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Da sempre in diverse nazioni, e molte regioni italiane, durante i culti istituiti per i defunti ma anche quando muore qualche parente, chi resta in vita prepara delle ricette speciali.
Il โgrano dei mortiโ, il โpan dei mortiโ, i โgrandotiโ, lo โsmegiazaโ, il โtorrone dei mortiโ , le โossa di mortoโ , i โpupi di zuccaroโ, i dolci di mandorle e pasta reale a forma di frutta, cioccolato, marmellata e frutta candita, uniscono tutta lโItalia nella festa dei defunti, una giornata di tristezza e di gioia, in una mescolanza di profumi di incenso e di cibo, ma anche di consapevolezza che il destino, la nostra esistenza sarร seguita dal ringraziamento di altri a cui abbiamo donato il piacere e il gusto della vita.
In passato, il cibo consolatorio veniva preparato come se fosse un giorno di festa, dove il dolore veniva confortato dal cibo, perchรฉ il cibo รจ lโessenza della vita, lโelemento primordiale della vita dellโuomo. La cucina della vicina diventava la cucina di casa propria, dove si onorava il morto e la sua famiglia attraverso il silenzio degli utensili e del fuoco nella sua casa, perchรฉ chi era nel lutto , chi viveva la tragedia del distacco terreno doveva essere nutrito, coccolato, consolato. Ed i profumi del cibo facevano la loro parte.
Il โcuonzoโ, il consolatorio, era il pranzo che veniva preparato a chi soffriva, a chi abitava nella stessa casa del trapassato, un gesto di solidarietร che assumeva significati ancora piรน profondi, riprendere a vivere, ricominciare ad allontanare da sรฉ la morte, riprovare il gusto della vita attraverso la riscoperta dei profumi della vita terrena dei suoi sapori, veicolo per il nutrimento prima del corpo e poi dello spirito.
Federico Valicenti
chef di Luna Rossa a Terranova di Pollino
02/11/2011