Nel fermento di aperture capitoline dei mesi passati, una delle più interessanti è stata quella di Stazione di Posta, alla Città dell'Altra Economia di Testaccio.
Aperta da circa un anno e mezzo, Stazione di Posta ha conquistato un suo spazio nel panorama romano, realizzando una sintesi di cui forse mancava la giusta espressione in città: una romanità in abiti gourmet, al tempo stesso contaminata da accenti internazionali. Tutto questo in una location bella, moderna e suggestiva, con uno spazio esterno dal richiamo nordeuropeo, pur rimanendo vicinissima ad alcuni luoghi caratteristici della Roma di ieri e di oggi, quella che si snoda nei pressi del vecchio mattatoio: il nuovo Mercato di Testaccio, il Macro e la struttura del Villaggio Globale.
Un indirizzo che è riuscita a portare in città un aspetto gastronomico che forse mancava. Il merito di questo successo è in gran parte del giovane chef Marco Martini, che in poco più di un anno ha definito una propria identità culinaria, nutrita delle sue esperienze precedenti ma oggi assolutamente personale. Alle spalle di Martini ci sono anni al fianco di Antonello Colonna nelle sue tappe più importanti, poi esperienze all'estero sotto l'amministrazione di Heinz Beck prima (all'Apsleys di Londra) e con lo chef Tom Aikens poi. Lavori che gli hanno permesso di assimilare linee e stili di cucina diversi, fino al ritorno nella sua amata Roma, dove ha anche guadagnato il premio Chef Emergente nella competizione organizzata da Luigi Cremona. Ora, archiviate queste esperienze, per Marco era arrivato il momento di camminare da solo. Concedendosi qualche azzardo, certo, ed esponendosi in prima persona. L'occasione è arrivata con Stazione di Posta dove, con il supporto dei soci, ha messo in piedi una squadra giovane, in cucina e in sala, adattando la sua cucina a una location singolare come quella del Campo Boario: frammentata tra proposte gourmet, pranzi di lavoro low cost e menù domenicali per le famiglie. Un gran lavoro che è andato oltre quello dei fornelli, determinante per dare a questo locale la forma che ha ora.
Dopo un esordio non sempre centrato, ma con piatti interessanti, la cucina ha trovato una sua dimensione: una forte impronta romana, materica e golosa, che non manca di concedersi provocazioni e spunti graffianti; veicolata da una bella tecnica di impostazione old-school (quindi niente bassa temperatura) con richiami evidenti alla Francia in particolare nell'uso dei fondi sulle carni. Una cucina evocativa, anche, con rimandi a sapori familiari e a piatti dell'infanzia ad aggiungere gioia per mente e palato.
Giovane, cortese e non ingessato il servizio in sala: coerente in una location che richiama l'attenzione di una clientela diversificata. Notevole anche il reparto drink e miscelati, che accompagna, per chi lo desidera, il percorso gastronomico con abbinamenti mirati a cura del giovane e bravo Luigi Di Cioccio.
L'esperienza prende il via con una serie di snack gustosi e precisi nella realizzazione: una sintesi di carbonara servita nell'uovo, forse già vista ma qui in una delle sue migliori versioni; poi un'entusiasmante cozza ricostruita a rievocare il souté di cozze (con una vigorosa maionese al limone); il marshmallow di parmigiano avvolto in carpaccio di manzo con balsamico e germogli di rucola (gli straccetti rucola e grana in formato finger food 2014) e ancora un'ottima pelle di baccalà croccante con crema di ceci e una cialda di funghi e parmigiano.
L'ulteriore benvenuto è una sorta di introduzione al pasto vista dallo chef: un corroborante assaggio di Semi, germogli, nocciole, frangelico spray, prosecco e spuma versati direttamente in tavola. Uno start che apre mente e stomaco.
Bella la lunga serie di antipasti, che valorizza una cucina attenta alla forma, ma che ha il gusto come punto focale: le Animelle con carote, nocciole e chinotto sono golose e rassicuranti, rotonde nel gusto, ma ben supportate dalla nota amara e balsamica del chinotto, che si appoggia al crunch centrato della frutta secca; ottima e sullo stesso filo conduttore anche la Seppia spadellata croccante, servita con piselli in varie consistenze e con un'ottima salsa bagna cauda alleggerita.
Il Tonno e pomodoro è un piatto che riporta in tavola abbinamenti familiari: il pan brioche inzuppato nel pomodoro acidulo, la salsa di panzanella, la superba maionese citrina e il tocco finale del tonno crudo che dona freschezza e modernità; bello da vedere e ancor di più da mangiare.
Si chiude il vortice delle entrate con la spuntatura di maiale glassata con salsa Bbq: gola e pancia allo stato puro senza mezzi termini.
Saliamo ancora di livello con gli assaggi dei primi piatti: omaggiano un amarcord culinario i Rigatoni mari e monti, giocati tra la salinità dei frutti di mare, la nota piccante e speziata del salame chorizo e la dolcezza della mozzarella di bufala trasformata in crema, pronta a legare e coccolare gli altri ingredienti con un ottimo risultato.
Piacioni e ben studiati tecnicamente i Ravioli di peperoni con stracciatella, acciughe e salsa al limone: il ricordo al palato questa volta è quello dei peperoni della mamma cotti alla brace, nel ripieno del raviolo, impreziositi e contrastati dalla dolcezza della stracciatella, a sua volta spezzata dal sapido delle acciughe e dall'acidità del limone. Bella prova!
Un altro classico è il Raviolo al vapore di pollo alla cacciatora arricchito da un fenomenale brodo di patate arrosto: un piatto ereditato dalla lunga esperienza presso l'Open Colonna, ma sempre attuale e validissimo.
Terminiamo il tour di primi piatti con un fuori carta molto gradito: L'amatriciana dello chef. In questo turbinio di assaggi creativi con rimandi a memorie di sapori domestici, Marco ci riporta i piedi a terra con una proposta che grida tradizione in veste contemporanea: pasta ben al dente, sugo dalla decisa acidità con una punta dolce di scalogno nel fondo, guanciale saporito in doppia consistenza (cotto in padella con il sugo e tostato croccante a parte); una coltre di pecorino a chiudere e legare tutto.
Si torna ai ricordi con la sfiziosa Trota salmonata, puntarelle e salsa di acciughe: la mente e il palato volano dritte alla trota cotta al forno "al cartoccio", un sapore di casa; qui però c'è tutta l'eleganza di una mano che in cucina sa decisamente il fatto suo, quella di un cuoco vero.
Dal valore evocativo della trota si passa, nel finale, alla solidità tecnica con il Piccione, scorzonera e caffè: il petto, dalla cottura impeccabile, viene servito sia scaloppato tradizionalmente che cotto nella rete di maiale, acquistando sapori e consistenze deliziose. Ad ampliare il gusto di un piatto moderno, ma con un rimando allo stile classico, ci pensa un grandissimo fondo realizzato con le carcasse del piccione e il tocco intrigante e aromatico del caffè: veramente un grande piatto.
Molto ben strutturato anche il reparto dessert con proposte attuali e appaganti al punto giusto. Un classico rivisitato nella forma, ma mantenendo intatti i caratteri casarecci, come la torta di Ricotta, pere e cioccolato, e un ottimo fine pasto giocato su contrasti moderni e golosi: Cioccolato bianco, cachi, cynar e crumble di cioccolato fondente.
Si chiude con l'Alberello degli sfizi dolci di Marco (krumiri, meringhe, ringo, madeleine, gelato di rabarbaro e cioccolato) e l'ennesimo gioco-evocativo: i Mikado di cioccolato con frutta secca e il Fruttolo rivisitato.
Stazione di Posta | Roma | largo Dino Frisullo (Campo Boario – Testaccio) | tel. 06.5743548 | www.stazionediposta.eu
a cura di Lorenzo Sandano