macerazione con piante officinali) e Invecchiate, che sono quelle che hanno soggiornato per un periodo più o meno lungo in fusti di legno di rovere, frassino o altro legno. Oramai sono tante le distillerie che hanno sperimentato con successo sia l’utilizzo di specifiche vinacce da vitigni selezionati come nebbiolo, sangiovese e amarone, sia il loro affinamento in barrique o botti vecchie che hanno già conosciuto la maturazione di pregiati vini liquorosi come il Porto, lo Sherry o il Marsala.
Ma all'estero questa continua sperimentazione nel mondo delle grappe è conosciuta? E viene apprezzata? Abbiamo interpellato tre chef italiani all'estero, per scoprire quanto sanno della grappa e come ne incentiverebbero il consumo.
FAMIGLIA IACCARINO DEL RISTORANTE DON ALFONSO 1890 PRESENTE ANCHE A MACAO E MARRAKECH
“Siamo entrati tanti anni fa nel mondo delle grappe, quando in giro per l’Italia settentrionale (soprattutto Piemonte e Friuli) e in Europa del Nord, nella Foresta Nera in particolare,abbiamo avuto il piacere di conoscere piccoli distillatori di grande interesse con i quali abbiamo tutt’ora contatti”. Come mai la grappa, nonostante sia uno dei distillati italiani più venduti all'estero, è un prodotto che non è riuscito ancora ad affermarsi alla pari di altri distillati internazionali? “La grappa, portata a livelli di eccellenza, è stata realizzata solo negli ultimi 30 anni mentre alcuni distillati internazionali sono centenari; proprio per questo non è riuscita ancora ad affermarsi alla pari di altri distillati. Non si possono bruciare le tappe, la grappa ne deve fare di strada, anche se negli ultimi anni occupa un posto di prestigio in tutte le case del mondo”. Quali strategie utilizzereste per incentivare l'utilizzo di grappa all'estero? “Abbinandola ad altri prodotti italiani. Noi l'abbiamo abbinata ai formaggi e non solo. Oggi vantiamo una carta di circa 30 grappe di diverse tipologie e soprattutto di piccoli distillatori, ci siamo accorti che vengono apprezzate e richieste specialmente da tedeschi, svizzeri, inglesi e nord europei”.
CESARE CASELLA DEL RISTORANTE SALUMERIA ROSI DI NEW YORK
“Il mondo della grappa lo conoscevo meglio quando lavoravo in Italia. È un prodotto che mi interessa ma qui negli Usa non è molto conosciuto, e la situazione non è molto cambiata da vent'anni a questa parte”. Come mai, nonostante sia uno dei distillati italiani più venduti all'estero, è un prodotto che non è riuscito ancora ad affermarsi alla pari di altri distillati internazionali? “Il sapore è particolare e il cliente qui non è abituato, non è un sapore paragonabile ad altri distillati di successo. Tra l'altro i produttori di vodka, per esempio, hanno investito molto nel marketing, per diffondere il prodotto lì dove non si conosceva e per incrementarne il consumo nei paesi dove già veniva consumata”. Quali strategie utilizzeresti per incentivare l'utilizzo di grappa all'estero? “Forse è molto più semplice rispondere con altre domande: quante grappe si bevono in discoteca? Quanti cocktails sono fatti con la grappa? Quanti soldi si sono investiti per incrementare l'educazione nei confronti di questo prodotto, per accrescerne l'immagine all'estero?” Voi la proponete a fine pasto? “È in carta però molte persone non sanno nemmeno che cosa sia! Nel mio ristorante il consumo di amari o di limoncello è superiore”.
GIORGIO LOCATELLI DEL RISTORANTE LOCANDA LOCATELLI DI LONDRA
“La mia conoscenza sulla grappa è abbastanza approfondita, grazie ai corsi di specializzazione sui distillati e alle visite in distillerie che ho fatto in Italia. Mi piacerebbe approfondire ancor di più l'argomento qui a Londra, sarebbe interessante che l'ANAG (l'Associazione Nazionale Assaggiatori Grappa ed Acqueviti) organizzasse un master professionale sulla grappa a Londra per la divulgazione e la conoscenza di questo distillato ancora poco conosciuto dal punto di vista tecnologico .Un esempio? La traduzione di vinacce in inglese è pomace e molti inglesi non sanno neppure il significato di questo termine!”. Come mai, nonostante sia uno dei distillati italiani più venduti all'estero, è un prodotto che non è riuscito ancora ad affermarsi alla pari di altri distillati internazionali? “Il gin, che sta avendo una forte crescita con molte nuove distillerie, o la vodka, che ha da sempre grande diffusione, vengono utilizzati in cocktails o long drinks, mentre la grappa no. Poi molto spesso i produttori di gin o vodka fanno parte di grossi gruppi o multinazionali che hanno le possibilità economiche di pubblicizzare i loro prodotti in televisione o in ogni magazine di settore e non solo. È ovvio che la grappa non può raggiungere i numeri della vodka - non dimentichiamo che può essere prodotta solo in Italia - ma può puntare sulla comunicazione e sul marketing, come hanno fatto i produttori dei maggiori distillati di cereali. La legislazione italiana può fare molto in questo senso, cercando per esempio di fare chiarezza anche attraverso l'etichetta”. La questione è stata ribadita anche in occasione del convegno Grappa, spirito nazionale verso il mercato mondiale organizzato da Assodistil, dove Giorgio è stato invitato in qualità di esperto sul mercato della grappa nel Regno Unito:“ricordo di avere suggerito di inserire alcune informazioni che molte volte mancano o sono poco chiare nelle etichette: la provenienza e il tipo di vinacce, se una grappa è di Barolo sarebbe opportuno specificare di quale zona (Gasigione Falletto, Monforte D`Alba etc) così, oltre a dare informazioni più precise al consumatore, si potrebbe iniziare una sorta di mappatura o zonazione anche per le grappe. In Italia abbiamo centinaia di vitigni disponibili e centinaia di zone di produzione, si potrebbe dunque distinguere grappa da grappa. Poi in etichetta andrebbe esposta la ditta distillatrice, l'anno di distillazione e di imbottigliamento, il tipo di distillatore usato - alambicco a vapore, a bagno maria o discontinuo - il tipo di legno usato per l'invecchiamento: in Italia non ci sono solo barrique e tonneau ma anche botti di acacia, ciliegio e castagno, perché non specificare questa unicità italiana?”Â
Voi la proponete a fine pasto? La nostra lista di distillati e liquori presenta oltre 450 referenze e in prima pagina si trovano le grappe che oltre ad essere divise in tre gruppi - grappe da bacca bianca, da bacca nera e miste - sono divise per regioni e tutte presentano la percentuale di alcol, il vitigno e, quando mi è possibile, l'anno di distillazione e invecchiamento”. Quali strategie utilizzeresti per incentivare l'utilizzo di grappa all'estero? “Molti produttori di vino potrebbero far distillare le loro vinacce da distillerie della loro zona e imbottigliarle con le etichette che ricordano il vino da cui le vinacce provengono. Poi i distillatori italiani dovrebbero collaborare organizzando degli eventi, per esempio master con esame finale e rilascio di attestato, oppure partecipando a fiere come la LIWF (London International Wine Fair) o la Definitive Italian Wine Tasting, che è l'evento più importante, anche in termini di numero dei partecipanti, riguardante l'Italia; o ancora contattando l'Academy of Food Wine and Service che spesso organizza corsi e master specifici”. Giorgio specifica poi che la grappa deve mantenere la sua identità, senza cercare di copiare alcuni brandy con un'incidenza del legno troppo marcata.
Puntare sull'identità senza scimmiottare altri distillati e organizzare dei corsi per far conoscere questo meraviglioso prodotto, mettendo assieme più produttori: ecco i consigli più interessanti per incentivare l'utilizzo di grappa all'estero.
a cura di Annalisa Zordan
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