Dalle isole Lofoten a Vicenza: tutta la storia del bacalà alla vicentina

5 Apr 2017, 13:00 | a cura di

La storia del bacalà alla vicentina nasce oltre 500 anni fa, parte dalla Norvegia e arriva ai giorni nostri, e si avvale di una Confraternita che certifica le ricette migliori e più fedeli alla tradizione. Ecco la sua storia.


Centinaia di pesci che ballano al vento

Le isole Lofoten, e le sorelle Versterålen, sono dei piccoli grandi fari sul Mare di Norvegia dove, in queste settimane, cominciano a riempirsi i fiskehjel, i caratteristici graticci di legno che ospitano centinaia e centinaia di merluzzi stesi ad essiccare. I norvegesi si arrampicano sulle impalcature di legno per appendere i merluzzi, due a due come fossero ciliegie. I fiskehjel rappresentano un vero e proprio tratto distintivo del paesaggio norvegese

 
merluzzo norvegia

Facendosi strada tra la neve e riempendosi gli occhi di immagini glaciali e cieli artici in questo periodo negli arcipelaghi boreali della Norvegia è possibile assistere alla primissima e affascinante fase del processo di lavorazione del merluzzo, che diventerà poi baccalà o stoccafisso. I due termini non sono equivalenti: con il primo si intende il merluzzo sotto sale, con il secondo quello essiccato. Attenzione, però: a Vicenza, la parola bacalà (con una sola C) individua lo stoccafisso.

I cod fish(ovvero i merluzzi) norvegesi, il cui nome scientifico è Gadus morhua, sono considerati, per la qualità e la purezza delle carni, i migliori al mondo e rappresentano un importante patrimonio culinario. Dal 2015 lo stoccafisso norvegese è stato insignito del riconoscimento IGP, Tørrfisk fra Lofoten IGP è quindi per l’unione Europea un prodotto con una Indicazione Geografica Tipica.

norvegia

Non c’è bacalà alla vicentina senza merluzzo artico

Per quanto possa sembrare strano, in Italia c'è una ricetta tradizionale che richiede l'impiego proprio del cod norvegese: il bacalà alla vicentina. Un piatto che esige la massima attenzione agli ingredienti e una delle ricette più antiche del nostro paese, che richiama a quello che già Pellegrino Artusi aveva definito un “montebianco di pesce artico e latte” dati i suoi ingredienti principali.

La preparazione ha come ingrediente imprescindibile il merluzzo delle isole Lofoten. Perché proprio quello? Perché secondo la tradizione il baccalà arriva in Veneto a metà del '400 portato da naviganti che, in seguito a un naufragio, approdarono sulle isole Lofoten e scoprirono gli stoccafissi locali che poi riportarono in Italia dove ebbe successo per bontà, qualità, per la possibilità di essere conservato, e il costo più contenuto rispetto al pesce fresco. Così divenne l'ingrediente prediletto del piatto simbolo della città. Mentre il soffritto di cipolla bianca rosola a fuoco medio e si fonde con l’acciuga, si prepara il bacalà per l’immersione. Trattato precedentemente con la classica e scrupolosa pratica della battitura, il pesce incontra l’olio caldo solo quando gli aromi si sono diffusi alla giusta temperatura. Dopo un breve rosolare nell’olio, il baccalà viene ricoperto di latte e qui resta a ‘pipare’ per almeno cinque ore.

Abbiamo conosciuto meglio questa materia prima con Antonio Chemello, chef della Trattoria Da Palmierino a Sandrigo, rinomata per il suo bacalà fedele alla tradizione. Chemello è membro del direttivo della Confraternita del Baccalà alla Vicentinae dal 2009 è stato insignito del titolo di Ambasciatore del Tørrfisk fra Lofoten IGP in Italia direttamente dall’Associazione Produttori dello Stoccafisso norvegese, Torrfiskforum, e dalla Commissione norvegese per l’Esportazione dei prodotti ittici in Italia, il Norwegian Seafood Export Council (NSEC).

Lo chef, per molti il Re del bacalà alla vicentina, racconta delle frequenti sortite all’isola di Røst e della terza via, dopo quella dell’olio e del vino: la Via del Baccalà la cui inaugurazione è attualmente sul tavolo della commissione Europea.

bacalà

Parliamo del cod norvegese. Cosa lo rende così prezioso?

A renderlo prezioso è la natura di cui si nutre, sia letteralmente prima di essere pescato, che metaforicamente una volta che viene lavorato. La Norvegia ha una antichissima tradizione nel trattamento del merluzzo. Complice la complessità organolettica del pesce in sé, l’utilizzo delle antiche pratiche restituisce un vero e proprio capolavoro del gusto; da trattare con cura.

 

Viaggia spesso verso quella che è l’isola più a sud dell’arcipelago artico norvegese, Røst. Esistono delle pratiche anche molto suggestive nella lavorazione del merluzzo artico…

I norvegesi sono una popolazione radicalmente connessa alla natura che vive, conoscono il progresso sapendo far tesoro della grande tradizione. Le pratiche di pesca che vengono utilizzate in Norvegia, e mi riferisco a quelle antiche, sono una risorsa di grandissimo pregio. Il merluzzo pescato coi metodi antichi conserva un sapore del tutto diverso rispetto a quello pescato in maniera massiva. Dividiamo quindi in primis il baccalà tra quello pescato all’amo e quello invece pescato in rete. Una volta pescati i merluzzi vengono lasciati al trattamento di Madre Natura e delle sue preziose correnti. È la natura a fare la differenza.

 

Il motivo della grande differenza tra il baccalà pescato all’amo e quello pescato con la rete?

La pesca con la rete è una pesca massiva, i pesci vengono catturati passivamente, con i loro movimenti vanno incontro alle reti rimanendo catturati per “ammagliamento”. Nella maggior parte delle volte capita che i merluzzi si ammassino nelle rete e che, quindi, in parte vengano soffocati dai compagni di sventura. Quando il pesce muore soffocato l’ossigeno non irrora i tessuti e ciò ha una incidenza sul sapore e sulla sostanza delle carni. Gli stessi norvegesi, per la tutela dell’IGP stanno tornando all’amo: pratica certamente meno conveniente in termini economici ma anche più consona a preservare il sapore inconfondibile dello stoccafisso norvegese.

 

Nel suo ristorante Trattoria da Palmerino a Sandrigo, si mangia il vero Bacalà alla vincentina. C’è un segreto nell’esecuzione di questa antica ricetta?

Il segreto del bacalà alla vicentina è la battitura del pesce, si tratta di una pratica antichissima e largamente conosciuta anche in Norvegia che serve a sfibrare il pesce. Se la pratica della battitura è ben fatta lo stoccafisso dovrà stare a mollo per un massimo di due giorni, se la battitura è fatta male allora occorreranno oltre otto giorni di ammollo. Qui c’è gran parte della differenza tra un buon piatto e uno mediocre. Sono poi banditi prodotti chimici di sbiancamento che sempre più spesso vengono utilizzati nelle cucine; il bacalà alla vicentina esige solamente prodotti naturali e di alta qualità. Il pesce viene messo in ammollo per un paio di giorni, in questo modo perde la componente salata che è stata fondamentale per la stagionatura. Il baccalà non deve sfaldarsi. Dal pesce maltrattato non si scappa: puoi accorgerti facilmente delle vicende che il pesce ha avuto prima di finire nel piatto dall’odore, dalla vista e anche dal tatto. Il baccalà non mente.

 

Il baccalà non mente?

Esatto, quello alla vicentina, poi, è cucinato con il latte, elemento fin troppo sincero. Intendo dire che ogni ingrediente utilizzato per la preparazione della ricetta originaria necessita grande attenzione. Poi si deve adoperare tutta la pazienza di cui disponiamo perché il bacalà alla vicentina è figlio di una preparazione sapiente, dalle dinamiche ben stabilite e dai tempi molto precisi.

 

Parliamo del gemellaggio tra Sandrigo e Røst, l’isola al largo dell'estremità sudoccidentale delle Lofoten.

Røst è l’isola prediletta per la stagionatura del baccalà. L'ultima in direzione sudoccidentale, immersa nell’Atlantico settentrionale. L’isola si differenzia dalle altre per la sua conformazione meno estrema: approdando a Røst dimentichiamo le montagne a picco sul mare, che lasciano spazio alle grandi distese. E proprio questa conformazione geofisica è il segreto della migliore stagionatura: grazie alle pianure di Røst i venti hanno una portata importante sul territorio. Il gemellaggio con Sandrigo, comune del vicentino dove la tradizione del Bacalà è leggenda, nasce dal 2002. Quando è stato suggellato il gemellaggio i norvegesi hanno donato a Sondrigo uno scoglio delle Lofoten e Sandrigo, per ricambiare il gesto di affetto e riconoscenza, ha intitolato una piazza a Røst.

 

Un conto il baccalà, un conto lo stoccafisso: il primo salato l’altro secco. Eppure a Vicenza anche la terminologia è un mondo a parte…

A Vicenza diciamo bacalà, con una sola ‘c’, per indicare lo stoccafisso. Per questo la ricetta di quello alla vicentina… perde una ‘c’”.

 

Come nasce l’idea di una confraternita?

La confraternita nasce 30 anni fa grazie alla passione dell’avvocato Michele Benetazzo, fondatore dell’associazione e ideatore del gemellaggio: lo spirito era quello di far rivivere un meraviglioso piatto della tradizione nella ricetta del Bacalà alla Vicentina, che – come molte altre – è una ricetta che ha rischiato di essere dimenticata. La confraternita si componeva, sin da allora, da gastronomi, anche molto esperti, un gruppo affiatato e appassionato. Arriviamo oggi a festeggiare il trentennale.Tutti gli anni viene organizzato un evento che si tiene le ultime due domeniche di settembre: si debutta con un gran galà al quale partecipano tutti i ristoratori che fanno parte dell’organizzazione, che sono oltre 50.

 

Sono eventi tutti dedicati al bacalà?

Il grande protagonista è chiaramente il bacalà alla vicentina, ma siamo anche aperti a sperimentare diverse proposte come gli gnocchi, i bigoli al torcio, il baccalà mantecato, il risotto con il baccalà. L’evento raccoglie un numero di presenze altissimo, anche 40 mila persone. Stiamo iniziando anche ad inserire diverse tipologie di baccalà: quello all’anconitana, quello alla messinese e quello alla ligure. I ristoratori della confraternita si impegnano anno dopo anno a preservare la tradizione senza mai un passo indietro sulla qualità. Presto, inoltre, sarà inaugurata la Via del Baccalà che, insieme con quella dell’olio e del vino, traccerà in maniera definita il percorso di una grande eccellenza.

 

La via del Bacalà. Spiegaci meglio

Sì. Vi parlo prima della Via Quirinissima: nasce dieci anni fa sulla scorta della mia curiosità sulla vicenda di Messer Piero Quirino,mercante che partì da Creta, allora Candia, per circumnavigare il Portogallo e alle Fiandre incontra la tempesta perfetta. Si mette in salvo su una scialuppa insieme con 11 marinai e viene trasportato dalla corrente del Golfo sulla meravigliosa isola di Røst. Siamo nel dicembre del 1431. A Rost viene messo in salvo e abita questa bellissima terra per cento giorni. Qui scopre lo stoccafisso.

Decide di ripartire alla volta dell’Italia e per affrontare il viaggio i norvegesi gli forniscono 60 stoccafissi. Per rendere omaggio alla vicenda del Quirino, dieci anni fa abbiamo deciso di replicare la sua rotta e siamo partiti da Piazza San Marco a Venezia. Abbiamo impiegato due mesi ad arrivare a Røst, due mesi di navigazione serrata. Cinque anni dopo abbiamo fatto il percorso inverso e con una cinquecento gialla da Røst siamo tornati in italia. Ci siamo caricati 60 stoccafissi per oltre 9 mila chilometri. È proprio questo il tracciato della via del Baccalà, sul tavolo del Consiglio d’Europa che è in procinto di deliberare in ultima istanza.

 

La ricetta del bacalà alla vicentina

Stoccafisso

olio extravergine di oliva

cipolla

sarda

latte

Per prima cosa si prepara un fondo di olio - circa mezzo litro per ogni chilo di stoccafisso - cipolla e una sarda. Una volta che il soffritto è pronto vi si adagia lo stoccafisso. Una volta insaporito il pesce con le cipolle e la sarda, si ricopre interamente di latte.

A questo punto il merluzzo deve ‘pipare’, come si dice in Veneto, per almeno cinque ore a fiamma bassissima e distante dal fuoco vivo. Attenzione agli ingredienti: uno dei segreti del Bacalà perfetto è l’olio, rigorosamente evo e dal sapore delicato. È indicato quello ligure per il sapore amabile, meno consigliato quello umbro dal sapore certamente robusto.

 

I ristoranti che vogliono aderire alla Confraternita del Bacalà alla Vicentina possono inoltrare richiesta accedendo al sito della Confraternita che accoglie le istanze e invia i propri ispettori per diverse volte prima della delibera. Fondamentale il rispetto della tradizione e l’attenzione alla materia prima. Se il Bacalà viene ritenuto idoneo allora il ristorante viene insignito della targa, riconoscimento di appartenenza alla Confraternita e quindi al circolo del Bacalà alla Vicentina. La targa però non è per sempre: le ricognizioni sull’utilizzo delle materie giuste e sulla procedura di lavorazione dell’antica ricetta sono continue. Ci sono ristoranti affiliati alla Confraternita in tutto il mondo: Londra, Australia e, chiaramente, Røst.

 

www.baccalaallavicentina.it

 

a cura di Valentina Capati

foto di Simone Scaccetti 

 

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