Canté j’euv, cantare le uova. Un rito contadino antico delle Langhe e in generale un po’ di tutto il sud del Piemonte, dal Roero al Monferrato, in pratica fra le colline diventate patrimonio dell’Unesco. Una tradizione che progresso e globalizzazione sembravano aver dimenticato e che da qualche tempo è stata finalmente recuperata.
Un rituale antico
Si tratta della “questua delle uova”, un’usanza di fine Quaresima, di quando sta per arrivare la Pasqua, che rimanda a rituali pagani di festa della primavera e del nuovo ciclo vitale della natura. Allora i giovani dei paesi passavano di cascina in cascina a salutare le famiglie con un canto benaugurale, omaggio al padrone di casa. E quest’ultimo ringraziava l’allegra brigata canterina offrendo delle uova (ecco spiegato il nome, Canté j’euv) appena deposte dalle galline dopo la pausa invernale. Alla fine del giro, con il bottino, gran frittata conviviale il lunedì di Pasquetta, come da tradizione. Se poi il padrone di casa era di braccino corto, e magari non apriva neppure la porta, il canto diventava scherzosamente maleaugurante. Insomma quasi una trasposizione campestre del dolcetto/scherzetto di Halloween, che in fondo è un altro rito celtico che si celebrava anche nelle nostre valli.
Regole e risvolti sociali
Il rituale del cantar le uova aveva (e ha) le sue regole suggestive e coreografiche. Si svolgeva tra la sera e la notte, quando gruppi di giovanotti si aggiravano a piedi o sui carri fino a giungere nei cortili delle cascine dove, fra l'abbaiare dei cani, cominciavano a cantare una filastrocca con un attacco d’obbligo, in dialetto “Suma partìda nostra cà, ca i-era n’prima seira, per venive a salutè, devè la bun-ha seira...” (Siamo partiti dalle nostre case che era da poco sera, per venirvi a salutare e darvi la buona sera). Arrivavano poi le strofe su misura, con il padrone che offriva le uova che il fratucìn (un ragazzo vestito da frate) raccoglieva nel suo cesto. Dopo i ringraziamenti e si partiva verso una nuova cascina. A meno che non ci scappasse un invito in casa, per un bicchiere di vino e una fetta di salame. Tutto con una colonna sonora da tacabanda pop: un clarino, la fisarmonica, un tamburo, il trombone. E un corollario di effetti collaterali: spesso le uova venivano vendute per pagare la successiva festa dei coscritti, e se c’era qualche ragazza da marito in cascina la si corteggiava un po’: molti matrimoni sono nati così, a garantire una stabilità sociale all’interno della comunità del paese. E in genere i questuanti avevano pochi mezzi e visitavano le cascine più ricche, in una modalità spontanea di ridistribuzione del reddito e di giustizia sociale.
Il ritorno del cantar le uova
Tutto buono e giusto, ma non abbastanza per salvare la tradizione. Il rito del cantar le uova è stato molto seguito fino all’ultima Guerra, ma si è perso con gli anni del boom e una trentina d’anni fa era praticamente estinto. Poi sono arrivati timidi segnali di ripresa: a Magliano Alfieri con un certo Antonio Adriano che lo ripropose con successo, a Prunetto il Langa con il gruppo dei Brav’om. Nei primi anni Ottanta, a Bra, dove Carlin Petrini l’ha ripreso in grande stile, invitando in Langa gruppi musicali anche famosi, in una sorta di festival folk internazionale, una Woodstock nostrana delle uova. L’esperimento durò poco, ma la tradizione si era risvegliata. E ora, tra le colline Unesco, si torna a cantar le uova, anche nei piccoli paesi. L’appuntamento top quest’anno è stato la sera del 19 marzo a Monteu Roero, con la partecipazione di vari gruppi spontanei delle province di Cuneo, Asti e Alessandria e concerto finale conviviale e improvvisato (e a scopo benefico, il ricavato va a sostenere la Casa Onlus di Monteu).
La versione urbana da Eataly Lingotto
Per chi si è perso l’appuntamento roerino, Cantè j’euv arriva anche in città. Eataly Lingotto di Torino lo ripropone lunedì 21 marzo in versione urbana, con due storiche cantorie di Langa, Le raviole al vin e il Coro di Maddalene che suoneranno e canteranno le canzoni tipiche delle uova insieme al coro dei ragazzi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo che Carlin Petrini ha guidato alla riscoperta di questo vero Presidio della Memoria.
I piatti
E per riprendere il rito dell’itinerario fra le cascine, la serata da Eataly diventa una sorta di cena itinerante con 12 chef – piemontesi ma non soltanto - che propongono piatti a base di uova in tutti i ristorantini del Lingotto. Si va dall’Uovo Bio cotto a bassa temperatura in crosta di mais pignoletto con erbe primaverili e Castelmagno di Annalisa Brizio della Trattoria Roma di Cuneo, all’Uovo al tegamino di Camillo Romagnolo del ristorante La commedia della pentola di Lu Monferrato, i Tagliolini al tuorlo con carbonara di acciughe e croccante di capperodi Luca Cerruti, dell’Aquila Nera di Genola, l’Uovo in camicia di zafferano, crema di asparagi cialda integrale e prosciutto DOP Cuneo di Davide Testa dei I Baloss di Poggio Radicati a Saluzzo, la Faraona ripiena con uovo di gallina e asparagi di Massimo Storino dell'Agriturismo Brandin a, La Morra, le Tagliatelle con uova di pesce e profumo di limonedi Federico Palestrini de La Caserma Guelfa di San Benedetto del Tronto, il Tuorlo d'uovo in sfoglia di Lapo Querci di Le tavole accademiche dell'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, l'Uovo poché in crosta alle erbe, vellutata di cannellini e pan brioches al bacon di Alessia Asteggiano e Massimo Mollo del Carpe Noctem et Diem sempre a Pollenzo, i Tajarin 36 tuorli con carciofi e baccalà croccantedi Mauro Virdis e Massimiliano Brunetto del Le vitel étonné di Torino al Trancio di baccalà allo speck in croccante di Grana Padano e zucchine di Gabriel Aiello del ristorante Al Castello di Moncalieri e Al Conte Grasso di Vinovo. Piatti anche in mezze porzioni (6/7€) accompagnati da vino sfuso (2e al calice). E sembrerà quasi di essere in cascina, come una volta…
Mangè e cantè j'euv | Eataly Lingotto | Torino | via Nizza, 230/14 | tel. 011 19506801 | www.eataly.net| lunedì 21 marzo dalle ore 18.45 | L'evento è libero e non richiede prenotazione |
a cura di Rosalba Graglia