Colli Etruschi, oleificio cooperativo di Blera da 51 anni, ha presentato le sue tre etichette alla stampa e al pubblico. Visita al frantoio, prove di assaggio dai fusti con le varie partite lavorate, pranzo con i piatti (all’olio extravergine di oliva) firmati da Kotaro Noda del Bistrot 64 di Roma, ticket territoriale con la cantina San Giovenale (sempre Blera) di Emanuele Pangrazi, autore di quel fantastico Habemus che da qualche anno fa brillare la Tuscia enologica nel panorama italiano.
Alla scoperta di prodotti e terroir
Applausi a una giornata all’insegna della “verità” su prodotti e terroir: si è toccato con mano lo spessore di due realtà produttive completamente diverse – agli antipodi potremmo tranquillamente dire – ma unite su un percorso di qualità totale, a partire dalla sostenibilità per finire con la prova del palato. Come già fatto, la settimana scorsa, dall’oleificio toscano Franci, anche Colli Etruschi si sottopone al vaglio di assaggiatori e critici nella totalità della sua produzione e mostra un bel pezzo della situazione produttiva delle zone di coltivazione e lavorazione in cui operano. Nel primo caso eravamo alle pendici del Monte Amiata, ai confini della Val d’Orcia; qui siamo nel Viterbese, in una zona importante dove domina la cultivar Caninese, che abbraccia Vetralla e che va verso il mare confinando con la vicina Dop Canino.
Anguilla del lago di Bolsena mantecata all'olio extravergine d'oliva, con aspro di cipolla
Una lezione sul campo
La lezione che si trae da questi incontro è simile: sempre più l’olivicoltura si afferma come un vero e proprio lavoro in campo – alla stregua della viticoltura – e sempre meno spazio c’è per i contadini della domenica, di quelli che una volta potato vanno a vedere i campi una domenica sì e una no e danno appuntamento alle olive per la raccolta. Quando, sempre più spesso, sono già tutte o quasi rovinate da mosca, tignola, muffe e funghi e spesso non stanno più neppure sull’albero.
Da questo punto di vista, il lavoro del direttore di Colli Etruschi, l’agronomo Nicola Fazzi, è esemplare: controllo serrato dei terreni dei suoi 330 associati a partire da aprile, monitoraggio continuo e analisi dei campioni al microscopio, valutazione del clima e delle opportunità di raccolta, decisione se anticipare o meno in base alla situazione in oliveto, apertura del frantoio sociale in base a queste considerazioni.
Da questo lavoro è uscito un biologico eccezionale: blend di Frantoio, Leccino e Maurino con saldo di Caninese (20%) raccolti e molti a fine settembre, sentori vivi e verdi di erba, mandorla, carciofo e pomodoro, bocca pulita e netta, finale lungo con piccante e amaro in buon equilibrio, senza punte estreme, molto piacevole e con un bel nervo. “Un biologico così non l’ho mai assaggiato in zona” è il commento di Nicola. Considerazione fatta propria dal pubblico dopo l’assaggio.
Formaggi Pira
Raccolta precoce? Occorre valutare
Questo olio è frutto di una raccolta molto precoce per la zona, necessaria per evitare il ricorso a trattamenti in un momento di particolare equilibrio di un oliveto collinare rimasto abbastanza libero dalla mosca che però cominciava a mostrare già le prime insidie. L’analisi di questa situazione ha portato a raccogliere e lavorare subito le olive, con risultati davvero molto molto positivi. Le stesse considerazioni, invece, hanno portato a raccogliere la Caninese non prima del 15-20 ottobre: utilizzando l’opera di reidratazione ottenuta dalle piogge di fine estate che hanno permesso di avere una buona qualità di extravergine a fronte di una resa apparentemente minore e di un carico polifenolico non altissimo (intorno ai 400-450 mg/Kg).
Ne risultano oli non molto potenti, dal fruttato medio, con un buon equilibrio tra le diverse componenti amare e piccanti. Paradossalmente, solo la partita di olive lavorata anticipatamente il 10 di ottobre ha dato un olio più stanco rispetto a quello derivato da olive raccolto due settimane dopo, quando erano ancora ben verdi e sane: effetto della disidratazione, ma soprattutto delle temperature più alte che hanno portato una maggiore ossidazione dell’olio nel primo caso. In sostanza, il lavoro attento in campo ha permesso a Colli Etruschi di avere una produzione inferiore solo del 10% rispetto all’ottimo risultato dello scorso anno: la fatidica annata 2014 ha insegnato qualcosa.
Orzotto al gurgulestro con polpettine di coniglio verde leprino
L’insegnamento del vino e la complicità della cucina
Interessante, a questo proposito, è stato l’incontro con i vini della cantina San Giovenale: il suo Habemus 2014 – anche per il vino annata da dimenticare – ha ottenuto per la prima volta quest’anno i Tre Bicchieri nella guida Vini d’Italia 2017 del Gambero Rosso. Anche qui, grazie a una pratica agricola particolare e a sperimentazioni che vedono i vigneti arrivare fino a 42mila ceppi per ettaro e vitigni “della pastorizia” – un po’ sull’esempio del Rodano, come Grenache, Carignano e Syrah – la sfida contro le avversità del clima è stata vinta e anche molto bene.
A dare un terreno di estrema godibilità a questi prodotti della Tuscia, sono stati poi i piatti di Kotaro Noda– per anni chef all’Enoteca La Torre di Viterbo prima del trasferimento a Roma e ora ai fornelli del Bistrot 64 al Flaminio – che hanno esaltato al massimo e al meglio sia gli extravergine, sia l’estrema eleganza dei vini di cui si sono testate le singole vinificazioni prese dalle botti dei tra componenti che andranno a formare l’Habemus 2015, il prossimo giugno.
Zuppa di ceci del solco dritto di Valentano, gelato all'olio extravergine d'oliva
A quando le Anteprime?
Una giornata che ha messo in evidenza le particolarità e le potenzialità di un territorio estremamente vocato all’agricoltura anche se ancora poco compreso e coltivato. Una giornata che ha fatto scattare però anche domande che ancora non riescono ad avere risposte: perché i produttori di olio di oliva non si mettono insieme per promuovere a fine novembre-dicembre delle anteprime dell’extravergine delle loro zone di produzione? Magari, facendo corpo con il mondo del vino che questa anteprime da tempo organizza. Perché è vero che olio e vino sono due mondi diversi, ma è anche vero che le strade sono simili e che le cure nella pratica agricola devono essere sempre più simili se l’obiettivo è la qualità. “Che significa”sorride Nicola Fazzi “non solo permettere di godere di un extravergine che così buono e puro non è mai stato nella storia dell’uomo, ma soprattutto assicurare un reddito agli agricoltori: l’unico modo per convincerli a continuare a coltivare la terra. E il reddito si ottiene solo con la qualità e percorrendo con intelligenza i diversi mercati interni ed esterni”.
Anche questo significherebbe cominciare a seguire il percorso vincente intrapreso dal vino 30 anni fa, dopo lo scandalo del metanolo. “Vero, di olio cattivo non si muore, o almeno non immediatamente” fa Nicola “ma non credo sia il caso di arrivare a questi estremi per imboccare con decisione l’unica strada possibile per avere un futuro!”
Colli Etruschi | Blera (VT) | via degli Ulivi, 2 | tel. 0761 470469 | www.collietruschi.it
San Giovenale | Blera (VT) | loc. La Macchia | tel. 06 6877877 | www.sangiovenale.it
Bistrot 64 | Roma | via G. Calderini, 64 | tel. 06 3235531 | www.bistrot64.it |
a cura di Stefano Polacchi