L'offensiva legislativa viene da Coldiretti, Symbola e Unaprol che hanno insieme stabilito dei parametri necessari affinché l'olio extravergine di oliva italiano sia riconoscibile senza dubbio. E affinché non venga spacciato per extravergine del liquido che nella migliore delle ipotesi può esser al massimo considerato lubrificante, senza nessuna delle caratteristiche che rendono l'extravergine italiano buono, particolare e salutare.
La proposta di legge, strutturata in 15 articoli raggruppati in 5 capitoli, punta da una parte a rendere leggibili e immediatamente riconoscibili le scritte e le diciture obbligatorie in etichetta, a vietare gli elementi di confusione e a fissare dei parametri nel contenuto di alchil esteri (i metil esteri sono indice di qualità, mentre gli etil esteri sono indice di fermentazione, di cattiva lavorazione e cattiva conservazione delle olive) che devono essere inferiori o uguali a 30 milligrammi per chilo. Livello oggi fissato invece dalle norme comunitarie a 75 mg/Kg: troppi, davvero troppi, se si pensa che la buona produzione artigianale italiana, fatta secondo le buone regole, no suopera mai un livello di alchil esteri di 25-30 mg/Kg.
Questa azione di lobbying poplare cui le tre associazioni chiamano tutti i cittadini, i consumatori e anche gli operatori gastronomici, parte anche dalla constatazione che è in costante aumento l'importazione in Italia di mischele di oli dall'estero (quest'anno salita di un ulteriore 3%), con fenomeni assurdi a livello di mercato che addirittura portano sugli scaffali di alcuni supermercati oli etichettati come extravergine a prezzi che dire simbolici è poco: sotto l'euro, addirittura. Quando in Italia un extravergine "normale" non può costare al consumatore meno di 6 euro al litro.
"E' scandaloso che in un paese come l'Italia noi cittadini siamo costretti a consumare, con l'inganno, prodotti scadenti ottenuti spesso mescolando prodotti di origine diversa - afferma Sergio Marini, presidente di Coldiretti - l'olio di oliva è un simbolo del made in Italy che significa anche cultura, territorio, salute e paesaggio. Ma la mancata tutela del marchio Made in Italy, costa a noi tutti almeno 300mila posti di lavoro e 100 miliardi l'anno di mancato fatturato".
"Nella competizione globale - gli fa eco Massimo Gargano, presidente di Unaprol - le imprese olivicole italiane hanno bisogno di recuperare come elemento di competitività il legame con il territorio e l'origine certa del prodotto. Un binomio indissolubile, che non può essere confuso sullo scaffale con la logica del 3X2. La legge che proponiamo - spiega Gargano - offre maggiori garanzie perché crea una barriera di anticorpi a favore delle imprese olivicole e offre alle aziende serie di questo settore l'opportunità di alimentare la catena del valore intorno al prodotto simbolo del made in Italy nel mondo".
"Per far ripartire l'economia, nella crisi, bisogna puntare sui talenti italiani. Per l'olio - afferma Ermete Realacci, presidente di Symbola - è necessario seguire la stessa strada che da anni è stata intrapresa con successo nel settore vinicolo. Puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità".
Ma per fare questo, ovviamente, la qualità deve essere certa, garantita e soprattutto davvero percepibile. Cosa che ora, nel calderone degli oli "extravergine" di oliva, davvero non è!
Stefano Polacchi
21 marzo 2012