La colazione in Italia
Tanto ricca quanto complessa: raccontare la tavola italiana con le sue tradizioni antiche, i suoi rituali, le sue tante varianti regionali, le sfumature che cambiano colore di borgo in borgo è pressoché impossibile. Quando si tratta di prima colazione, poi, il tema si fa ancora più intricato: perché se la lista di piatti tipici è densa e articolata, altrettanto sfaccettata è quella dei dolci. Per non parlare, poi, dell’arte della panificazione, il mondo della lievitazione, fra focacce e brioches, e tutto il comparto di pasticceria secca, dai biscotti alle frolle, ognuna con la sua declinazione locale tipica. Insomma, la colazione in Italia assume sapori e forme diverse a seconda del luogo, e tracciare un quadro completo e univoco delle abitudini degli italiani al mattino non è semplice. Qui, abbiamo provato a radunare le specialità che più di tutte accomunano i diversi territori da Nord a Sud.
Colazione al bar: una scelta sempre più comune
Partiamo, intanto, dalle abitudini di consumo: gran parte della popolazione ama fare colazione al bar, luogo d’incontro cittadino per antonomasia, cuore pulsante della comunità e punto di aggregazione. Che sia al bancone o al tavolino, il primo pasto della giornata è spesso consumato fuori casa, con quello che è ormai diventato un binomio indissolubile in tante altre parti d’Europa e del mondo: cappuccino e cornetto. Senza dimenticare, naturalmente, l’espresso, caposaldo della tradizione tricolore, una bevanda antica che affonda le sue origini nella Torino di fine Ottocento - in seguito all'invenzione di una macchina brevettata da Angelo Moriondo nel 1884 - e che ha fatto in breve tempo il giro del mondo, diventando una delle bevande calde più consumate a qualsiasi ora. Il cappuccino, invece, in Italia resta una specialità legata alla colazione: una bevanda a base di espresso e latte montato a crema (non schiuma!) con trama finissima e senza bolle, oggi soggetto all’estro dei baristi più talentuosi, che nella tazza disegnano fiori e figure utilizzando le tecniche di Latte Art, una disciplina su cui a breve torneremo a soffermarci maggiormente.
Cappuccino: una bevanda leggendaria
Ma come nasce il cappuccino? Una delle ipotesi più diffuse è quella che si fa risalire alla storia del frate cappuccino Marco da Aviano, inviato nel 1683 a Vienna per convincere le potenze europee a unirsi in una coalizione militare contro l’Impero Ottomano. Secondo la leggenda, durante il viaggio gli venne servito un caffè troppo intenso, e così il frate chiese qualcosa per addolcirlo. Un'altra versione vuole invece che siano stati i Turchi a inventare la bevanda, dapprima facendo bollire il caffè con l’acqua, e poi mitigandone il gusto con latte e miele. Ancora una storia avvolta nel mistero: secondo alcuni storici, il nome deriva da un’antica preparazione viennese detta kapuziner (in omaggio all’abito marrone dell’ordine monastico), a base di caffè, panna montata e spezie, diffusa attorno al Settecento e poi riadattata nei territori di Trieste e in altri possedimenti italiani austroungarici, dove la panna è stata sostituita con il latte fresco.
Cornetto e croissant a confronto
Un dettaglio, però, è certo: un cappuccino ben fatto è l’accompagnamento perfetto per un buon cornetto, il lievito più gettonato nei bar italiani, diverso dal croissant per ingredienti e preparazione. La specialità francese, infatti (che in realtà affonda le sue radici nella cultura austriaca) prevede l’utilizzo di farina, acqua, poco zucchero e poco lievito, mentre il cornetto all’italiana contempla anche le uova e un quantitativo maggiore di zucchero. Proprio come quella francese, la brioche italiana trae ispirazione dalla tradizione viennese. Con la nascita del Regno Lombardo-Veneto dopo il Congresso di Vienna del 1814, molti fornai italiani cominciarono a ispirarsi al lavoro dei colleghi austriaci: in particolare, alla ricetta del kipferl, lievito ripieno di noci considerato da molti storici della gastronomia l'antenato del croissant. Storia a parte, quello della lievitazione è da secoli uno dei settori in maggiore fermento nella Penisola, sia sul fronte dolce che salato. Oltre al classico cornetto a mezzaluna (il nome deriva, appunto, dalle due estremità a forma di corna), nel tempo sono state create decine di brioche gustose, semplici o ripiene, che oggi vanno ad arricchire i banconi dei bar.
Le tante varianti del cornetto
Ci sono le ricette prese in prestito dai cugini d’oltralpe – pain au chocolat in primis – e poi le sfoglie di mele, le ciambelle e le bombe fritte, ancora una volta di origine austriaca, e poi le tante prelibatezze locali. Fra queste, è impossibile non citare la veneziana, dolce di origine milanese che ormai si è ritagliato un posto d’onore in tutte le migliori pasticcerie del Paese. Si tratta, più precisamente, di un dolce lievitato ricoperto di granella di zucchero (e spesso arricchito con crema pasticcera cotta), a base di burro e farina, nato attorno al Quattrocento come specialità delle festività natalizie e dei matrimoni. E poi la celebre brioche col tuppo siciliana – da gustare con la granita locale – un mix di farina, lievito, zucchero, uova, burro, latte intero, marsala e miele che dà vita a un impasto compatto e soffice.
I biscotti, dall’Antica Roma al Medioevo
Per una colazione in casa pratica e gustosa, invece, a fare la parte del leone (pari merito con gli americani corn flakes) sono i biscotti, da inzuppare nel latte o sgranocchiare accompagnati da una spremuta d’arancia o una tazza di caffè. Innumerevoli le variazioni regionali per quello che è uno dei prodotti più antichi della storia dell’uomo. Versione primordiale dei biscotti, infatti, sono le gallette dei soldati romani, piccole cialde tonde addolcite con il miele, che nel tempo hanno cambiato forma e sapore fio a giungere ai giorni nostri. A realizzare i primi dolci secchi dell’Antica Roma, i pistores dolciarii, che aggiungevano frutta secca, vino e latte all’impasto di farina per rendere più goloso il prodotto, spesso insaporito anche con pepe e spezie. A dare poi una svolta fondamentale al settore della pasticceria secca, sono arrivate le cucine dei monasteri medioevali, dove venivano confezionati pasticcini e frolle artigianali, oltre a liquori e altre specialità che hanno poi segnato profondamente la gastronomia italiana così come oggi la conosciamo. È proprio fra le abbazie monasteriali, infatti, che hanno origine la maggior parte delle ricette, e soprattutto delle abitudini di consumo che ancora oggi caratterizzano la cultura culinaria nazionale. Ma questa è un’altra storia. Quella dei biscotti ha il suo momento di svolta attorno alla metà dell’Ottocento, quando nella maggior parte dei paesi europei cominciano a fare capolino i primi veri biscottifici, piccole fabbriche antesignane della grande industria dolciaria contemporanea.
Le interpretazioni regionali
La lista di frollini tipici dei tanti piccoli borghi italiani riserva piacevoli sorprese ai più golosi, che nelle varie regioni potranno assaporare specialità dal carattere e gusto profondamente diverso, quasi sempre legato a doppio filo con la storia d’Italia. Come per il caso delle brioche, quando si parla di pasticceria secca è d’obbligo citare almeno alcune specialità regionali che hanno conquistato il palato di tutti, diventando un prodotto di punta anche nelle altre zone. I krumiri di Casale Monferrato, per esempio, nati subito dopo l’unificazione d’Italia dalla fantasia del pasticcere Domenico Rossi, anche se la data “ufficiale” viene fatta coincidere con la morte del primo Re d’Italia, Vittorio Emanuele II, nel 1878. Si narra, infatti, che la forma del biscotto derivi proprio da quella dei baffi reali, mentre il nome si rifà alla parola crumiro, che indica il lavoratore che non aderisce allo sciopero, termine che a sua volte deriva da quella tribù tunisina dei Khumir nota per il cosiddetto “schiaffo di Tunisi” del 1881. O i mostaccioli, biscotti diffusi in diversi territori, in particolare in Umbria, Campania, Molise, Calabria, ma anche Sardegna e Lombardia, prodotti tipici del periodo della vendemmia, un tempo realizzati con pasta di pane, miele, mandorle e mosto d’uva, oggi disponibili in diverse varianti, farciti o meno con glassa o cioccolato. E ancora i cantucci toscani, divenuti popolari in tutto il mondo, biscotti “a fette, di fior di farina, con zucchero e chiara d’uovo”, come li ha definiti l’Accademia della Crusca nel 1691; gli amaretti a base di mandorle e albumi d’uovo, e le celebri ciambelline al vino, fra le prelibatezze più antiche, dolcetti diffusissimi in molte regioni, soprattutto quelle del Centro Italia, a base di farina, zucchero, olio extravergine di oliva e vino, spesso aromatizzati con semi di anice o finocchietto.
Il ciambellone: il dolce delle folle
Per chi non ama la frolla, non mancano le torte soffici e profumate, farcite, glassate, ricoperte di zucchero a velo oppure ripiene di frutta, ideali per il primo pasto della giornata. Per la prima colazione, una fra tutte è la protagonista assoluta: il ciambellone, un dolce “povero”, a base di pochi ingredienti, tipico della tradizione contadina. “Il dolce delle folle”, come veniva definito in passato, perché era la ricetta più popolare durante pranzi, cene o grandi riunioni in famiglia, una preparazione semplice, veloce, genuina e basso costo, ma anche molto gustosa, in grado di saziare più persone con poco. Farina, uova, zucchero, latte, olio d’oliva, lievito e spesso qualche goccia di liquore sono gli ingredienti dell’impasto originale, ma, come sempre, a questi ne sono stati aggiunti e sostituiti molti nel corso del tempo. È un dolce che ha avuto successo ovunque, dal Piemonte alla Sicilia, ma che ha trovato particolare diffusione nelle Marche, soprattutto nella zona di Montefeltro.
Pane e marmellata, l’accoppiata vincente
C'è poi un'altra abbinata, la più indicata dai nutrizionisti, che incarna la colazione del passato, delle nonne, una tradizione dal fascino antico e dal sapore autentico: è il pane con la marmellata il binomio perfetto per iniziare la giornata con un apporto nutrizionale adeguato. Volendo, anche con l’aggiunta di un piccolo ricciolo di burro (di buona qualità), per fornire quella percentuale di grasso in più necessaria al mattino. Casereccio, in cassetta, pan brioche, tostato, fresco, bianco, integrale: per il pane in Italia c’è l’imbarazzo della scelta, così come per la marmellata (di soli agrumi) e le confetture (di frutta). Tanti i racconti popolari tramandati nel tempo circa l’origine della marmellata, a cominciare dalla storia di Caterina d’Aragogna. Secondo la tradizione, una volta sposato il re d’Inghilterra Enrico VIII, la regina spagnola cercò un modo per conservare il più a lungo possibile il sapore e il profumo dei frutti della sua terra, inventando così la prima marmellata di arance. Un’altra teoria, invece, vuole che sia Maria de Medici la madre di questo prodotto: indebolita per via di una forte carenza di vitamine, la regina inviò i suoi uomini a recuperare le pregiate arance siciliane, che per essere conservate al meglio durante la lunga strada di ritorno verso la Francia, vennero trasformate in una salsa molto densa. La casse contenitrici recitavano la scritta “Por Maire ammalate” (“Per Maria ammalata”), formula che nel tempo divenne marmelade. Storie a parte, metodi primordiali per conservare più a lungo la frutta venivano usati già nella Roma Antica, facendo affidamento sulla macerazione in vino, nel mosto oppure nel miele.
La ricetta: marmellata di arance di Camilla
Ecco come realizzare, passo dopo passo, una marmellata d’arance gustosa e profumata, con i consigli di Camilla Monteduro, volto de Le conserve di Camilla del Gambero Rosso Channel.
a cura di Michela Becchi
Colazioni del mondo. Francia: croissant, madeleine, crêpes
Colazioni del mondo. India: naan, upma, puttu, masala chai
Colazioni del mondo. Regno Unito: English breakfast, porridge, muffin inglesi
Colazioni del mondo. Stati Uniti: cereali, pancakes, doughnuts, bagel, French Toast
Colazioni del mondo. Brasile: açai bowl, bolo de fubà, pão de queijo, frutta tropicale
Colazioni del mondo. Grecia: baklava, loukoumade, koulouri, yogurt
Colazioni del mondo. Giappone: misoshiru, tofu, dashimaki, doroyaki