Un progetto visionario
“Faraonico e visionario”. È così che Christian Costardi descrive il progetto Edit, a poche ore dalla partenza. E non è detto che sia un’esagerazione. Certo, dietro al suo entusiasmo c’è la consapevolezza di un sogno professionale che si realizza, una volontà maturata in anni di gavetta (e successi) in provincia, a Vercelli, insieme all’altra metà dei Costardi Bros, come li chiamano tutti, suo fratello Manuel. Nel grande spazio di Barriera di Milano recuperato grazie all’investimento di Marco Brignone – questo sì faraonico, 12 milioni di euro per due anni di lavori, a partire dall’ottobre 2015 - Christian e Manuel gestiranno il ristorante Edit by Costardi Bros. Non una semplice consulenza – “non c’ho mai creduto”, ribadisce sicuro Christian – ma la prima prova cittadina dei fratelli, che sfrutteranno a proprio vantaggio la possibilità di dividersi, “io a Torino, praticamente ogni giorno, Manuel al nostro ristorante, perché da solo è in grado di seguire tutto il lavoro di cucina, proprio come me”. All’inizio, la difficoltà più grande sarà proprio la necessità di lavorare separati, “mio fratello mi mancherà”, ma la posta in gioco vale l’impresa, “e la vicinanza con Vercelli, a mezz’ora di macchina da qui, ci permetterà di muoverci con una certa agilità: qui apriremo solo per cena, Manuel spesso sarà con noi per curare la pasticceria, che avrà un ruolo importante nella nostra proposta”.
5 anime per Edit. Brew pub e bakery con caffetteria
Se riavvolgiamo il nastro, il ristorante dei fratelli Costardi è solo una delle molteplici esperienze racchiuse dal contenitore Edit, che in 2500 metri quadri su due livelli recupera un’ex fabbrica di cavi elettrici alle porte di Torino rimasta chiusa per più di 50 anni. Per ripensare lo spazio è stato interpellato uno studio torinese, La Matilde, che al progetto ha conferito una personalità caratteristica che tiene conto della storia del luogo: “Barriera di Milano è una zona della città che sta rinascendo intorno al Lab” racconta il giovanissimo Giovanni Rastrelli, Ad di Edit a 26 anni in arrivo dall’incubatore del Politecnico di Torino, che il progetto l’ha visto nascere e oggi lo guarda orgoglioso e impaziente di cominciare. Sulle sue potenzialità non ha dubbi, conscio dalla capacità attrattiva di uno spazio polifunzionale – a pochi metri dal museo Fico e non distante dal quartiere Aurora – “che potrebbe aggregare il gran numero di studenti che frequentano l’area: Torino in fondo è una città universitaria, anche se non sa d’esserlo”. Il cavallo di battaglia, in questa direzione, è certamente l’area brew pub con cucina del piano terra, una delle 5 anime di Edit, “un birrificio urbano con impianto a disposizione degli home brewer, che conta 19 spine a una selezione di birre da tutto il mondo in lattina e bottiglia”, con l’idea di offrire uno spazio di condivisione dinamico e confortevole, da frequentare in ogni momento della giornata.
Alla birreria la proposta di cucina annovera il menu vegano studiato da Pietro Leemann – che cura anche piatti e dolci dell’area bakery con caffetteria, primo biglietto da visita dello spazio – e le pizze di Renato Bosco, il suo celeberrimo crunch, il doppio crunch e l’aria di pane. Si mangia al tavolo sociale di 25 metri e nelle aree comuni che circondano lo scenografico bancone del pub, con impianto a vista. È questa, insieme alla caffetteria di Lavazza (unico vero partner del progetto), la zona più metropolitana di Edit, “quella che ci aspettiamo faccia più numeri”, con uno scontrino medio piuttosto contenuto. D’altronde è anche lo spazio che vivrà più a lungo durante la giornata: la caffetteria è la prima ad aprire, alle 7 del mattino, e l’ultima a chiudere, alle 2 della notte. 7 su 7, come l’intera macchina Edit.
Il cocktail bar
Al primo piano (creato dal nulla, con una soletta a spezzare i 10 metri dall’altezza dell’ex fabbrica), invece, si vive la sera, dall’aperitivo al dopocena, tra cocktail bar e ristorante gastronomico. Il bar, operativo dalle 18.30 con la sua bella atmosfera retrò (le poltroncine rosse, gli specchi che incorniciano il banco, i divanetti porpora e viola), sarà il regno di Salvatore Romano, volto del Barz8, esperienza di miscelazione sartoriale molto apprezzata in città. E anche il cocktail bar di Edit punterà su una proposta taylor made, tagliata su misura per le esigenze del cliente, con una carta base suddivisa in 5 sezioni tematiche da 8 drink ciascuna. Un numero, l’8, che ricorre simbolicamente come filo conduttore del bar, dal numero di referenze – 888 distillati a disposizione dei barman – ai prezzi sulla drink list, “dagli 8 agli 888 euro per il cocktail più caro di tutti”.
Racchiuso tra la cantina e l’area privè (un cubo di vetro sospeso in prossimità della scenografica installazione luminosa che accompagna la risalita al primo piano), il bar divide lo spazio con il ristorante dei Costardi, e in sinergia lavorerà su una proposta di abbinamento cibo/cocktail, oltre che sull’elaborazione di piatti studiati per abbattere le barriere (un po’ l’obiettivo dell’intero progetto, “un polo gastronomico che viva della sinergia tra i diversi attori protagonisti, e della condivisione di idee con il pubblico”, direbbe Rastrelli).
Edit by Costardi Bros
Al ristorante si arriva per sperimentare un’esperienza ancora diversa, “un’idea di alta cucina a costi accessibili”, in una dimensione giocosa che privilegia specialmente la dimensione del banco, con 22 coperti tutt’intorno alla cucina a vista, per vivere del rapporto diretto con la brigata (7 i ragazzi che lavorano insieme a Christian, altrettanti in sala). Quattro i menu degustazione, uno dedicato al banco, dove non si mangia alla carta, ma seguendo un percorso studiato sul continuo dialogo con la cucina, “sicuramente l’esperienza più divertente di Edit by Costardi Bros”. Ma si mangia anche in sala, al tavolo sociale e sui divanetti attigui alla cucina. E alla carta: “Sarà possibile anche scegliere solo un piatto, ci piacerebbe per esempio che chi mangia al piano di sotto salisse a fine serata per prendere un dolce da noi”. Christian ci crede moltissimo: “Noi siamo sempre stati a Vercelli e abbiamo deciso di arrivare qui perché avevamo voglia di nuovi stimoli e nuovi percorsi. Crediamo nella possibilità di condividere le nostre conoscenze e coesistere, e la nostra volontà è quella di essere come a casa nostra. L’idea di cucina resta la stessa, ma con materie prime meno costose rispetto al gastronomico, per restare accessibili”. Non mancherà il riso – col signature ribattezzato Edit, un risotto Carnaroli con crema di Grana padano, riduzione alla birra e polvere di caffè – e poi il Tonnato con vitello marinato, e “un bel gioco sullo sgombro, la trota, il salmone. Lavoreremo molto sugli ingredienti e sulla possibilità di giocarci”. I prezzi? Il menu degustazione più ambizioso sarà proposto a 58 euro.
I numeri
L’ultima anima di Edit, quella più nascosta, ce la racconta ancora una volta Giovanni Rastrelli, orgoglioso di presentare le Edit Kitchens, “5 cucine professionali che nascono come incubatore gastronomico”, attrezzate di tutto punto e disponibili per chi vuole affittarle, come laboratorio, spazio di confronto, area eventi, con una bella sala da 150 metri quadri di pertinenza. Un progetto imponente (salendo più su si arriva pure alla terrazza con vista sulla città, riservata agli eventi), come i numeri che ne raccontano la storia sin qui, ancor prima dal taglio del nastro, previsto per il 24 novembre: “380 coperti complessivi, un numero di chilometri di cavi elettrici pari alla distanza tra Torino e Lecce, 550 bottiglie di vini, 888 referenze al cocktail bar, 6048 led per l’installazione luminosa sulle scale, 8 cucine in totale, 55 dipendenti per cominciare, 80 metri in lunghezza e 13 in larghezza per 2500 metri quadri di superficie”.
Edit | Torino | via Cigna 96/17 | dal 24 novembre 2017
a cura di Livia Montagnoli
Riprese di Saverio De Luca, montaggio di Francesca Naccarato