Il terremoto che ha colpito l’Emilia-Romagna e parte della Lombardia e del Veneto ha causato ingenti danni al comparto agroalimentare, ferendo proprio il cuore della produzione italiana in cui si concentrano alcune delle nostre eccellenze più conosciute all’estero, come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma, Aceto Balsamico di Modena e di Reggio Emilia. Per fare fronte a questa emergenza il Ministero delle politiche agricole ha attivato fin da subito un monitoraggio capillare per avere una stima reale dei danni, per dare alle aziende colpite risposte concrete nel minor tempo possibile. Tra le prime azioni intraprese, c’è stato il potenziamento del Programma di Sviluppo Rurale della Regione Emilia-Romagna, seguito da una serie di iniziative per la rimodulazione delle quote di cofinanziamento nazionale originariamente destinate ad altre Regioni. L’obiettivo è stato quello di mettere a disposizione della Regione Emilia-Romagna risorse per un totale di 135 milioni di euro di nuovi fondi, di cui 100 milioni sul PSR e 35 milioni liberati dal bilancio regionale a seguito dell’intervento sostitutivo dello Stato. L’intera operazione si è conclusa positivamente con la delibera approvata dal CIPE la settimana scorsa. Le imprese del comparto hanno beneficiato poi dei provvedimenti previsti dal decreto legge varato dal Consiglio dei Ministri, che comprende misure di sostegno per la ricostruzione. Infine, in sede europea, oltre alle procedure attivate dal Governo a livello comunitario per far partire le misure per le catastrofi naturali, nell’ambito specificatamente agricolo abbiamo fatto richiesta di erogare un’anticipazione dei premi PAC, dovuti per l’annata agraria in corso, agli agricoltori delle zone colpire dal sisma.
Ci sono stati problemi con il disciplinare di produzione del Parmigiano Reggiano DOP? Come siete intervenuti?
Per favorire la ripresa della produttività, un’attenzione particolare è stata data ai prodotti agroalimentari e in particolare al Parmigiano Reggiano DOP, per il quale è stata subito attivata una modifica temporanea del disciplinare. In questo modo, abbiamo permesso ai produttori di riprendere immediatamente la propria attività, collocando i propri prodotti non danneggiati in strutture di magazzinaggio anche al di fuori della zona prevista dal disciplinare di produzione.
Come pensa dovrebbe cambiare il modello di PAC (Politica Agricola Comunitaria)?
La PAC del futuro dovrebbe tener conto delle sfide attuali dei nostri agricoltori che devono fare i conti con un mercato sempre più globalizzato e competitivo, con la necessità di rapportarsi con una prospettiva di crescita della domanda sempre maggiore, ma allo stesso tempo con una tendenza alla riduzione del reddito delle imprese che dobbiamo assolutamente invertire. Abbiamo bisogno di una PAC che difenda e tuteli la redditività delle imprese, il valore della produzione e che aiuti la competitività dell’agricoltura europea. Per questo, non si possono imporre alle imprese soluzioni che hanno un costo difficilmente sostenibile, ma piuttosto bisogna trovare misure che siano tecnicamente adeguate. Tutto ciò però era presente solo parzialmente nella proposta presentata dalla Commissione europea, ma grazie al nostro impegno e all’apertura del Commissario Ciolos durante il negoziato in corso, abbiamo già raccolto dei risultati importanti. Nell’ultimo incontro avuto con Ciolos, abbiamo discusso della necessità di modificare ulteriormente la misura del greening, sulla quale abbiamo già ottenuto dei cambiamenti importanti per l’Italia. Ci siamo anche confrontati sui programmi di sviluppo rurale, sulla possibilità di un programma nazionale che sappia comprendere questioni che non possono essere trattate adeguatamente a livello regionale, come le assicurazioni per le crisi di mercato. L’obiettivo di fondo deve essere quindi quello di riportare al centro della nuova PAC l’agricoltore che produce e le sue esigenze reali. Anche se la PAC che ci sarà non potrà essere esattamente quella che vogliamo, i margini di miglioramento per il nostro Paese ci sono e saranno sfruttati.
Il governo appoggerà iniziative che tendono a dare più identità alle produzioni di qualità Made in Italy – come ad esempio il nuovo disegno di legge sull’extravergine italiano – anche promuovendo iniziative di modifica di norme europee che tendono invece a omogeneizzare tutti i prodotti consentendo parametri molto permissivi rispetto a quelli che il made in Italy di alta qualità naturalmente fa propri?
L’Italia è impegnata in prima linea per difendere la qualità dei suoi prodotti anche in sede comunitaria. Stiamo ottenendo degli ottimi risultati, come dimostrano il Pacchetto Latte e il Pacchetto Qualità. Si tratta di misure importanti per il nostro Paese, frutto di un intenso lavoro: siamo riusciti a portare avanti le nostre posizioni sebbene ci trovassimo inizialmente in una condizione di minoranza. Ora la nostra battaglia in Europa non è certo finita, ci sono molte altre questioni da risolvere, come per esempio quella fondamentale dell’etichettatura d’origine. Ma gli obiettivi che abbiamo conseguito finora mi lasciano ben sperare anche per il futuro. Per quanto riguarda poi nello specifico il comparto oleicolo, un passo importante è stato fatto in sede comunitaria dopo l’incontro, presieduto dal Commissario Ciolos, con gli altri Ministri dei Paesi produttori, in cui è stato trovato l’accordo per un’azione complessiva che consente al comparto di fare un salto di qualità e di uscire da una crisi di mercato che dura da troppo tempo. C’è stata una convergenza comune sulla necessità di stabilire una strategia condivisa su tre punti fondamentali, che riguardano il rafforzamento di qualità e controlli, la struttura della filiera e la promozione. Anche questa è stata una battaglia che il nostro Paese ha portato avanti per molto tempo e che finalmente ora è condivisa e sostenuta anche dalla Commissione.
Ultimamente c'è stata una polemica che ha avuto un respiro internazionale (coinvolgendo anche il COI) sull'importanza o meno dei panel test nella valutazione e classificazione degli oli. Lei come giudica il ruolo degli assaggiatori professionisti nella tutela e valorizzazione dei nostri prodotti alimentari?
Il panel test è uno strumento molto importante perché è un metodo valido per identificare oli non conformi, cioè difettati, e consente inoltre di rilevare gli aspetti organolettici dell'olio extravergine di oliva, come il sapore, il gusto, l’aroma che differenziano i nostri oli extravergini di oliva che prima, avvalendosi solo delle analisi chimiche, non potevano essere evidenziati. Per quanto riguarda in particolare gli assaggiatori, ritengo che anch’essi ricoprano un ruolo fondamentale nell'ambito della ‘certificazione della qualità’ degli oli extravergini e in Italia svolgono un lavoro importante, come dimostra lo stesso numero di gruppi di assaggiatori che abbiamo: 12 panel ufficiali abilitati ai controlli e 44 panel professionali per le transazioni commerciali. A questo proposito vorrei ricordare anche che lo scorso febbraio abbiamo emanato un decreto ministeriale, appunto per mettere insieme tutte le disposizioni che riguardano la valutazione e il controllo delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini. Più in generale sono convinto che tutte le professionalità che operano per la tutela e la valorizzazione dei prodotti agroalimentari italiani rivestano un ruolo determinante nella diffusione, sia in Italia che all’estero, di una cultura della qualità e nella promozione del lavoro dei nostri produttori più meritevoli, rendendo sempre più competitivo il marchio Made in Italy.
Quali sono i progetti del Mipaaf per internazionalizzare le imprese agroalimentari italiane e renderle più competitive?
È fondamentale aumentare la competitività delle nostre imprese a livello internazionale e far conoscere ancora di più ai consumatori stranieri la qualità dei prodotti italiani. Grazie all’impegno dei nostri produttori molto lavoro è già stato fatto ed il marchio Made in Italy è attualmente sinonimo di qualità e garanzia a livello mondiale. Lo dimostrano i dati dell’export, che nel primo trimestre del 2012 ha raggiunto il 5,7%, e lo dimostra anche il fatto che l’Italia, con 242 prodotti certificati, è il primo Paese per numero di riconoscimenti in Unione europea. Per dare ulteriore slancio all’export, inoltre, è stato recentemente ricostituito l’ICE, Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane che, secondo quanto stabilito nel Consiglio dei Ministri del mese scorso, si avvarrà anche di un rappresentante del Ministero delle politiche agricole, a riprova dell'attenzione che il Governo ha nei confronti del comparto.
Indra Galbo
16 luglio 2012