Alessandro Sabel Hartery: segnatevi questo nome. È l’autore dei migliori paccheri al pomodoro e mezzi rigatoni alla gricia con carciofi assaggiati negli ultimi tempi. Il nome del cuoco non è certo italianissimo, anzi il nome magari sì, essendo lui di origine italiana come la moglie Lavinia, ma il cognome non proprio. Infatti Alessandro è brasiliano. Di Goiania, cittadina a 350 chilometri da Brasilia, dove sin dall’età di 13 anni (ora ne ha 43) seguiva il padre nel lavoro della churrascaria di famiglia. “La domenica facevamo anche 200 polli” sorride Alessandro “era un lavoro duro e monotono, decisamente molto, molto lontano dalla pratica culinaria e gastronomica che conoscete qui in Italia”. Da quei tempi sono passati diversi anni e parecchi chilometri, e con questi anche molte esperienze che lo hanno portato dove è ora, a Roma, nella cucina della Cantinetta.
L'ARRIVO IN ITALIA
Sono state la curiosità e la voglia di approfondire la conoscenza della cucina che lo hanno portato, una decina di anni fa, a seguire la moglie che era già volata in Italia per ricostruire le sue radici e prendere la cittadinanza italiana. Prima Anzio e Nettuno e i locali sulla costa a sud di Roma. Poi – e l’esperienza si dimostrerà proficua e ricca di suggestioni – la Campania, a Sant’Agata dei Goti. Da lì a Roma il passo non è stato molto lungo, visti i chilometri che aveva già macinato per venire sul Mediterraneo. Ed è nelle cucine di Acquolina dove era al seguito di Giulio Terrinoni e sotto l’ala di Angelo Troiani, che Alessandro incontra Andrea Confalone, enotecario di Ponte Milvio con attività di distribuzione di vini di piccole cantine italiane a Monaco di Baviera.
LA CANTINETTA
Andrea aveva appena aperto un localino vicino alla sua enoteca e cercava una mano leggera e ispirata che desse forma alla sua idea di cucina. L’incontro è stato provvidenziale, per entrambi: Andrea è entusiasta della passione del cuoco, e Alessandro può starsene in cucina a sperimentare e dar corpo e profumi a una carta che – grazie all’attività di Andrea che si occupa non solo di vino ma anche di cibi super selezionati, dai pomodori ai formaggi, dagli oli ai salumi – può contare su eccellenze vere, senza mediazioni. In questi anni il rapporto si è consolidato: da una parte il vino e la materia prima, dall'altra la cucina, solida e centrata.
LAVORO IN SORDINA
Arriviamo a oggi, quando, dopo qualche anno di lavoro di fino ma in sordina, incontriamo Alessandro e i suoi piatti, a partire da due che ci hanno colpito per leggerezza e intensità davvero notevoli: la tartare di palamita affumicata al legno di faggio con erba cipollinae il polpo (che in vita pesava oltre 8 chili)con purè al limone. Due portate che si fanno ricordare, per consistenze e golosità. Poi, dicevamo, le due paste: cotture perfette, pomodoro assoluto (la passata è firmata dalla Motticella) in cui il filo di basilico e la leggera nota di aglio riescono a dare nerbo a un piatto così semplice da essere perfetto in sé. Idem per i mezzi rigatoni alla gricia, arricchiti dai carciofi in due cotture, fritti e spadellati: pasta (Gerardo di Nola) perfetta e una cremosità che accompagna e gioca con le due consistenze dei carciofi cotti alla perfezione. Dimenticavamo: il pecorino della gricia è di Ecofattorie Sabine ed è stagionato 14 mesi… non a caso parlavamo di cremosità. Meno riuscita, paradossalmente, la portata più semplice e scontata: la pancia di maialino croccante cotta a bassa temperatura. Qui il gioco di consistenze è sembrato non molto riuscito. Ma un piatto non centrato può anche starci, specie se seguito da un piattino di churros con salsa di leche e ganache di cioccolato al caffèche ha contribuito a chiudere con soddisfazione.
IL VINO
Non abbiamo parlato dei vini, banco di lavoro quotidiano per Andrea Confalone. Ma c’è da dire che il Pecorino marchigiano Donna Orgilla di Fiorano (Due Bicchieri rossi per Vini d’Italia 2015 del Gambero Rosso e grande rapporto qualità-prezzo per 12 euro sullo scaffale) ha giocato alla perfezione con la tartare di palamita. Mentre il polpo ha trovato la sua dimensione naturale con il Burja Noir, un Pinot Nero sloveno della Vipavska dolina firmato da Primož Lavrenčič: di grande levatura e dal prezzo assai ragionevole (24 euro in enoteca, 30 al tavolo) per una qualità davvero notevole.
Resta ancora un piatto e un vino da raccontare: il millefoglie di patate con bianchetto di Acqualagna e salsa di acciughe. Una bella prova di appetizer, molto ben accompagnata dal Petit Arvine valdostano di Grosjean.
Conlusioni? Un buon localino di quartiere, a duecento metri da ponte Milvio e dalla sua movida targata Roma nord. Ad accogliervi c’è Lavinia che finalmente lavora insieme al marito, e che con la sua gentilezza, simpatia e freschezza è una perfetta padrona di casa e interpreta alla perfezione il concetto di ospitalità. Ad averne, di localini di quartiere così!
La Cantinetta | Roma | via della Farnesina, 91 | tel. 06.89021785 | http://lacantinetta.eu/
a cura di Stefano Polacchi