Il primo ha aperto quasi 30 anni fa, nel pieno di quella Milano da bere affollata di modelle e mondanità. Un'apertura col botto che ha proiettato il capoluogo lombardo nelle traiettorie dello shopping internazionale. Del resto, 10 Corso Como, il concept store più famoso d'Italia e uno dei più celebri al mondo, è espressione di quel geniaccio di Carla Sozzani, gallerista, imprenditrice, giornalista, esperta di moda, cool hunter ben prima che questa parola esistesse, anticipatrice di mode e scopritrice di talenti al pari della sorella Franca, compianta e storica direttrice di Vogue Italia. La loro vita, insieme, alimenta la narrazione di almeno mezzo secolo di stile e di moda. E di tutto quel che vi gira intorno: arti visive, design, arredamento, cultura, editoria, gastronomia.
Quel tempio polifunzionale (c'è persino un piccolo b&b) al civico 10 di corso Como – partito da una galleria fotografica nel cortile e poi estesosi a quasi tutto l'edificio e oltre, fino ad approdare anche a New York, Pechino, Shanghai, Seul (in Giappone no, nonostante l'appassionato e mai celato amore per gli stilisti nipponici) – da 20 anni ospita anche il 10 Corso Como Caffè: “il ristorante è la parte più difficile” ha detto in più occasioni Carla Sozzani, vuoi per le difficoltà burocratiche che questo genere di attività sottende, vuoi per le complicazioni che rendono la costanza nei piatti un obiettivo difficile da perseguire. Uno spazio - come tutti i negozi del marchio firmato dall'artista Kris Ruhs - in cui il confine fluido tra interno ed esterno definisce un'area verde in quell'area cittadina del quartiere Garibaldi, oggetto oggi di un intensa rivalutazione. Ma quando la Sozzani è arrivata qui, nel 1991, piazza Gae Aulenti e la torre Unicredit non erano ancora neanche state immaginate. Nello store, il ristorante occupa il patio raccolto intorno alla fontana, in quello spazio che loro chiamano La Pagoda e che un tempo ospitava un'autofficina. A gestire questa cucina, per prima, fu Marinella Rossi. Parliamo esattamente di 20 anni fa.
Corrado Michelazzo
Corrado Michelazzo
Per festeggiare i vent’anni del 10 Corso Como Café, arriva in cucina il piemontese Corrado Michelazzo. Che torna in Italia dopo 10 anni in Cina. Prima, importanti esperienze da una parte all'altra delle Alpi: al Tre Stelle La Ferme de Mon Père con Marc Veyrat a Megève, in Alta Savoia, e con George Blanc nel Restaurant Blanc di Vonnas in Borgogna (anch'esso Tre Stelle), poi in Italia, in Valle d’Aosta come chef all’Hotel Bellevue di Cogne - quattro tavoli appena e un servizio ovattato e discreto - dove si faceva notare per i richiami francesi, l'equilibrio tra proposte tradizionali e spunti creativi (per esempio nella composizione di foie gras) e il carrello dei formaggi; e poi ancora nella sua prova da patron, al La Meridiana di Saint-Pierre (Due Forchette del Gambero Rosso) dove ha consolidato il suo stile. Ultima esperienza in Italia prima di trasferirsi in Cina dove, dopo diverse tappe tutte piuttosto altolocate, approda al 10 Corso Como di Shanghai per 4 anni, fino a gennaio del 2018, quando rientra alla guida della cucina della sede milanese dello store di casa Sozzani. In quel famoso cortiletto porta in eredità tecniche e prodotti avvicinati in Oriente. "Ho sviluppato la mia cucina per tutti coloro che amano esplorare”: introduce così la sua cucina dove materie prime classiche ed esotiche si mixano “in nuovi innesti”. Una cucina per curiosi, che però non vuole stupire a tutti i costi, ma trovare il suo posto - dalla mattina fino al dopo cena - in un contesto particolare quale è quello del concept store. “Ho mantenuto l'impostazione della cucina voluta dalla signora Sozzani” spiega Corrado Michelazzo “una caffetteria con cucina”: piatti semplici, di buona qualità con buone materie prime, con i “piattelli” da condividere, secondo la consuetudine del Medioevo e del Rinascimento. “Ancheperché”aggiunge “c'è molta clientela internazionale, i cinesi che vengono a Milano passano tutti di qui” trovando in 10 Corso Como un nome familiare per via delle sue sedi orientali, quelle i cui ristoranti lo stesso Corrado ha contribuito a creare “ho aperto i ristoranti di Shanghai e Pechino, dove ho cercato di mantenere lo standard italiano”, quello che gli stranieri cercano e si aspettano di trovare in un posto battente bandiera tricolore, con la pasta in primo piano e i grandi classici. Niente cucina gourmet, quindi, ma una piatti semplici e di qualità.
Cucinare italiano in Cina
Quali sono le difficoltà maggiori in Cina? “Reperire la materia prima” risponde sicuro “in 10 anni che sono stato lì non so più quanto blocchi ci sono stati: una volta gli erborinati, un'altra le farine, i salumi sono praticamente vietati fatta eccezione per il prosciutto, ma senza osso. Un elenco di materie prime non a norma per il mercato cinese”. Questioni di accordi commerciali, principalmente. Ma anche per i prodotti ammessi, la situazione non è certo semplice: “in tutti questi anni sono riuscito a trovare buoni canali per alcuni prodotti, ma molto cari” obbligando ad adattare il menu alle regole del mercato: “le mozzarelle buone a Shanghai le ho trovate, ma erano carissime, per questo nelle entrée le ho dovute sostituite”. Una dei tanti adattamenti che la cucina di base, quella impostata dalla casa madre milanese, subisce nelle sue sedi periferiche: “ogni locale ha uno chef in carica che prende spunto dalle mie ricette, magari, ma poi le aggiusta secondo le esigenze”. A Milano nasce il protocollo dello standard qualitativo, a partire da un manuale di procedure che indicano la strada, tanto nella preparazione quanto nel servizio. La prossima apertura prevista è quella del ristorante di New York, e presto arriverà il suo resident chef a Milano ad affiancare Michelazzo per assorbirne stile e procedure.
L'arrivo a Milano
Nessun cambiamento col tuo arrivo al 10 Corso Como di Milano? “Sono qui da appena tre mesi” racconta “ancora sto tastando il terreno, ho cercato solo di portare una ventata di freschezza del menu, apportando qualche influenza mia ma senza stravolgere il menu”. Qualche suggestione esotica si vede, come nel foie gras (uno dei suoi ingredienti feticcio quando era in Italia) marinato alle alghe con un pane alle alghe e acciughe di Camogli servito con gelatina di vino e alghe fresche, o il petto d'anatra marinata con soia, mirin, yakitori e zenzero, metà giapponese e metà cinese (“a Pechino ho lavorato a fianco del sous chef di Nobu di Tokyo” dice), cotto a bassa temperatura servito con cipollotti saltati in padella, o il carpaccio di ananas (unico dessert contemporaneo in un panorama di dolci classici) marinato con pepe di Sichuan e gelato al cocco. Insomma il tocco asiatico c'è, soprattutto nelle marinate e nelle laccature, e si ritrova anche nel maialino cotto a bassa temperatura laccato con il suo fondo e pepegiapponese di Sakura Sancho,dai toni agrumati. Ma poi ci sono cose come gli“spaghetti n.5 al pomodoro fresco dell’amico Fulvio Pierangelini”, omaggio al famoso chef con il quale ha spesso condiviso pentole e fornelli in Cina.
Il grosso, comunque, è una cucina semplice, immediata, dove non mancano proposte green e senza glutine, e c'è spazio per l'healty food - inevitabile in un contesto del genere – come nel caso dell'avocado tiepido con gamberi servito con brodo di gamberi. Pare finito qui, ma a chiedere ancora sbuca una “velina”:così chiama la mini-carta di tre piatti che dal giovedì alla domenica arricchisce il menu del 10 Corso Como di proposte creative, più in linea con lo stile dello chef che abbiamo conosciuto 10 anni fa, tra i migliori della Val d'Aosta. Un gioco, per ora, che chissà che non prenda vigore col passare del tempo.
Una cittadella del gusto
Non è la sola novità per il civico 10 di corso Como. Proprio accanto al cancello che dà accesso allo spazio della Sozzani, ma distinto da questo, i fratelli Alajmo si preparano a puntare bandiera a Milano, con un format tutto nuovo, hanno fatto sapere, che con gli altri indirizzi di Massimiliano e Raffaele condividono il design firmato Philippe Starck ma non la proposta gastronomica. Una delle nuove aperture previste per i prossimi mesi. Qualche centinaio di metri li separerà dal quasi conterraneo Giancarlo Perbellini che aprirà tra pochi giorni a via Moscova 25 il suo bistrot Locanda Perbellini (gestita da Michael Pozzi che arriva diritto dal Tapasotto, uno dei locali di Perbellini a Verona): piatti italiani rivisitati come guanciale di vitello brasato, pollo con le patate, pasta con le vongole e millefoglie, un classico primaverile della Locanda 4 Cuochi come il riso con i piselli, e un omaggio alla città ospitante con il riso al salto allo zafferano. Sempre a pochi minuti di cammino a piedi – 700-800 metri al massimo - si trovano l'Eataly Smeraldo con il ristorante Alice di Viviana Varesee Sandra Ciciriello, il Daniel di Daniel Canzian a via Castelfidardo 7, uno dei Marchesi boys al pari di Andrea Berton (che con il suo ristorante omonimo si inserisce nello skyline futuristico di via Mike Bongiorno), e anche Ratanà di Cesare Battisti non dista più di 800 metri. Mica male per un quartiere nuovo di zecca.
10 Corso Como Cafè – Milano – Corso Como, 10 – 0229013581- http://www.10corsocomo.com/cafe/
a cura di Antonella De Santis