“Attenzione, il rischio è che Toscana rimanga un’etichetta con tanto appeal, ma con pochi contenuti! La toscanità tira molto nel mondo, ma non facciamola diventare una gabbia, uno specchietto per le allodole: chi punta a fare qualità deve difendere i contenuti e farli coincidere sempre più con l’essere Toscano. Altrimenti tutto si appiattisce al livello dell’industria. E poi, come si fa a spiegare la diversità e i pregi dell’olio extra vergine toscano e la sua artigianalità?” L’allarme lo dà Maurizio Pescari, giornalista e comunicatore che ha seguito per la Dop Terre di Siena e il Consorzio fitosanitario della provincia toscana un incontro tra i giornalisti e gli esperti del settore con le aziende e gli oleifici aderenti al progetto integrato di filiera Un filo d’olio teso a incrementare tecnologia e qualità nella filiera dell’extra vergine toscano.
In effetti, qualche dubbio lo avevamo, all’inizio: il dubbio che potessimo incontrare realtà standardizzate, legate al mito della Toscana senza però quegli elementi di vitalità creativa e di passione che danno anima alle produzioni artigianali e di pregio. Beh, ci sbagliavamo. Incontrando una ventina tra aziende, coltivatori e frantoi cooperativi, abbiamo conosciuto una realtà di altissimo livello, persone e tecnici attenti al prodotto e alle sue caratteristiche, desiderosi di imparare e di confrontarsi. Insomma, non quella Toscana da cartolina che forse in molti ci aspettavamo, ma un tessuto agricolo e produttivo impegnato in prima linea sul fronte della qualità e della sua difesa.
Certo, la presidenza di Franco Bardi – maniaco dell’oliveto e del blend, premio per la migliore Igp Toscano nella guida Oli d’Italia 2013 – rappresenta sicuramente per le aziende aderenti alla Dop Terre di Siena uno stimolo, un pungolo costante sulla strada del fare bene. Ma sentire i racconti dei produttori, anche piccoli e molto piccoli, è stato davvero emozionante. “Io non riesco a seguire tutto quello che dovrei per dare più senso all’extravergine che produciamo con l’azienda di famiglia… Ma certo, ho il vantaggio che il mi’ babbo ha sempre guardato con interesse e favore alle novità” racconta Francesco Aggravi di Cetona che produce il Fruttato, Igp Toscano “È stato uno dei primi a utilizzare le cassette piccole al posto dei sacchi e dei cassoni da 30 chili! E poi, molto sul piano della qualità lo dobbiamo anche al nuovo frantoio sociale che da una decina di anni ci permette di molire le olive subito appena raccolte mentre prima eravamo costretti ad attese anche molto lunghe prima di lavorare le olive raccolte”.
Proprio a questo punta il Pif organizzato dal Consorzio volontario fitosanitario della provincia di Siena: migliorare le dinamiche di produzione e lavorazione, ridurre i costi, gli sprechi, i tempi morti e aumentare il riciclo degli scarti di lavorazione, sia nei frantoi sociali che nelle singole aziende aderenti al progetto. Così il frantoio sociale di Cetona è riuscito a realizzare l’impianto per il recupero del nocciolino e un’area per la defoliazione delle olive. Mentre quello di Montepulciano ha razionalizzato gli spazi di lavorazione e sta organizzando una squadra di raccoglitori con le macchine scuotitrici per aiutare i coltivatori che non riescono a far tutto da soli o non hanno i soldi.
E poi, dagli assaggi e dai confronti, esce fuori un olio toscano che non è un corpo solo, che ha molte sfaccettature e che racconta storie diverse a seconda delle zone e delle realtà. Così Clara Brignoli, di Chiusi, parla della sua etichetta Il Colle: “È un olio molto dolce, delicato, equilibrato… Quando lo abbiamo fatto assaggiare ad Aosta, il pubblico è impazzito: se lo volevano bere a bottiglie per come rispondesse al loro gusto abituato a sapori più leggeri”. Sì, perché l’extravergine toscano non è solo e sempre piccante e carciofo spinti al massimo. L’olio toscano non ha sempre e solo i muscoli: sa anche essere discreto, intrigante. Come la nuova annata di Franco Bardi che nel complesso mostra armonie di altissimo livello, mai sbilanciate su piccante e amaro, con splendidi equilibri tra corpo dell’olio, aromi e sapore.
Così, Filippo Pieri della Fattoria di Bonaldo (2 foglie nella guida Oli d’Italia 2012), racconta come l’anno scorso abbia voluto provare a usare le scuotitrici: un tentativo andato male, con le olive raccolte più tardi e un olio che non lo soddisfaceva affatto, tanto che si aspettava di non ritrovarlo in guida 2013: quest’anno, però, ha raccolto intorno alla metà di ottobre e ha tirato fuori un extravergine potente e diretto, con il leccino (pianta che bene tiene a queste latitudini e altitudini) a dominare un blend di corregiolo e moraiolo. “Vorrei tanto avere un extravergine equilibrato e armonico, pur con personalità” spiega Filippo, prima di incontrare uno dei panelisti nel Palazzo del Podestà di Montepulciano. Forse quest’anno il suo olio è decisamente in splendida forma, ma non proprio armonico. Ma del resto, è un extravergine che segue anche la personalità di chi lo produce: un ragazzo vivace e iperattivo, che fa il macellaio per vivere e l’olivicoltore per gratificarsi. Un ragazzo che ha affidato l’etichetta a un’amica disegnatrice e che descrive quasi come in un fumetto l’operosità e la passione che secondo lui devono stare alla base di un grande olio.
E poi c’è l’attenzione alle lavorazioni: “Ci interessa molto sapere cosa facciamo e per chi” spiega Giacomo Mori, presidente del Frantoio “Possiamo lavorare a tre o a due fasi, ma il risultato cambia: a tre fasi l’olio è meno carico, più dolce e in molti lo preferiscono così. Quindi, rinunciamo alla potenza in favore dell’armonia. Anche se ci sono dei soci che invece vogliono l’olio più piccante, per cui facciamo delle partite a tre, ma anche altre partite a due fasi”. Cosa invece che non esiste nel frantoio di Montepulciano, dove le due fasi sono di default e l’olio ha grande carattere e maggior potenza.
Certo, sullo sfondo rimangono i temi del mercato globale, dei prezzi spesso non remunerativi, della guerra in corso con la grande industria dei grassi, della insufficienza della legislazione italiana a tutelare la qualità dei prodotti. E la tentazione sempre più spinta e forte, a tirarsi fuori dalla categoria merceologica olio extra vergine di oliva per poter avere più libertà di movimento e di mercato. Così, se c’è chi pensa a spremute di olive come si trattasse – quale in effetti è! – di un succo di frutta, c’è chi pensa a parlare solo di Dop Terre di Siena, senza indicare extra vergine (come il Chianti o il Brunello di Montalcino: mica c’è bisogno che scrivano “vino”).
Per chi vuole approfondire le degustazioni di oli dalla Toscana, sul numero del Gambero Rosso di gennaio, in edicola a fine mese, troverete la rubrica Extravergine dedicata agli oli nuovi della provincia di Siena.
a cura di Stefano Polacchi