Passato e futuro. La formula Antinori
Si muove su due binari paralleli il futuro di Antinori. Uno è quello che torna a riflettere sul passato, su una storia secolare che fa la grandezza di un brand d’eccellenza del vino toscano (e non solo). Coltivando la propria identità per non perdere una bussola che rischierebbe di disorientare chiunque, alla soglia dei 200 milioni di euro di fatturato ogni anno. A meno che l’altro obiettivo da perseguire non sia quello della modernità, senza paura di osare nel presente per seminare le radici di una crescita ulteriore, verso la definizione di un universo dai connotati ben definiti, che fonda il suo appeal sull’equilibrio rassicurante tra l’anima tradizionale e l’ambizione alla contemporaneità.
Obiettivo ristorazione. Il format Procacci
Se Antinori vuol dire essenzialmente vino, da qualche anno a questa parte il discorso sulla ristorazione si è fatto più interessante e oggi garantisce una voce di bilancio in evoluzione continua. Tanto da richiedere alla famiglia un impegno in prima linea nel settore, come dimostra il recente rinnovamento del format Procacci, da cui partiremo per ricostruire una tela di attività ramificate sul territorio italiano e internazionale (da decenni a questa parte). Il passato importante del marchio Procacci è cosa nota: emblema di quella artigianalità fiorentina da difendere con i denti di fronte all’avanzata di realtà che confondono il folclore con la storia - a discapito dell’autenticità - la piccola gastronomia di via Tornabuoni a Firenze è stata rilevata (e salvata) dai Marchesi Antinori nel 1998.
Così la storica famiglia del vino – 26 generazioni alle spalle e un’attitudine familiare che continua a rappresentare il punto di forza dell’azienda – sceglieva di riportare in auge un brand celebre dal 1885, quando cominciò a sfornare quei panini che nel tempo hanno saputo conquistare persino la Real Casa (di cui nel 1925 Procacci diventa fornitore ufficiale, ottenendo il brevetto da Vittorio Emanuele III). Il segreto? Il tartufo pregiato, che ancora orienta l’intera offerta gastronomica del piccolo corner in centro città, solo sei tavoli e un fatturato da capogiro.
Procacci a Milano. Come cambia la prospettiva
Da qualche mese Procacci è arrivato a Milano, banco di prova per un’espansione programmata – e “mai aggressiva: vogliamo che l’immagine di Procacci nel mondo si costruisca naturalmente. Questa è la filosofia della famiglia Antinori” – che incentiva al cambiamento, come ci racconta Allegra Antinori, responsabile diretta del business della ristorazione: “L’avventura di corso Garibaldi sarà un format pilota, un esperimento in grado di rimodularsi un giorno dopo l’altro, frutto di un lavoro di cesello che privilegia la fiorentinità”. Ciò che è certo è che, pur disponendo di spazi più ambiziosi, nessuno vuole snaturare l’anima originale di Procacci: “Non vogliamo che sia ristorante, ma gastronomia di alto livello, con piccola cucina, 50 coperti interni e un piccolo dehors su strada”. Per farlo Allegra segue personalmente le prime fasi dell’apertura (“Sono spesso a Milano, per monitorare la risposta del pubblico, per il momento molto positiva. La posizione è favorevole, siamo vicino a Brera, la gente è curiosa, entra nel locale, sperimenta e torna a trovarci”); nel rilancio di Procacci, la famiglia ha scelto di giocare senza partner, assumendo personalmente le redini di un progetto che scommetterà presto su una rete di negozi pilota da inaugurare nelle grandi città, a cominciare da Roma e Venezia.
Tra bottega e bistrot. Con piglio contemporaneo
Poi si guarderà al mercato internazionale. Per dir la verità già in passato Antinori aveva esportato il tartufo made in Firenze a Vienna e Singapore, appoggiandosi a importatori locali di vino per diffondere il brand Procacci; ma si trattava di un progetto di ristorazione di impostazione classica, che ora sembra necessario superare. E il locale milanese ci fornisce una perfetta idea del nuovo corso: un bistrot contemporaneo dall'ambiente informale e curato, che comunica coordinate geografiche e temporali certe - la Firenze di Leopoldo Procacci – e valorizza il patrimonio storico, artistico e artigianale di una bottega della grande tradizione dell'ospitalità all'italiana. Quella bottega che oggi si avventura nella metropoli in fermento, tra le gallerie di Brera e lo skyline all'avanguardia della Milano che cambia volto.
Il menu continua a giocare sul tartufo, ma si arricchisce di una proposta calda che va dal risotto ai tagliolini, dal gazpacho alla pappa al pomodoro, alle ricette di famiglia presentate con attitudine moderna, attente a benessere, naturalità, semplicità e gusto genuino. Cantina, neanche a dirlo, pregiata e selezionata, per offrire a tutti il piacere di sorseggiare un calice delle etichette del gruppo Antinori tra quelle provenienti dalle tenute di famiglia in Italia e all'estero, anche alla mescita.
E l'approccio lungimirante di Allegra si misura anche in termini di gestione delle risorse, con la costituzione di un team giovane e spigliato a cui offrire prospettive concrete all'interno di un gruppo solido che vuole, e sa, essere “famiglia” a 360 gradi. Si apre già alle 10 della mattina, quando i primi curiosi si affacciano sull'uscio, invogliati dalla fama dei cosiddetti “panini reali”, ricetta rigorosamente segreta, farciti in vario modo: tartufo e foie gras o burro e acciughe, brie e gelatina o una semplice, irresistibile crema al tartufo.
Rinuccio 1180 e Osteria di Passignano. Tradizione senza manierismi
D'altronde passato, presente e futuro continuano a intrecciarsi nella definizione di una strategia aziendale che non fa mistero di tutta l'acqua passata sotto ai ponti, andando alle origini di una dinastia del vino che ha preservato nei secoli l'allure del casato nobiliare. E così il riferimento a Rinuccio degli Antinori, capostipite di un albero genealogico che ci conduce ai giorni nostri senza accusare i segni del tempo, orienta in modo significativo un altro ristorante del “parco” Antinori: Rinuccio 1180 segna il legame con la tradizione all'interno di uno spazio contemporaneo come la cantina di San Casciano Val di Pesa. Struttura all'avanguardia, spazi futuristici, pareti in vetro affacciate sulla tranquillità della campagna toscana, che da un paio d'anni accoglie l'edificio progettato dallo studio Archea Associati (ci sono voluti sette anni di lavoro). Circondata da vigneti, prevalentemente vitati a Sangiovese, la terrazza della cantina ospita il ristorante della tradizione, “ideato per bilanciare la spinta contemporanea con i piatti rassicuranti della cultura chiantigiana”. Sala luminosa, prevalenza di legno e vetro, tavoli apparecchiati all'americana, anche in questo caso si scommette su uno staff giovane, guidato però dall'esperienza di Matia Barciulli e Marcello Crini, già direttori d'orchestra dell'Osteria di Passignano.
L'insegna, fondata nel 2000 all'interno della Badia di Passignano (fondata sul finire del IV secolo e ancora oggi abitata dai monaci dell'Ordine Vallombrosiano), è la più celebre e rinomata tra le realtà ristorative a firma Antinori, e spinge a riflettere sulla capacità di fare business dei Marchesi, attratti dal fascino di una ristorazione di cui cercano di esplorare formule diverse per promuovere il made in Italy nel mondo. Nel caso specifico, l'Osteria circondata dai vigneti (è qui che si produce il Chianti Classico Riserva Badia di Passignano) ha saputo conquistare una Forchetta sulla guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso e una stella Michelin, offrendo agli amanti della tradizione regionale una tavola solida, rassicurante e imbandita di prodotti di qualità offerti dal territorio circostante.
Anche in questo caso un'eleganza che non spaventa e una storia importante (a cominciare dal luogo) che non pesa sulle spalle dell'ospite, ma anzi lo invita a interagire. E professionalità non gravata dai manierismi di un passato ingombrante che si trasforma in chiave di volta per spingersi oltre i confini nazionali.
I primi passi. Cantinetta Antinori nel mondo
Ne sono ennesima dimostrazione i quattro store di Cantinetta Antinori, testimoni di un amore per la gastronomia che affonda radici in tempi non sospetti, dal Palazzo di famiglia a Firenze (dalla fine degli anni Sessanta: vini maison e ricette stagionali toscane, dalla fettunta al cavolo nero al castagnaccio, passando per il controfiletto di bue toscano) alle aperture di Zurigo (era solo il 1994!), Mosca (dieci anni dopo, in un palazzo storico dell'Ottocento) e Vienna. Sempre con la stessa intenzione: esportare la genuinità toscana nel mondo. Obiettivo presto condiviso dal format Procacci.
Le cifre. 17 milioni di ricavi e promozione alternativa
E allora si può tornare a parlare di numeri: circa 17 milioni di fatturato annuo solo per la ristorazione, su un giro d'affari complessivo imponente, di 170 milioni di euro. Investimenti importanti destinati a fruttare presto il 10% dei ricavi di Marchesi Antinori; e fondamentali per individuare il contesto ideale per vendere vino sul mercato estero, così da rappresentare una decisiva strategia di comunicazione e sviluppo del brand.
a cura di Livia Montagnoli
Procacci Milano | Milano | corso Garibaldi, 79 | tel. 02 65560659
www.antinori.it/it/passione-in-evoluzione/hospitality